Di Claudio Beccalossi – Redazione Panathlon Verona 1954
Milano – Visitate con deferente memoria. Le estreme dimore di personaggi insigni nel Cimitero monumentale della città meneghina. Anzi, per la precisione, nel Famedio (dal latino famae aedes, cioè “tempio della fama”), ampia struttura in marmo e mattoni di stampo neogotico (pensata inizialmente per una chiesa) situata all’entrata principale del camposanto, in un ambito innalzato e dal grande scalone.
Edificato tra il 1864 ed il 1866 in stile eclettico con richiami bizantini, gotici e romanici, su progetto dell’architetto Carlo Francesco Maciachini (citato anche col cognome Maciacchini o Macciacchini, Induno Olona, Varese, 2 aprile 1818 – Varese, 10 giugno 1899), il Monumentale è stato inaugurato il 2 novembre 1866.
Nel Famedio riposano, in settori con loculi a cantera (cioè con apertura sul lato lungo) sovrapposti, anche giganti dello sport nazionale e dintorni.
Giovanni Pettenella, ciclista
In alto, lo scaligero Giovanni Pettenella detto Vanni (Caprino Veronese, 28 marzo 1943 – Milano, 20 febbraio 2010), ciclista su strada, pistard, tecnico-allenatore e dirigente sportivo.
Spronato dal padre, ex ciclista dilettante, fu, tra l’altro, campione italiano nella velocità a Milano nel 1962, medaglia d’oro nel tandem con Sergio Bianchetto nei Giochi del Mediterraneo a Napoli nel 1963, vincitore nella velocità individuale e medaglia d’argento nel chilometro da fermo ai Giochi olimpici di Tokio del 1964, bronzo nella velocità ai Campionati del mondo di ciclismo su pista a Roma nel 1968.
Pettenella ebbe il nomignolo di pollivendolo volante in riferimento all’attività di famiglia. Chiuse con l’agonismo accumulando 80 vittorie su pista e 6 su strada. Nel 1976 assunse l’incarico di commissario tecnico dei professionisti su pista e, al Campionato mondiale di ciclismo su pista di quell’anno svoltosi a Monterone di Lecce, raggiunse risultati egregi con l’oro di Francesco Moser nell’inseguimento individuale, l’argento di Giordano Turrini nella velocità ed il bronzo di Walter Avogadri nella specialità mezzofondo.
Candidò Cannavò, direttore de “La Gazzetta dello Sport”
Sotto Pettenalla giace Candido Cannavò (Catania, 29 novembre 1930 – Milano, 22 febbraio 2009), giornalista, direttore responsabile dal 1983 e per 19 anni de “La Gazzetta dello Sport”, dopo di Gino Palumbo (all’anagrafe Luigi, Cava de’ Tirreni, Salerno, 10 gennaio 1921 – Milano, 29 settembre 1987, alla guida del quotidiano sportivo dal 1976) e prima di Pietro Calabrese (Roma, 8 maggio 1944 – Roma, 12 settembre 2010).
In gioventù fu un atleta di fondo e mezzofondo a livello nazionale prima di darsi alla carriera giornalistica sportiva, a 19 anni, per il quotidiano “La Sicilia”. Nel 1955 lavorò quale corrispondente della Gazzetta rosa (dal colore della carta adottato dal 2 gennaio 1899) assumendo poi incarichi d’inviato speciale in mondiali di calcio, olimpiadi e giri d’Italia. Con lui direttore, il giornale assunse connotati di quotidiano sportivo leader anche in ambito europeo.
Lasciate le leve del comando cartaceo e mediatico, Cannavò scrisse la propria autobiografia e saggi su tematiche sociali.
Giuseppe Meazza, calciatore
A sua volta in basso a Cannavò sono inumate le spoglie del grande calciatore Giuseppe Peppin Meazza (calciatore, allenatore e dirigente sportivo, Milano, 23 agosto 1910 – Lissone, Monza e Brianza – od ospedale di Monza – , 21 agosto 1979), nei tempi d’oro centrocampista od attaccante.
Il suo nome ed il suo agonismo furono tutt’uno con l’Ambrosiana-Inter/Inter nella quale giocò per 14 stagioni, ne fu il miglior marcatore d’ogni tempo, 3 volte capocannoniere e contribuì a 3 titoli di Campione d’Italia e ad uno di Coppa Italia.
Con la Nazionale, vinse i Mondiali di calcio Italia 1934 e Francia 1938 (ambedue con Vittorio Giuseppe Luigi Enrico Pozzo, Torino, 2 marzo 1886 – Torino, 21 dicembre 1968, mitico commissario tecnico) e 2 Coppe internazionali (1927-1930 e 1933-1935), con un secondo posto nella Coppa 1931-1932.
In totale, nella sua carriera tra squadre e Nazionale, Meazza ha giocato 563 partite e segnato 346 reti (33 in Nazionale).
Ritenuto da esperti il miglior calciatore italiano di sempre e, comunque, tra gli eccellenti in assoluto, il 2 marzo 1980, dopo la sua scomparsa, gli venne dedicato lo stadio milanese di San Siro.
