L’Editoriale de Il Caffè 2013 17.02.2013)
di Massimo Rosa Direttore Panathlon Planet
Ho incontrato due volte Oscar Pistorius a Venezia, ed in una delle quali lo avevo anche intervistato: un ragazzo molto affabile dall’aria dolce, quasi timido. Un ragazzo come ce ne sono a milioni nel mondo e che in quelle due occasioni raccontava della sua fanciullezza spericolata, come tante altre dei suoi coetanei.
La sua menomazione non gli costituiva un handicap perché, seppur menomato nelle gambe, ciò non gli impediva di utilizzare i suoi arti artificiali come se fossero gambe normali. Raccontava delle sue arrampicate sugli alberi, dei suoi diversi approcci allo sport, e fin’anche il rugby aveva provato a praticare, tanta era la sua vitalità.
Una diversità, la sua, quasi normalità, anzi normalità. Un ragazzo entusiasta della vita tanto da portarlo sulle rosse piste dell’atletica leggera prima a gareggiare tra i disabili e quindi tra i “normodotati” (che brutto termine).
Ma il suo essere come tutti e la sua forte determinazione lo avevano portato a combattere un’aspra battaglia contro i vertici della IAAF che non gli permettevano di gareggiare in corse “normali” a causa delle sue protesi in carbonio. Allora Oscar, da tenace sudafricano qual è, era ricorso al Tas, cioè al Tribunale Arbitrale dello sport (documento riprodotto più sotto), ottenendone ragione. Così la IAAF aveva dovuto farlo gareggiare, tanto che lo scorso anno aveva esordito alle Olimpiadi di Londra, primo atleta della storia a correre con gli arti artificiali, giungendo addirittura alle semifinali dei 400 metri.
Un “Ragazzo d’oro” se si pensa che l’Olimpiade è valsa per lui la cospicua cifra di 2,5 milioni di dollari, che ne faceva così il nono atleta più sponsorizzato e pagato del 2012.
Poi la tragedia di qualche giorno fa. L’uccisione della propria fidanzata ed il conseguente arresto.
Errore o assassino, chissà. Di certo è che Oscar è caduto dall’ altare alla polvere, almeno a dar retta alla stampa del suo Paese per la quale egli non è più quell’icona di cui vantarsi ovunque ma un paranoico definito in maniera spregiativa “ Blade gunner”, amante delle armi e delle belle bionde con le quali, si dice, litigasse spesso. In parole povere un violento, lontano da quel ragazzo dolce conosciuto a Venezia, che della Venice Marathon era il testimonial.
Dunque Angelo o diavolo ? Da parte mia spero sia ancora quel cherubino che ho conosciuto, un ragazzo a modo come molti altri.