di Tonino Raffa – Redazione Panathlon Reggio Calabria
Ci siamo appena lasciati alle spalle il ciclo di iniziative legate al giorno della memoria, con il quale il mondo ha ricordato l’orrore della Shoah mentre a Gaza è in corso una guerra tra Israele ed Hamas e l’intero medio Oriente è attraversato da forti tensioni, accompagnate dal riemergere di rigurgiti antisemiti. Con un tempismo degno del miglior fiuto imprenditoriale, è uscita nelle scorse settimane una “Grafich Novel” dello scrittore e illustratore Matteo Matteucci, edita dalla Minerva di Bologna, dal titolo “Bartali dalla parte giusta”. L’opera, con testi introduttivi della nipote del campione, Gioia Bartali, di Adam Asmulevic e Vincenza Maugeri, ci restituisce tutto il valore dell’attività di Bartali non solo come straordinario asso del pedale, ma anche come uomo, come testimone di fede religiosa e come “postino della libertà”. Succede quasi sempre : quando le sfide dello sport e le imprese dei suoi eroi intersecano il sentiero della storia, l’incrocio ha un effetto rivelatore. L’autore ammette di non essere un esperto di ciclismo, ma di avere scoperto, attraverso un lungo lavoro di ricerca, non solo la vita agonisticamente intensa del grande Gino sul palcoscenico europeo a cavallo tra le due guerre (insieme con Fausto Coppi, al quale sarà sempre associato nel bene e nel male), ma soprattutto lo splendore umano del suo vissuto : la giovinezza all’interno di una famiglia umile, la passione per la bicicletta, la prima maglia rosa e la prima gialla, il suo amore per la libertà, il dolore per la morte del fratello Giulio (avvenuta dopo una caduta in una gara ciclistica), la conoscenza di Adriana che poi diventerà sua moglie e la madre dei suoi figli.
E poi la pagina più significativa, più rischiosa e più attuale : il contributo offerto alla rete clandestina, creata nei primi anni quaranta, su input di Papa Pio XII, per aiutare i tanti ebrei che, incalzati dalle leggi razziali. braccati dai nazisti e dai fascisti della neonata repubblica di Salò, cercavano di sfuggire alla deportazione e alla morte. Bartali viene invitato a presentarsi alla sede arcivescovile di Firenze dal Cardinale Dalla Costa che, nel 1940, aveva celebrato le sue nozze. Gli viene proposto il trasporto in incognito di documenti falsi da smistare ai vari centri di riferimento della rete (conventi, Diocesi, strutture cattoliche dell’Umbria, della Toscana e della Liguria) indispensabili per fare espatriare centinaia di ebrei, che altrimenti finirebbero nei campi di concentramento. Bartali è perfettamente consapevole di rischiare la fucilazione, se scoperto dai tedeschi. Coraggiosamente accetta. E’ un campione conosciuto, può muoversi per motivi di allenamento, la sua notorietà gli consente di superare senza destare sospetti i posti di blocco delle SS, e, attraverso le sue battute, può anche alleggerire i momenti di tensione. Da quell’autunno del 1943 in poi, facendo la spola tra Firenze ed Assisi (dove c’era una stamperia clandestina per la falsificazione delle carte d’identità) con i preziosi documenti nascosti dentro il tubolare della bici, “Ginettaccio” salvò la vita ad almeno settecento cittadini di origine ebraica, diventò un campione del bene, un eroe silenzioso in un periodo coinciso con la notte più buia dell’umanità. Al punto da meritare, come riconoscimenti postumi, la nomina di “Giusto tra le Nazioni”da parte dello Stato di Israele e la medaglia d’oro al merito civile consegnata alla moglie Adriana nel 2006 dal presidente della Repubblica Ciampi. Quanto basta per ricordare che Bartali pedala ancora nella storia. Ma c’è un altro aspetto che rende attualissimo il libro di Matteucci : in questo 2024, per la prima volta dopo 121 anni, il Tour de France partirà dall’Italia. Il via da Firenze, proprio in omaggio a lui, Bartali, protagonista in tante edizioni della “Gran Boucle” dal 1938 in poi. Quanti hanno i capelli bianchi, ricorderanno la sua vittoria del 1948, che contribuì a scongiurare una guerra civile, in seguito all’attentato contro l’allora leader del PCI Palmiro Togliatti, in piazza Montecitorio.
Era il 14 luglio e le conseguenze politiche e sociali di quel gesto furono immediate e violente : sciopero generale, blocco della circolazione ferroviaria, disordini, morti e feriti in diverse città. Sta per partire la tappa da Cannes e il presidente del Consiglio De Gasperi chiama Bartali per chiedergli di lottare per la vittoria al Tour, evento che potrebbe allentare la tensione : “Gino, devi compiere una grande impresa: Se vinci l’Italia intera esploderà di gioia, gli animi si calmeranno e tutti si sentiranno italiani, al di sopra di ogni appartenenza politica”. E così fu. Vinse prodigiosamente le ultime due tappe annullando uno svantaggio di ben ventuno minuti da Luson Bobet. Ho avuto occasione di scambiare qualche opinione con Bartali negli anni ottanta, quando scendeva in Calabria per fare il testimonial alla Corsa del Sole, organizzata dallo sporting Club Mileto di Mimmo Bulzomì. In una circostanza mi ha anche omaggiato di una bici griffata dalla casa di produzione che portava il suo nome. Anche nella terza età, a pranzo a cena e nelle interviste, è stato un campione di schiettezza con la battuta arguta sempre pronta. Se per un dono divino potesse tornare in vita per qualche istante, urlerebbe il suo no alle guerre, condannerebbe l’eccidio compiuto dai terroristi di Hamas il 7 ottobre, direbbe no ai massacri dei civili palestinesi nella striscia di Gaza, sì alla soluzione dei due Stati per i due Paesi e alla liberazione degli ostaggi. Obiettivi sui quali l’ONU e la comunità internazionale continuano a dividersi. Lui, ne siamo certi, sarebbe ancora dalla … parte giusta.