di Dott Luigi Gobio Casali
Negli ultimi 2-3 decenni gli studi sulla longevità in buona salute hanno fatto grandi passi avanti. Oggi sono note le principali caratteristiche di uno stile di vita che consente di raggiungere la terza età con bassa probabilità di malattie croniche invalidanti. In futuro una notevole riduzione delle patologie croniche dell’anziano potrebbe consentire risparmi enormi della spesa sanitaria. Si eviterebbe così alle Regioni un esborso in continua crescita, talmente elevato da risultare – anche solo fra 30 anni – assolutamente insostenibile.
Più dell’80% della spesa sanitaria è dovuto a patologie croniche. Queste sono responsabili: del 70-75% delle visite mediche, di circa l’80% dei ricoveri e del 90% delle prescrizioni farmaceutiche. Occorre poi tener presente che la spesa farmaceutica: 1) è per la gran parte imputabile a medicinali assunti dagli over 60; 2) era di 4 miliardi di euro nel 1985, ma è salita nel 2016 a 16 miliardi, 5 dei quali per patologie oncologiche, 4 per patologie cardiovascolari, 3,5 per malattie gastrointestinali e metaboliche.
In più va considerato che, mentre nel 2021 gli ultrasessantacinquenni erano il 21-22%, nel 2050 – secondo le proiezioni attuali – saranno il 30%-33%. Nell’ambito di questa fascia di età, già ora quasi il 90% ha una patologia cronica e il 65% ne ha almeno 2. Le proiezioni ipotizzano pure un notevole aumento delle demenze. Secondo uno studio pubblicato su The Lancet Global Health, nei prossimi 30 anni le forme tipo Alzheimer saranno quasi triplicate nel mondo (57 milioni nel 2019 e 153 milioni nel 2050) e quasi duplicate in Europa (8 milioni nel 2019 e 14 milioni nel 2050). Ciò prevalentemente a causa di obesità, iperglicemia, fumo e bassa scolarizzazione.
La situazione è destinata a peggiorare anche perché è in corso (nei bambini ma anche nell’adulto) un incremento importante degli stati di eccesso ponderale (che comprende sovrappeso e obesità). Secondo il rapporto 2022 OMS Europa, Il 59% degli adulti e quasi 1 bambino su 3 è in eccesso di peso. L’eccedenza di grasso – specie quello intraddominale/ viscerale – aumenta il diabete di tipo 2, le patologie cardiovascolari (infarto cardiaco, ictus cerebrale, demenza vascolare e Alzheimer, scompenso cardiaco) e i tumori più frequenti (mammella, colon, utero, rene, esofago, fegato, pancreas). E proprio questi ultimi 2 gruppi di patologie (malattie cardiovascolari e tumori) sono responsabili della maggior parte della spesa sanitaria. Dati epidemiologici del 2016 confermano che il rischio di queste patologie aumenta quanto più numerosi sono i fattori di uno stile di vita non salutare.
Di fronte a questa situazione si comprende che, quando nel 2050 lavorerà 1 sola persona su 3 (dato che la seconda sarà in formazione e la terza in pensione), il sistema sanitario sarà finanziariamente insostenibile. Di conseguenza, chi necessiterà di terapie costose se le dovrà pagare.
Una potenziale soluzione al problema tuttavia esiste. Qualche anno fa l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che le malattie cardiovascolari sono prevenibili nel 60% dei casi e i tumori maligni nel 40%. Ma uno dei più eminenti studiosi al mondo della longevità in buona salute (Prof. Luigi Fontana) ritiene che tali percentuali non siano più attuali: a suo dire, se la prevenzione è iniziata in età infantile, le patologie cardiovascolari si possono prevenire nell’85-90% e quelle tumorali nel 60%. Cioè oggi si sa che sarà possibile vivere più a lungo in salute con molte meno comorbilità, che potranno essere “confinate” nell’ultimissimo periodo di vita. Se così fosse, la spesa sanitaria si ridurrebbe molto e tornerebbe sostenibile.
Ma come è possibile una tale prevenzione ? Mentre nel caso della diagnosi e della terapia le patologie cardiovascolari sono curate dai cardiologi, quelle oncologiche dagli oncologi e così via -cioè si parla di “mondi” molto separati fra di loro – nel caso della prevenzione il discorso è diverso. Tutte le patologie croniche di cui s’è detto sono dovute a un substrato metabolico comune connesso da un rapporto causale a stili di vita non salutari. I medesimi fattori possono cioè produrre malattie assai diverse.
Questi fattori sono rappresentati principalmente da: nutrizione incongrua, introito calorico eccessivo, mancanza di attività motoria appropriata, sonno notturno qualitativamente e/o quantitativamente scorretto, incapacità di controllare lo stress, tempo insufficiente dedicato agli svaghi salutari, assenza di una vita sociale soddisfacente , carenza o assenza di meditazione musicale, filosofica o religiosa e ambiente inquinato.
I requisiti di uno stile di vita salutare – approfondendo in particolare i temi dell’alimentazione e dell’attività motoria – dovrebbero essere insegnati nelle scuole di ogni ordine e grado: dalle elementari all’università. Non solo ai medici, ma anche a chi frequenta le facoltà umanistiche, dato che spesso i politici (che sono poi i soggetti che legiferano) provengono da queste facoltà. Per le persone già scolarizzate potrebbero organizzarsi corsi, anche televisivi. Se non si diffonderà, in maniera incisiva, la cultura della prevenzione e dello stile di vita salutare, si perderà un’occasione storica per consentire alla sanità pubblica di restare in piedi anche fra qualche decennio.