di Mirko Rimessi – Redazione Ferrara Area5 Emilia Romagna Marche
Perché in fondo una salita è una cosa anche normale
Assomiglia un po’ alla vita, devi sempre un po’ lottare
Ci sarà un motivo per il quale alcuni sportivi vengono ricordati dopo la fine della loro carriera e anche ben oltre la loro scomparsa, forti nel ricordo anche a vent’anni di distanza, molto più solidi di quella fragilità mostrata in vita.
Duello duro col tempo con il passato e il presente
E pure oggi mi dovrò affilare le unghie
Marco Pantani è morto due volte. È morto a Madonna di Campiglio, tanto che già allora i Litfiba decisero di raccontarlo, per spronarlo a rinascere. Rinascita sportiva che, in parte, ci fu pure, come aveva già dimostrato di saper fare quando era tornato in sella dopo incidenti gravissimi. Ma mai completa, perché propria del fisico ma non dell’anima.
Sa liberarmi l’anima
Il sole in faccia sai
Perché è di questa favola
Che son pirata ormai
Quell’anima della quale, per prima, parlo Alexa, già migrandola nella favola che era diventata il racconto della vita del Campione, favole che lui aveva raccontato sulla sella, come quando incantò il Mondo umiliando la sfortuna e rendendo leggendaria la salita di Oropa.
E la vita va in fuga
Quando scappa di mano
Quando il gruppo è lontano
Sei solo
Ma l’Olimpo dello Sport non è fatto di Dei, ma di semplici umani, come decise di ricordare Baccini. Perché, quando sei solo, lasciato così da chi prima ti aveva idolatrato, gli incubi ti riempiono non solo la notte ma anche il giorno, che tenti di riempire con altro.
Dimmi cos’è che fa sentire
il vuoto che ti toglie tutto
e fa finire il gioco
dimmi cos’è dentro di te
dimmi perché
Sono i Nomadi a mettere in ordine le due dimensioni, chiedendosi perché non ha chiesto aiuto domandandosi perché non lo abbiano aiutato. Domande tardive sul vuoto che nella notte lo ha fatto involare verso la sua ultima salita, non sapendo se qualcuno lo avrebbe accolto.
L’ultima tappa è quella anche più vera
Tu te ne vai dal falso di quest’era
Marco vola sulla bici leggera
Parliamo di un’epoca quantomeno buia per tutto il “sistema ciclismo” e nella narrazione di chi lo condanna spesso viene estruso il contesto: un’era “falsa” come la definiscono Gianni D’Elia e Claudio Lolli, dove quello che certamente non mancava erano fatica e sudore., dove quello che certamente non mancava erano fatica e sudore.
La sintesi del tutto si riesce a fare solo lasciando passare un po’ di tempo. Un’impresa che al meglio, secondo me, riesce a Curreri con gli Stadio, decisi a pennellarlo sull’ultima salita che Marco, oggi vent’anni fa, aveva deciso di affrontare:
Mi rialzo sui pedali, ricomincio la fatica
Poi abbraccio i miei gregari, passo in cima alla salita
Perché quelli come noi hanno voglia di sognare
E io dal passo del Pordoi chiudo gli occhi e vedo il mare
E vedo te, e aspetto te.