“Se la squadra del vostro cuore ha vinto brindate con stock, se ha perso consolatevi con Stock”
di Ludovico Malorgio – Redazione Lecce Area8 Puglia Calabria Basilicata
Se, per caso, durante una partita di calcio oggi qualcuno urlasse ‘enz’ oppure ‘ofsei’ per segnalare una irregolarità vista in campo nessuno lo capirebbe. In realtà starebbe chiedendo un fallo di mano o un fuorigioco, infatti, ‘enz’ é il termine inglese ‘hands’ italianizzato e ofsei l’omologo italiano di offseide. Il linguaggio originario del calcio, nato in Inghilterra, era esclusivamente inglese. Come per ‘hands’, sono inglesi le parole football, dribbling, offside, gol, penalty corner proprie del vocabolario calcistico. Alcuni termini, come nel caso di ‘hands’ e ‘offside’ vennero curiosamente italianizzati per essere, col tempo, quasi completamente sostituiti. Il calcio si é evoluto, é cresciuto enormemente tecnicamente e si é sviluppato tatticamente, di pari passo ha perso la sua connotazione di sport ed é diventato spettacolo. Sono cambiati i calciatori, sempre più personaggi e meno ‘eroi della domenica’, che generavano passioni ed entusiasmo. Sono spariti i giocatori-simbolo o ‘bandiera ‘di una squadra. Sono cambiati anche i tifosi impegnati con i cori e gli striscioni far sentire alla squadra il loro calore. Oggi lo stadio spesso é teatro di violenza fisica o verbale. Per dirla tutta, il calcio ‘ruspante’, fatto di lotta dura e di sfide spesso impari, comunque avvincenti, tra ‘grandi’ e ‘provinciali ‘ non esiste più. E’ cambiato tutto, è diverso anche il linguaggio calcistico scritto e parlato. Si é arricchito di termini, di metafore, di neologismi coniati ad hoc o mutuati da altri sport o settori. Un autentica ‘invasione’ di nuove parole ha determinato un nuovo gergo calcistico cominciando dai ruoli dei giocatori. Sono spariti i terzini, le ali, il mediano incontrista, di spinta o di sostegno, il centromediano, o stopper, il centravanti, l’ala tornante, il terzino fluidificante, che hanno lasciato il posto ad esterni bassi o alti, i quinti, il play, la punta centrale o esterna, centrale difensivo, laterale, l’assist man. Son finiti i tempi del passaggio laterale, la palla in corridoio, il lancio in avanti, l’apertura all’esterno, il rinvio lungo, l’appoggio. Si sono salvati, in parte, parole e modi di dire presi in prestito da altri sport, dal mondo dello spettacolo, dalla musica, dalla geometria e dal linguaggio bellico. Un esempio: mettere k.o., incassare, gettare la spugna, defaillance, exploit, play-maker, repertorio, regista, stagione, acrobazia, fraseggio, diagonale, triangolazione, volumedi gioco, bomber. Nostalgia del passato? Mah! Una volta bisognava attendere la sera per vedere le prime immagini dai campi della serie A. La B era quasi ignorata.
Per seguire il campionato ogni domenica occorreva rimanere con le orecchie attaccate alla radio per ascoltare ‘Tutto il calcio minuto per minuto’, le voci dei radiocronisti diventate familiari quanto lo slogan pubblicitario che precedeva e concludeva la trasmissione: ‘La stock di Trieste vi invita ad ascoltare tutto il calcio minuto per minuto.” Poi: “Se la squadra del vostro cuore ha vinto brindate con stock, se ha perso consolatevi con Stock”. Voci amiche, molto care del mitico Roberto Bortoluzzi, conduttore della trasmissione per 27 anni, e poi di De Luca, Provenzali, Filippo Corsini, Riccardo Cucchi che lo hanno sostituito negli anni in studio. Ad essi aggiungiamo gli ‘storici’ Sandro Ciotti, Ezio Luzi, Tonino Carino, Cesare Castellotti, il ‘nostro’ Tonino Raffa, Claudio Ferretti, Emanuele Dotto, Enzo Foglianese. Bei ricordi di tempi ‘magici’ del calcio ormai passati alla storia. La comodità e la velocità di una ‘Diretta Gol’ in televisione era qualcosa di inimmaginabile fino a poco tempo fa, ma era straordinario il fascino di quel calcio raccontato che viveva per immagini nella nostra fantasia. Sapevamo tutto di ogni partita e singolo giocatore divorando per la cronaca quotidiana il Corriere dello sport e la Gazzetta dello Sport, approfondivamo le conoscenze con i settimanali con ‘Il Calcio e Ciclismo Illustrato’, Il Campione e Football. Quel poco che arrivava dalla Tv di Stato scaldava i nostri cuori.
