IL LUNGO ‘VIAGGIO’ NEL GIOCO DEL CALCIO
Di Ludovico Malorgio – Redazione Lecce Area8 Puglia Calabria Basilicata
LECCE – Il calcio ci ha regalato emozioni, gioie e amarezze, ci ha fatto appassionare, abbiamo scelto una squadra e ne siamo diventati tifosi. Da piccoli ha cullato i nostri sogni di diventare campioni, ci ha fatto apprezzare le grandi sfide, le prodezze di grandi calciatori le loro storie di vita. Molti di noi hanno conosciuto il calcio pioneristico ed hanno potuto seguire la sua evoluzione nel tempo. Il gioco, inizialmente molto elementare, é diventato più complesso, più tecnico, più veloce. Alla sua evoluzione hanno contribuito il lento, ma continuo miglioramento della tecnica individuale e l’introduzione della tattica di gioco. Sono cambiate molto anche le regole. Rispetto alle origini, insomma, esagerando un poco, si può dire che nel calcio attuale, a parte il numero dei giocatori in campo, sia rimasto solo l’obiettivo primario, cioè far gol, ossia correre e lottare per mettere il pallone in rete almeno una volta di più dell’avversario. Una volta tutto era più semplice, diverso. Non c’erano sostituzioni, in campo scendeva quasi sempre la formazione titolare. La ‘rosa’ della prima squadra comprendeva al massimo sedici giocatori. Era anche più facile mandare a mente la formazione che si declinava in modo molto diverso. I calciatori si leggevano quasi ritmicamente, scandendo, con piccole pause, i tre reparti che le componevano: difesa, mediana e attacco. Mattrel; Corradi, Garzena; Emoli, Ferrario, Colombo; Nicolè, Boniperti, Charles, Sivori e Stacchini. Questa era la Juve dei primi anni ’60. Oggi si gioca praticamente in sedici, le rose comprendono fino a 30 giocatori, é quasi impossibile solo abbozzare una formazione tipo.
Anche il vecchio calcio aveva i suoi idoli. Parola, Schiaffino, Hansen, Nordhal, Hamrin, Boniperti, Angelillo, Sivori e Charles esaltavano le folle con i gol e le loro giocate. A questi i aggiunsero i vari Haller, Nielsen, Suarez, Falcao, i nostri Mazzola, Baresi, Maldini, Rivera, Corso, Riva, Baggio, Boninsegna, Vialli, tanto per citare alcuni campioni del calcio italiano. Sono entrati nella storia anche molti portieri con i terzini che componevano l’ultimo argine difensivo davanti alla porta. Pin, Blason, Scagnellato, erano il terrore degli attaccanti avversari nel Padova di Nereo Rocco, che nel 1958 si classificò terzo in serie A. I brasiliani Gilmar, Dialma Santos, Nilton Santos, esaltarono il loro ruolo nel Brasile di Pelè, campione del mondo del 1958 in Svezia. Si ricordano ancora Sarti, Robotti e Castelleti della Fiorentina (1958), Sarti , Burgnic e Facchetti della grande Inter (anni ’60). Ed ancora, Negri, Furlanis, Pavinato nel Bologna di Fulvio Bernardini, che vinse lo scudetto nel 1964; Zoff, Gentile, Cabrini fecero grande la Juventus e la nazionale italiana campione mondiale nel 1982.
