di Lorenzo Fabiano Della Valdonega
Brutta e sporca faccenda quella dello striscione dell’ignominia a Verona. Sulla città dell’amore è ora tempesta. «Per quanto voi vi crediate assolti. Siete per sempre coinvolti» cantava Fabrizio De Andrè; da veronese dico che non la meritiamo, o forse sì perché bisogna avere l’onestà di ammettere che non abbiamo fatto abbastanza per spazzarla via questa coltre malsana di beota nichilismo che avvolge da anni una parte, e sottolineiamo una parte, dello stadio Bentegodi di Verona. Gli inguaribili beoti che lo stadio se lo prendono alla faccia della brava gente (e ce n’è tanta, credetemi) che ne rimane ostaggio. Lo sfottò, la battutaccia e la grassa risata non gli basta a questi. Roba da sfigati. Vuoi mettere giocare alla guerra, sfilare come milizie, identificarsi nel capo supremo della falange e guadagnarsi (dis)onore e (de)gradi a forza di azioni sul campo di battaglia? Sarà, ma se ciclicamente ci ritroviamo da una trentina di anni a questa parte a dover ripetere sempre le stesse cose, qualche esamino di coscienza ce lo dobbiamo fare anche noi. La politica si è presa la curva, e noi ragazzi di allora che in curva siamo cresciuti non abbiamo fatto abbastanza per tenerla fuori. Non l’abbiamo isolata la tribù, ma l’abbiamo lasciata fare. Ed è grave. Chi di dovere ha fatto ancora meno perché, se solo volessero, i rami secchi negli stadi italiani potrebbero reciderli nel giro di una settimana, come fece la Lady di Ferro in Inghilterra negli anni Ottanta. E invece no. Due frasette di condanna, sempre quelle, quattro titoloni sui giornali e poi tutto passa in cavalleria. Così si va da manichini di calciatori di colore impiccati, ai soliti cori conditi di svastiche (Rudolf Hess è un idolo), bravate da caserma (quando il sergente non c’è) e striscioni della vergogna; l’ultimo affisso nella notte tra sabato e domenica nelle vicinanze dello stadio quando hanno persino tirato in ballo la tragedia della guerra in Ucraina in un invito ai contendenti a spostare il tiro su Napoli. Si dice che la mamma degli imbecilli sia sempre incinta, diciamo che in un settore della Curva Sud del Bentegodi la mamma ci dà dentro e non utilizza gli anticoncezionali. Alla mente vengono i Monty Python e il loro capolavoro The Meaning of Life, con quella famiglia cattolica dello Yorkshire e la loro pletora di figli: «Every sperm is sacre» recitava il motivetto. Qui dev’essere lo stesso. Gente che per ritagliarsi un ruolo nel branco non trova di meglio che gettare la propria coscienza in un cassonetto. Dell’umido, ovviamente. E nemmeno tanto impavidi e sfrontati come vorrebbero essere. Infatti, prima lanciano il sasso, poi ritraggono il braccio i nostri prodi trincerandosi in variopinte, mollicce e pellicciose teorie difensive: «sono cose da stadio», «è solo goliardia», persino «satira» per qualche fantasioso cervellone. E guai a stigmatizzare, perché ti danno subito dell’«ipocrita». Ebbene, se c’è dell’ipocrisia, e qui di ipocrisia ne contiamo a chili, è quella di chi confonde, ad arte, l’idiozia con la goliardia. Se la son sempre cavata così, e continueranno a cavarsela così. E ora? Nulla. Se ne staranno buoni per un po’ e poi ne rifaranno un’altra, e bella grossa, perché il giochino è questo. A pagarne il prezzo, il buon nome di una città meravigliosa e generosa, e quelle tante sane buonanime dal cuore gialloblù che al Verona vogliono bene davvero e che la prossima partita (curva chiusa dal giudice sportivo per un turno) se la dovranno vedere a casa sperando che la pay tv non s’impalli. Altrove, bisogna anche dire come le cose vadano anche peggio se nelle curve metropolitane, da sempre una zona franca dove s’intrecciano loschi affari, si addentrano i tentacoli della criminalità organizzata. Almeno qui abbiamo a che fare con i beoti e non con i delinquenti. Perdonate l’irruzione in casa degli altri, non si dovrebbe fare, ma tant’è. Ma torniamo a noi con un’ultima amara constatazione. Domenica fuori dallo stadio l’Hellas Verona aveva disposto un gazebo insieme a due ONG locali, per la raccolta di aiuti per l’Ucraina. Hellas for Peace si chiamava la lodevole iniziativa. Offuscata dallo striscione demente, non ne ha parlato praticamente nessuno. Così va il mondo, male.