” Ritrovarmi, dopo tanto tempo, a fianco di una significativa rappresentanza dei volontari del gioco del calcio mi ha sorpreso e indotto a riflettere sulla necessità di riascoltare con attenzione la loro voce e le loro idee. E’ stato come ritornare indietro di oltre mezzo secolo e riprovare la gioia di appartenere al mondo generoso e solidale del gioco con il pallone di cuoio. Cogliere da quei fischi, talvolta incerti, un segnale di crescita e di improvvisa maturità “.
di Paolo Casarin
Venerdì 12 maggio eravamo, tutti felici di ritrovarci presso la sede della Lega Nazionale Dilettanti della Lombardia per ricordare Carlo Tavecchio e il suo lavoro lungo e generoso, in attesa di sentire con rispetto le esperienze e i programmi di Gabriele Gravina e Giancarlo Abete. E su tutto vigilava Filippo Grassia in nome del Panathlon di Milano pronto a premiare chi era stato autore di azioni e gesti sportivi sorprendenti, da solo o assieme alla squadra. Applausi coinvolgenti, necessari per risvegliare i ricordi sepolti: per uomini e donne di età matura ma anche per giovani provenienti da paesi lontani. Quella felicità giunta da quel mondo semplice e spontaneo del gioco del calcio mi ha spinto a intervenire per confermare ad alta voce che la loro generosità e nobiltà d’animo si era diffusa ovunque. Ma che soprattutto stavano correndo sulla strada giusta della crescita, che la conoscenza e applicazione delle regole li avrebbe portati al successo nella vita, che importante era studiare e lavorare, che era possibile contemporaneamente anche arbitrare le partite della domenica, senza dover trascurare il resto. Anzi che la capacità onesta di giudicare i fatti del gioco avrebbe migliorato anche la loro vita, il loro lavoro e la loro famiglia. E che la Lega Dilettanti doveva aiutare questi arbitri a proseguire con passione, sollevando le loro famiglie dalle spese per la trasferta. E che tra le squadre e questi arbitri doveva nascere un rapporto di lealtà e rispetto e che, finalmente, anche tra i giocatori e quel ragazzo con il fischio doveva cominciare una amicizia senza fine. Che poteva portarli entrambi lontano, in alto. Sempre più in alto. Anche Maradona era amico degli arbitri: prima dell’inizio della gara mi chiedeva sempre “Paolo, per favore, vedi che non mi facciano del male ai piedi. E’ il mio strumento di lavoro.” In mezzo a tanta gente ho finito per parlare solo degli arbitri. Ma in verità ho parlato a tutti quei meravigliosi e semplici uomini del vero calcio, forse inconsapevoli del loro valore.
PAOLO CASARIN
Nato a Venezia il 12 maggio 1940, ex arbitro della sezione di Mestre, ha iniziato la sua carriera in Serie A (dove ha collezionato ben 200 presenze) il 23 maggio 1971 in Bologna-Torino; dal 1979 è diventato arbitro internazionale. Il 15 maggio 1985 ha arbitrato a Rotterdam la finale di Coppa delle Coppe tra Everton e Rapid Vienna. Due anni dopo il suo ritiro, avvenuto nel 1988, è diventato designatore di A e B, ruolo che ha ricoperto fino al 1997 e che ha svolto a livello internazionale anche in occasione dei Mondiali USA 1994. Premiato nel 1996 la con il prestigioso FIFA Special Award, una volta uscito definitivamente dal mondo arbitrale è diventato collaboratore e opinionista per carta stampata e programmi televisivi.