Il Tennis di Alberto Capilupi – Redazione Verona G.Brera UniVr – Area1 Veneto Trentino/AA
DAY 12
Per vincere a tennis non c’è un unico modo. Qualunque giocatore si orienta verso una tattica specifica (ricorrendo ad eventuali piani B o C di riserva) , che diventa una sorta di espressione della sua personalità agonistica. Non fanno eccezione i campioni, ognuno dei quali è caratterizzato da una ben precisa modalità preferita, che addirittura lo rende in un certo senso prevedibile. Ma qualsiasi tennista, nell’affrontare un incontro, ha interesse ad informarsi più che può su come gioca l’altro, per modificare eventualmente alcuni aspetti della propria tattica. Ovviamente tutto ciò non basta, perché si deve sempre sperare di non in incappare in una giornata storta, in cui non funzionano certe cose che generalmente si utilizzano in piena sicurezza.
Medvedev, che è uno dei giocatori più intelligenti del circuito (probabilmente il più accorto), sapeva perfettamente che, contro Alcaraz, non sarebbe stato sufficiente starsene a fondo campo lontano dalla rete, pronto a rincorrere qualsiasi palla in tutto il campo per poi attaccare al momento giusto: lo spagnolo l’avrebbe demolito se si fosse limitato a questo.
Invece il russo ha trovato due soluzioni vincenti: in primo luogo ha programmato di “rubare” sistematicamente del tempo ad Alcaraz con accelerazioni incredibili, costringendolo ad eseguire in modo non ottimale le fasi di preparazione dei colpi, cioè i contro-movimenti. La seconda soluzione è consistita nel martellare lo spagnolo nella situazione in cui ha constatato, nella partita di ieri, che stava commettendo il maggior numero di errori: nel diritto in corsa.
Alcaraz, in realtà ha fatto registrare numerosi errori. Non sappiamo se fosse in giornata no o se si sia stato sempre Medvedev a costringerlo a commetterli. Probabilmente si sommano entrambe le cause.
Medvedev sapeva bene che, su un’ipotetica scala prestativa da 1 a 10, per sperare di vincere contro Alcaraz avrebbe dovuto giocare da 11. “Invece – ha poi dichiarato – credo di aver meritato addirittura 12”.
Il russo infatti ha giocato quasi sempre benissimo, tranne che nel terzo set, da lui concesso all’avversario dopo aver vinto i primi due.
Nel quarto ed ultimo parziale Medvedev, portatosi in vantaggio per 5-2 con un break di vantaggio, ha annullato ben 3 contro-break e ha sprecato 3 match point (di cui uno con un doppio fallo), prima di chiudere definitivamente.
In precedenza si era svolta l’altra semifinale, tra il trentaseienne Djokovic e il ventenne Shelton. L’americano, che ha disputato finora solo 44 incontri nel circuito ATP, trovandosi catapultato per la prima volta in semifinale in uno slam, non ha dato l’impressione di avere in testa una tattica specifica, se non quella di affidarsi a scelte del momento, dettate dalla volontà di spingere e forzare, ma anche di cambiare di cambiare imprevedibilmente ritmo; mentre il serbo si è affidato alla sua collaudatissima arma del martellamento in profondità e verso entrambi gli angoli, con la ferma volontà di mantenere un perfetto controllo.
Djokovic ha dominato nei primi due parziali, mentre nel terzo ha dovuto annullare un set point pima di chiudere l’incontro al tie-break.
Per Djokovic sarà la trentaseiesima finale in uno slam, di cui a Flushing Meadows la decima (la terza per il ventisettenne Medvedev).
Nole giocherà per conquistare il ventitreesimo titolo in uno slam.