Carolina Costagrande tra presente, passato e futuro si è raccontata al Panathlon Club Pesaro
di Ufficio Stampa Panathlon Pesaro Area5 Emilia Romagna Marche
Campionessa internazionale, ex giocatrice di pallavolo, protagonista degli anni d’oro del volley femminile pesarese. Carolina Costagrande ha incantato i soci del Panathlon Club Pesaro presieduto da Angelo Spagnuolo ripercorrendo le avventure vissute in maglia biancorossa e svelando aneddoti e retroscena.
«Mentre giochi non ti rendi conto di quello che stai facendo, delle emozioni che trasmetti. Vincere lo sentivo come un dovere, ho sempre preso il gioco molto sul serio, mi divertivo dopo, festeggiando la vittoria. Allo stesso modo le sconfitte mi pesavano tantissimo, mi facevano star male». Ha esordito così Carolina Costagrande ripercorrendo gli anni pesaresi.
«Quella con Pesaro è stata una storia d’amore. – Ha proseguito Carolina – Ho amato da subito come Pesaro vive lo sport. Il nostro è stato un percorso veloce, in 5 anni abbiamo conquistato tantissimo. L’impegno è stato notevole, sono passate tante persone, giocatori, dirigenti, allenatori, e abbiamo coronato un percorso bellissimo. Qui è iniziato a cambiare il mio stile di gioco, a partire dal lavoro fatto con Marcello Abbondanza, e con gli allenatori brasiliani, Zé Roberto e Angelo Vercesi, poi. Ho fatto un percorso fisico molto importante che ha dato la svolta alla mia carriera. Ai risultati ottenuti si affianca un lato emozionale e affettivo che per me Pesaro rappresenta. Qui ho trovato quello di cui avevo bisogno per sbocciare. Nello sport facciamo vedere la “parte bella”, il prodotto finale, ma dietro c’è tantissimo. Adesso, da adulta, dopo 7 anni che ho smesso di giocare, mi rendo conto di quanto sia stato importante tutto questo, lo staff, i tifosi, tutte le persone che gravitano intorno alla squadra».
Immancabile il ricordo del primo scudetto, conquistato nel 2008, e del punto decisivo segnato proprio da Carolina Costagrande. «Sentivo una grande pressione. Pochi mesi prima avevamo perso una Coppa Italia e le nostre avversarie avevano iniziato la rimonta a seguito di un mio errore. Eppure le mie compagne mi hanno di nuovo dato fiducia passandomi quella palla decisiva. Il braccio era il mio ma in quell’ultima schiacciata c’era la forza di tutta la squadra».
Non solo passato, la serata è stata anche l’occasione per raccontare il presente e i progetti futuri. «Ho smesso di giocare a 37 anni, ero stanca, non è stato difficile smettere. Il difficile è arrivato dopo. Quando ti fermi scopri la quotidianità, inizi a vivere diversamente il rapporto con le persone. Uscita dallo sport avevo bisogno di scoprirmi, capire cosa mi piaceva. Io avevo avuto tanto e ora avevo bisogno di dare. La pandemia mi ha bloccato un anno e mezzo in Argentina, e ho sentito il richiamo delle mie radici. Abito in campagna, in un paese molto piccolo. La didattica a distanza era difficile e molti bambini abbandonavano la scuola. Così abbiamo capito che serviva una nuova scuola. La mia zona è rurale quindi abbiamo dato vita ad una scuola agraria, pre-universitaria, per ragazzi dai 13 ai 18 anni, con il sostegno didattico dell’università di Rosario. Proviamo a fare riavvicinare i bambini ai valori della nostra terra, per dargli un futuro. In questo progetto ho ricevuto anche il supporto dell’Istituto Cecchi e spero di poter far nascere un gemellaggio con la nostra “scuola madre”, la più grande scuola agraria dell’Argentina».
Durante la serata alla Costagrande è stata consegnata dal Presidente del CONI Marche Fabio Luna la Medaglia di Bronzo al Valore Atletico del 2015 che non aveva mai avuto occasione di ricevere. Tra gli ospiti presenti anche il Delegato CONI per la provincia di Pesaro e Urbino Fabrizio Tito, i vertici della Fipav regionale e provinciale Fabio Franchini e Giancarlo Sorbini, uno dei grandi artefici dei successi della Robursport Volley Pesaro.
«Una Conviviale memorabile – ha commentato il Presidente del Club pesarese Angelo Spagnuolo – Costagrande non solo ha ripercorso gli anni magici della pallavolo nostrana. Si è anche aperta tantissimo, raccontando senza remore tutto ciò che esiste dietro la carriera di un atleta professionista: le vittorie, una vita privilegiata e facilitata ma anche sacrificio, responsabilità, lontananza dalla famiglia. Un contesto cui dovremmo dare sempre la giusta considerazione mentre ammiriamo e giudichiamo gli sportivi».