–di Adriana Balzarini–
I Giochi sono stati rinviati al prossimo anno: la decisione non è stata semplice ma la salute degli atleti, degli organizzatori, dei giudici, dei volontari e del pubblico credo venga prima di ogni cosa. Noi non possiamo che essere felici per questa soluzione di buon senso trovata e teniamo accesa, insieme ai giapponesi, la fiaccola portatrice di valori olimpici e panathletici continuando a raccontare i Giochi estivi passati.
Chiusi i Giochi londinesi del 1908 che avevano segnato una rinascita olimpica , dopo i fallimenti di Parigi e di St. Louise, finalmente vengono affermati i valori globali del mondo sportivo dei cinque cerchi. I Giochi furono assegnati a Stoccolma grazie alla disponibilità di lavorare per la loro realizzazione da parte di uno dei fondatori del CIO , Viktor Gustaf Balck. Proprio quest’ultimo diede inizio ad una Federazione che raggruppasse altre federazioni sportive svedesi al punto di farle diventare una grande “Associazione svedese degli sport pubblici”, che in seguito divenne l’ente centrale per la promozione dello sport nel paese e nello stesso tempo tutti lavorarono per la buona riuscita dell’organizzazione olimpica.
Per la prima volta venne utilizzata la bandiera olimpica. La cerimonia d’apertura si tenne alle ore 11 del mattino del 6 luglio e il nostro portabandiera fu Alberto Braglia, ginnasta, (già vincitore du ina medaglia d’oro nei Giochi precedenti) anche se già il 5 maggio iniziò il torneo di tennis al coperto per poi proseguire in luglio all’aperto. In gara furono presenti 27 paesi anche se alla sfilata furono 28 le bandiere che sfilarono. L’Egitto sfilò con un atleta schermitore ma poi nel giorno della competizione non si presentò in pedana. Furono anche i Giochi dei Concorsi d’arte olimpica, concorsi sempre sostenuti da De Coubertin e finalmente presi in considerazione.
2380 furono gli atleti atleti, di cui 53 donne; 16 sport per un totale di 102 gare. L’Italia non ebbe nessuna presenza femminile. Fecero la loro apparizione le gare di decathlon e pentathlon e furono introdotte due innovazioni avveniristiche: fotofinish e cronometraggio elettronico, inoltre furono per la prima volta tracciate le corsie per le gare di atletica.
Il personaggio di questa edizione fu Jim Thorpe, figlio di padre irlandese e madre indiana pellirossa nordamericana. L’atleta nato e vissuto nella povertà, visse in una capanna fino all’ età di otto anni dove subì dei lutti pesanti: la morte della mamma e del fratello gemello . Fu la scuola che lo salvò da una vita difficile da affrontare e proprio la scuola scoprì le sue grandi capacità atletiche. Vinse ai Giochi due medaglie d’oro sia nella prova del pentathlon sia nel decathlon al punto addirittura di essere ricevuto da Re Gustavo V di Svezia che gli fece personalmente i complimenti per essere il miglior atleta del mondo. Ma pochi mesi dopo la vittoria dovette riconsegnare le medaglie al Comitato olimpico internazionale perchè ritenuto un “atleta professionista” visto l’uscita di un articolo del “Worcester Telegram” che raccontava che aveva giocato in una squadra di baseball e che aveva ricevuto un misero compenso, soldi che gli permisero di mantenersi agli studi del college. Venne chiamato “ Sentiero lucente” perché nato alla sola luce della luna e dopo ricorsi su ricorsi sempre persi si diede davvero al professionismo diventando un fuoriclasse del football ma la delusione accumulata lo portò a far uso di alcol e visse periodicamente con periodi di pesante depressione che lo accompagnò costantemente. Perse non solo la carriera nel football ma non riuscì nemmeno a tenere un lavoro fisso fino ad essere ricoverato per un tumore associato ad un cuore ormai minato dalla vita faticosa. Visse i suoi ultimi anni in una roulotte alla periferia dei Los Angeles con il peso costante dell’ingiustizia olimpica. La battaglia continuò anche dopo la sua morte e solo nel 1983 dopo 33 anni dalla sua morte e 77 da quelle “Olimpiadi dannate“ vennero riconsegnate ai figli quelle medaglie da Juan Antonio Samarach riportando il nome di Jim Thorpe nell’elenco dei vincitori olimpici.
I Giochi di Stoccolma saranno ricordati anche per le prime partecipazioni delle donne nelle gare di nuoto, nonostante il parere contrario di De Coubertin. Fanny Durak partì, sfidando tutti a sue spese, e con l’aiuto di una amica che la accompagnò, partendo dall’Australia. Era difficile essere presa in considerazione per la sua passione ma non si arrese e nella gara olimpica stabilì il record mondiale vestendo un costume di lana “scandalosamente succinto”: pantaloni lunghi fino al ginocchio uniti alla casacca con le spalle scoperte. Un vero scandalo! Ma dimostrò di essere tenace e coraggiosa, capace di sfidare le regole dettate non solo dai maschi ma anche dalle donne del tempo poco aperte a nuove esperienze. Il ritorno a casa fu trionfale, a differenza della partenza effettuata quasi di nascosto. Le riservarono giorni di festa ma il suo cammino olimpico venne sospeso in seguito per lo scoppio della Prima guerra Mondiale e quelle successive, otto anni dopo, per una violenta polmonite. Durak resta nella storia comunque per essere l’atleta che ha aperto la strada alle nuotatrici e alla possibilità per loro di poter accedere alle piscine senza doverle frequentare di nascosto. Nel 2000 ai Giochi di Sidney per ricordare la sua grandezza le è stata dedicata una via del villaggio olimpico degli atleti.
Per l’Italia Alberto Braglia vinse due medaglie d’oro sia nel concorso individuale sia in quello a squadre ma di lui e degli altri atleti italiani ne parleremo nella prossima puntata.
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