Duilio Loi, pugile
In altra parete del cimitero con tombe illustri una lapide custodisce e ricorda il pugile Duilio Loi (Trieste, 19 aprile 1929 – Tarzo, Treviso, 20 gennaio 2008),
Dopo gli inizi da dilettante nei pesi piuma, passato al professionismo e dopo 32 incontri (30 vinti e 2 pareggiati) agguantò a Milano, il 18 luglio 1951, il titolo di campione d’Italia dei pesi leggeri. Il 17 agosto 1952, a Copenaghen, si batté contro il danese Jørgen Johanssen per il vertice europeo nella stessa categoria venendo vinto ai punti in primo combattimento. Però, il 6 febbraio 1954, a Milano, si rifece e sconfisse il contendente, ottenendo la supremazia europea nei pesi leggeri.
Passato alla categoria pesi welter, il 19 aprile 1959, a Milano, s’impossessò ai punti del suo secondo titolo europeo contro Emilio Marconi.
Dopo aver rinunciato al titolo dei pesi leggeri, Loi mirò ad un risultato mondiale che mancava al suo palmarès. Nella categoria dei pesi welter juniors, il 15 giugno 1960, ebbe di fronte il portoricano Carlos Ortiz, sul ring di Daly City (presso San Francisco), negli Stati Uniti. L’italiano dovette cedere ma, di nuovo, nella rivincita del 1° settembre 1960 a Milano, riuscì a sconfiggere l’avversario alzando in alto il titolo mondiale. Incontrò in combattimento di nuovo Ortiz, il 10 maggio 1961, sempre a Milano, vincendo più nettamente che in precedenza.
Dopo 126 incontri disputati, 115 vinti, 8 pareggiati e 3 persi, il 4 gennaio 1963 rese pubblico il suo ritiro, nonostante fosse ancora detentore di titoli mondiale ed europeo.
L’epigrafe sul suo marmo nel Famedio riporta: “Il ring fu la vita, la vita fu il ring sempre da campione”.
Renato Cepparo, “padre” della Stramilano
Sottostante Duilio Loi è tumulato Renato Cepparo (Milano, 2 maggio 1916 – Milano, 7 ottobre 2007) imprenditore, scrittore ed esploratore, nonché ideatore ed impulso di varie iniziative culturali e sportive, tra cui corse non competitive come la Stramilano.
Industrioso ed innovatore, realizzò documentari già dagli Anni Quaranta del secolo scorso e nel 1950 fondò la società cinematografica Record Film, in seguito New Record Film, Istituto Europa e, dal 1985, Cineholliwood che s’inserì subito nel mercato agli esordi degli homevideo.
Quindi, negli Anni Settanta, Cepparo si dedicò alla promozione ed all’organizzazione di eventi sportivi non competitivi. Il 18 settembre 1971 tenne a battesimo la prima d’una lunga serie di sue “creature”, la corsa notturna Milano-Proserpio (Como) di 42,195 chilometri al pari della maratona olimpica classica.
Fondò e diresse la rivista “Vai”, pioniera delle pubblicazioni specializzate in marce non competitive. Creò la FIASP (Federazione Italiana Amatori Sport Popolari) e, sull’onda della Milano-Proserpio, nel 1972 s’inventò una corsa, sempre senza obblighi di gara ed a proprie spese, attraverso le vie di Milano, appunto la Stramilano, gestita in seguito da terzi.
Inquieto, finanziò e mise a punto la prima spedizione italiana in Antartide, nell’estate antartica 1975-1976, intenzionato all’inclusione dell’Italia tra gli Stati aderenti al Trattato Antartico (o Trattato di Washington). Adesione avvenuta con ratifica/accesso del 18 marzo 1981.
Sandro Lopopolo, pugile
Negli spazi del Famedio che conservano le ceneri di tante celebrità (edicola F superiore di levante) una nicchia con la scritta “I campioni non muoiono mai” ricorda il pugile Sandro Lopopolo (nome completo Alessandro, Milano, 18 dicembre 1939 – Milano, 26 aprile 2014).
Campione italiano dilettanti nei pesi piuma nel 1959 a Milano, vinse la medaglia d’argento nei leggeri ai Giochi olimpici di Roma del 1960, venendo battuto in finale dal polacco Kazimierz Paździor.
Nella categoria dilettanti vinse 50 incontri, ne pareggiò 2 e ne perse 6 mentre, tra i professionisti, accumulò 59 vittorie (21 prima del limite), 7 pareggi e 10 sconfitte (2 prima del limite).
Tra i titoli nazionali conquistati, Lopopolo annoverò quelli nella categoria dei superleggeri negli anni 1963, 1964, 1965.
Il top lo raggiunse il 29 aprile 1966 a Roma, meritandosi il titolo di campione mondiale dei superleggeri dopo aver battuto ai punti il detentore venezuelano Carlo Hernández.
(foto dell’autore)