Ancora oggi vengono i brividi a ricordare le ‘magie’ di Omar Sivori, i colpi di testa di John Charles, l’eleganza di Schiaffino e Boniperti, i gol di Angelillo, la genialità di Gianni di Rivera, i guizzi irresistibili di Sandro Mazzola, la classe di Scirea, la potenza di Gigi Riva, le prodezze di Lorenzo Buffon, Sarti, Zoff, portieri che hanno lasciato un forte impronta nella storia del calcio. Non c’erano i calciatori con le scarpe fluorescenti in materiale sintetico, gli scarpini da gioco erano di pelle e la prima volta che e calzavano i calciatori le immergevano nell’acqua per ottenere la forma del piede. Le creste ossigenate, gli orribili tatuaggi che ‘infestano’ il corpo dei calciatori erano impensabili. Oltre le apparenze, il calcio era un calcio più vero, meno tecnico veloce, ma in campo si lottava con grande vigore e lealtà, tutto era più semplice nei gesti e nei comportamenti.
Oltre ai calciatori-simbolo, c’erano anche i presidenti simbolo come Agnelli, Moratti, Viola, e quelli passionali e pittoreschi come Rozzi, Anconetani, Jurlano. Oggi non esistono più in questo calcio preda di cinesi e americani. In tempi in cui tutto è costruito, in cui spesso il contorno soffoca la vera essenza del calcio, ci manca da morire la splendida genuinità del calcio di una volta. L’invasione delle televisioni, che hanno imposto il calcio-spezzatino, ha distrutto la ‘poesia’ domenicale, ha annullato l’ansia dell’attesa, la gioia o l’amarezza del risultato, che erano un’esclusiva della domenica sera. Potremmo continuare a lungo per raccontare il cambiamento di questo sport così amato dagli italiani. Potremmo anche discutere se si sia evoluto o involuto perché a fronte di un innegabile miglioramento della tecnica individuale dei calciatori é sopravvenuto un tatticismo esasperato che spesso ne limita la bellezza. La miriade di passaggi e passaggetti, speso inutili e pericolosi, che coinvolgono il portiere nelle ossessive partenze da dietro dell’azione, sono bagaglio di quasi tutte le squadre. Una estenuante e fitta rete di passaggi laterali o indietro precedono sistematicamente ogni tentativo di verticalizzazione e nel dopo partita questo sterile e insulso possesso-palla viene sistematicamente esibito tra i dati positivi della partita, alla stregua del numero di tiri in porta effettuati o dei pochi tiri subiti.
Confesso di fare molta fatica ad accettare questo calcio ‘nuovo’, non per un rifiuto preconcetto, ma perché credo che un certo modo di giocare vada contro la natura del calcio, che é fatto di uomini che sul terreno di gioco si battono per conquistare gli spazi, costantemente proiettati verso la porta avversaria senza indulgere in retropassaggi inutili e pure rischiosi. Non rimpiango certamente un modo di giocare alla ‘viva il parroco’ o un calcio del tipo ‘palle lunghe e pedalare’. Né ho nostalgia di quelle rimesse dal fondo effettuate con delle incredibili puntate, ma sogno ancora i geniali passaggi smarcanti per gli attaccanti e le bordate da lontano di quest’ultimi, che spesso annichilivano il portiere avversario. Erano espressioni di un calcio semplice, quasi elementare che aveva bisogno di crescere, ma senza snaturarsi. La tattica? Ma quale tattica! Bastava osservare un paio di principi fondamentali per cercare la vittoria. Grande attenzione in difesa, si individuava il giocatore avversario più forte ed impedirgli di giocare e si era già a metà dell’opera. Il calcio moderno, invece, richiede complessi e straordinari accorgimenti tattici e forse é giusto che sia così, anche se l’allenatore che con la sua squadra deve affrontare un Messi o un Ronaldo continua a preoccuparsi soprattutto di limitarne l’azione o non farlo giocare. Esattamente come accadeva una volta. Almeno in questo il calcio non é cambiato.
P.S. A Verona l’offside era pronunciato “OSSARI” e l’out “AU” (ndd)