RUOTE D’ORO – Gold Wheels – Capitolo 37
di Roberto Gerosa – Verona Area1 Veneto Trentino/AA
La 24 Ore di Le Mans è una delle competizioni più famose nel mondo delle auto da corsa, si svolge oggi su un percorso di circa 13 chilometri con partenza alle ore 15,00 del sabato e si conclude alle ore 15,00 della domenica, ventiquattr’ore appunto. Le Mans è un Comune francese ubicato nella regione della Loira, famosa per i suoi innumerevoli, circa 300, castelli costruiti dal X secolo (901/1000) di cui alcuni come fortificazioni. Si dice che almeno una volta nella vita dieci di questi siano da visitare come il Chateau (castello), Azay-le-Rideau, Amboise, Blois, Cheverny, Chambord, Chenonceau, cittadella di Loches, Ussé, Villandry e la fortezza Real de Chinon dove fu tenuto prigioniero l’ultimo Gran Maestro dei Templari, Jacques de Molay, arrestato nel 1307 e quindi condannato al rogo nel 1314.
La 24 Ore di cui parleremo oggi, la 36° edizione del 1968, si è svolta sotto un cielo che non faceva presagire niente di buono e con i partecipanti indecisi se montare pneumatici da asciutto o da bagnato. I piloti, allineati sul bordo pista in attesa del segnale del direttore di gara col classico sventolio della bandiera, corsero verso la propria monoposto per poi salirvi velocemente, allacciarsi le cinture (non tutti per la verità) e… partire. A quei tempi erano due i piloti che si alternavano alla guida, ma nel 1970 il regolamento venne modificato disponendo che i piloti fossero già seduti nella loro monoposto, tutti con le cinture allacciate e con la possibilità che fossero tre (anziché due) le alternative, dovendo guidare ognuno da un minimo di quattro a un massimo di quattordici ore.
Vincitori della gara, a bordo di una Ford GT40, furono Pedro Rodriguez (1940/1971) e Lucien (Luciano) Bianchi (1934/1969). Quest’ultimo, nato a Milano e trasferitosi in Belgio da ragazzino con il padre, un meccanico delle competizioni automobilistiche, l’anno seguente, sempre a Le Mans, durante le prove con un’Alfa Romeo T33, uscì di pista andando a sbattere mortalmente con la vettura che prese fuoco, contro un palo del telegrafo.
Bianchi e Rodriguez pilotarono con intelligenza la loro Ford GT40 preparata dall’esperto John Wyer (1909/1989) già tecnico per una decina d’anni all’Aston Martin, che nel 1959 vinse la 24 Ore di Le Mans con l’auto modello DBR1. La prima vettura Aston Martin DBR1, dei cinque esemplari costruiti, fu venduta nel recente 2017 per ben 22,5 milioni di dollari (circa 19,8 milioni di euro), un vero record per una vettura inglese. Sul prezzo ha sicuramente influito che l’auto era stata guidata dai piloti: Salvadori, Shelby, Parnell, Moss e Brabham.
Nella gara di questa “24 Ore”, con i motori e gli organi del telaio continuamente sollecitati e una velocità che raggiungeva i 325 km/h (siamo nel 1968), non furono pochi i problemi e gli incidenti dovuti a guasti ai dischi dei freni, ai tergicristalli, ai tubi di scappamento e alle cerniere delle porte strappate, mettendo in luce i punti deboli dei vari mezzi partecipanti. Era ovviamente importante correre veloci, ma era altrettanto fondamentale non chiedere troppo alla vettura per riuscire a terminare la gara senza imprevisti.
Tanto di cappello alle “nostre” Alfa Romeo per la notevole tenuta dei piloti e delle vetture guidate dai giovani “Nanni” (Giovanni Giuseppe Gilberto Galli-1940/2019) e Ignazio Giunti (1941/1971) che entusiasmarono il pubblico mantenendo il secondo posto fin quasi alla fine, per poi retrocedere al quarto a causa di una fermata ai box estremamente lunga. Dovettero sostituire la sospensione (porta mozzo) fortemente sollecitata dai continui passaggi sul bordo della “chicane Ford”, appositamente studiata e costruita per scoraggiare i piloti dal “tagliare” la curva per guadagnare tempo. Inoltre, la pioggia torrenziale, abbattutasi durante la notte non facilitò loro il compito. Assieme a queste Alfa Romeo 33, era ben piazzata la Matra/Simca, equipaggiata con un motore di Formula1, guidata da Henri Jacques William Pescarolo (Parigi 1942) della Scuderia “Pescarolo Sport”. Purtroppo una lacerazione dello pneumatico, causata probabilmente dal passaggio sui rottami di una vettura incidentata, lo costrinse al lento rientro ai box. Henri Pescarolo fu però il vincitore, sempre a Le Mans e su Matra/Simca MS670, negli anni 1972,’73 e ’74.
Anche le Alpine Renault 3 litri con motore progettato da Gordini e le Porsche sempre 3 litri che parteciparono per la prima volta, non ottennero i risultati sperati. Vincere una “24 Ore” con vetture non collaudate in questa gara, era estremamente difficile tant’è che fino al 1968 solo due furono le vittorie di auto al loro debutto: una Jaguar nel 1951 e una Mercedes nel 1952. Forse se Ferrari avesse messo in pista dei prototipi da 3 litri, beneficiando della propria esperienza in questa cilindrata, avrebbe visto il proprio nome nel libro d’oro della gara. Forse, chissà…
“Date a un bambino un foglio di carta, dei colori e chiedetegli di disegnare un’automobile, sicuramente la farà rossa” -Enzo Ferrari-
-Ringrazio come sempre tutti i lettori/lettrici e gli “affezionati” Angelo e Giacomo, per i loro commenti.
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2 Comments
Gianni
Sempre scorrevoli e coinvolgenti gli articoli di Roberto Gerosa che ringrazio per mantenere viva questa nostra passione. Gianni
Angelo
Grazie a Roberto che ci porta sempre nelle gare di auto o moto in particolare mi e piaciuto questa competizione della 24 ore di le Mans e ci ricorda le tante sfide tra Ford e Ferrari