LA TATTICA – Nel calcio di una volta era impossibile parlare di tattiche. Non esistevano strategie di gioco. Alle origini, gli undici giocatori si disponevano in campo senza alcun ordine prestabilito, soltanto il portiere aveva la sua collocazione. Per molti anni il gioco era affidato alla libera interpretazione dei giocatori, non esisteva l’idea del gioco di squadra. I difensori badavano solo ad allontanare il pallone dalla zona di porta con lunghissimi rinvii, senza porsi il problema di riavviare l’azione in collaborazione con gli attaccanti. La tattica, un concetto del tutto innovativo, diede luogo ad una più razionale disposizione dei giocatori sul terreno di gioco. Così nacque il primo modulo, il 2-3-5 chiamato ‘a piramide’ capovolta, in cui il portiere occupava il vertice. C’erano, poi, la ‘prima linea’ con cinque attaccanti, la ‘mediana’ con tre giocatori, la terza linea con due giocatori, chiamati terzini. Col passare degli anni si avvertì il bisogno di bilanciare il gioco difensivo con il gioco offensivo. Nacque, così, un nuovo modulo, il ‘sistema’ che prevedeva uno schieramento del tipo 3-2-2-3. Rispetto alla ‘piramide’ si abbassava il centrocampista centrale sulla linea dei difensori (nacque lo stopper), mentre i due difensori si allargarono per marcare le ali avversarie. Per irrobustire la linea mediana (passata da tre a due) le due mezze ali, che nella piramide giocavano davanti, nella linea a cinque, venivano arretrati al centrocampo. Si formava così il famoso ‘quadrilatero’ con due mediani più arretrati e le due mezze ali più avanzate. In sostanza era un 3-2-2-3, molto simile all’attuale 3-4-3. Più avanti negli anni, con il ‘metodo’ introdotto da Vittorio Pozzo, nacque il regista arretrato, chiamato ‘centromediano metodista’ posto davanti alla difesa con il compito di ‘schermare’ il reparto.
L’arretramento delle mezze ali dava origine ad una formazione del tipo 2-3-2-3, che garantiva di fatto una superiorità numerica a centrocampo; la difesa risultava più protetta e i contrattacchi risultavano più rapidi ed efficaci. Con l’avvento della grande Inter ci fu una vera e propria rivoluzione tattica. L’allenatore Helenio Herrera, il ‘mago’ per eccellenza, trasformò un difensore, Armando Picchi, in libero fisso, tenendolo alle spalle di due fortissimi marcatori Burgnic e Guarneri. Sulle fasce, a sinistra faceva svariare Facchetti ( terzino fluidificante) e a destra Domenghini (ala tornante). Il mediano Bedin marcava la mezzala più avanzata, mentre lo spagnolo Luisito Suarez, vero genio del centrocampo, innescava con lanci illuminati, gli attaccanti, tra cui spiccava per velocità e destrezza Sandro Mazzola.
I CAMBIAMENTI – Negli ultimi anni il calcio ha subito una grande trasformazione in senso tattico. Da parecchio tempo, infatti, per identificare la disposizione in campo delle squadre si usano formule ben definite. Il 4-4-2, 4-3-3, il 3-4-3, il 3-5-2 fanno parte del linguaggio calcistico e vengono riferite soprattutto la numero dei difensori schierati. Il tempo e l’esperienza ha poi indotto gli allenatori a delle variazioni di questo moduli, sicché il 3-4-3, per esempio, viene declinato nel calcio moderno come 3-4-2-1, che al posto tre attaccanti utilizza due trequartisti (o mezze punte) ed un attaccante puro. Altra variante 3-4-1-2 in cui un ‘play’ agisce a supporto di due punte di ruolo. Il 3-5-2, la famosa difesa a tre, é uno schema molto diffuso nel nostro campionato anche per la sua duttilità. In fase di non possesso si può modificare in 5-3-2 allorquando la partita richiede una copertura maggiore; diventa un 3-4-3 se si vuole aumentare il potenziale offensivo.
LE TRANSIZIONI – Una delle ultime novità del calcio moderno riguarda le rapide variazioni di atteggiamento tattico nel corso della stessa partita in rapporto al possesso palla. Si chiamano ‘transizioni’ e sono necessarie quando dalla fase di possesso-palla si passa a quella di non possesso e viceversa. Nel corso di una partita di calcio sono frequentissime, basta un passaggio sbagliato, un controllo difettoso, un rimpallo perché cambi la fase di gioco. La squadra deve essere pronta ad adattarsi a anche tatticamente a questi momenti. La ‘transizioni’ si definiscono positive quando si passa dal non possesso palla alla conquista della palla. Sono definite negative invece, quando, al contrario si passa dalla fase di possesso-palla a quella di non possesso. In questo calcio, sempre più fisico e veloce, è aumentata a dismisura anche la necessità di tenere palla e gestire il gioco perché meno dispendioso sul piano fisico, quindi di applicare un modulo offensivo. Al contempo é cresciuta la necessità di essere pronti agli improvvisi capovolgimenti di fronte, mettendo in atto ciò che prevedono le transizioni in termini di schieramento e cambi di posizione.