di Raimondo Meledina – Redazione Panathlon Ozieri
Se non fosse stato per i capelli biondi, quel viso squadrato ed arcigno e la fierezza del suo carattere lo avrebbero fatto somigliare a molti abitanti della Sardegna, ed è forse per questo che Giggirriva, così lo chiamavano i suoi tifosi-conterranei, si è saputo adeguare presto a Cagliari e più in generale alla Regione che lo aveva saputo accogliere con tanto calore umano, sino a diventare sardo tra i sardi e terminare del tutto inaspettatamente i suoi giorni nell’ isola, che dal 1963 a qualche giorno fa è stata, fortemente, la “sua” Isola.
Dopo gli inizi con il Laveno Mombello e Legnano, era stato un pò riluttante a trasferirsi al Cagliari, che lo aveva acquistato per “ben” 37 milioni, una cifra considerata piuttosto consistente per i tempi, grazie all’intuito sopraffino di Andrea Arrica, uno che di calcio ne masticava davvero e che può essere considerato uno dei padri dello storico scudetto del ’69/70. L’idea di sbarcare in una “terra vicina all’Africa”, sono sue parole, lo terrorizzava ma, anche grazie ai servigi della sorella Fausta, arrivò e…. non tardò ad essere amore! Amore forte e reciproco, tant’è che ad un certo punto, quello che ormai era diventato il grande Riva, rifiutò di giocare per le grandi squadre del nord, cosa che gli avrebbe garantito guadagni ben diversi da quelli che il Cagliari gli poteva offrire, solo perché “andare via sarebbe una vigliaccata”. “Quando sono arrivato qua- soleva ricordare- ho ricevuto tutto l’amore di cui avevo necessità, e questo non l’ho mai dimenticato”. In effetti lo smilzo e nodoso calciatore proveniente dalla Lombardia arrivava in terra sarda portandosi dietro il dolore per le premature scomparse del padre prima e della madre poi, che l’affetto non solo della Società, dei suoi compagni di squadra e dei tifosi, ma di tutta una Regione, ha saputo lenire tanto bene da far sorgere in lui dei sentimenti di riconoscenza verso la Sardegna, che lo hanno portato a non abbandonare più la “sua” Isola, nella quale aveva anche trovato affetti messo su famiglia.
Uomo-simbolo della squadra dello scudetto nella stagione 69/70 e con 35 reti ancora bomber principe della Nazionale Italiana, smise di giocare nel 1976 dopo due brutti infortuni, ed è stato di sicuro uno dei più grandi calciatori di sempre, ma, come è stato sottolineato da molti, Gigi Riva è stato grande come giocatore ed immenso come uomo, e la presenza delle Istituzioni al massimo livello e l’ordinata ma lunghissima e partecipe fila di persone, tra cui anche i bambini della Scuola Calcio “Gigi Riva” da lui fondata alla fine degli anni Settanta, che gli hanno voluto tributare l’ultimo saluto è stata la prova lampante del tipo di rapporto che si era instaurato fra Gigi Riva, la Sardegna e i sardi. Un rapporto sempre improntato alla riservatezza a lui cara, al reciproco rispetto ed alla grande riconoscenza che il bomber lombardo diventato isolano aveva nei loro confronti, sia che si trattasse di persone “importanti” dello sport e del mondo civile, che di persone umili, con le quali lui si identificava in maniera molto forte. Certamente un esempio di serietà, coerenza, ed un uomo-atleta assolutamente da imitare dalle generazioni a venire. Grazie Gigi!!