Di Massimo Rosa
Paavo Johannes Nurmi nasce a Turku, Finlandia, il 13/6/1897 in una normale famiglia di ceto medio. L’infanzia del piccolo Paavo è purtroppo difficile e travagliata a causa della prematura scomparsa del padre e di due sorelle a causa del colera che getta la famiglia nel caos economico; questa pressione psicologica data dal dolore porta il giovane ragazzo a correre per ritrovare l’armonia con se stesso e la tranquillità dei sensi. La prima vera esperienza agonistica di Nurmi avviene nel 1908, su un 1500, dove colleziona un 5’02″, primo piccolo mattoncino di quella che diventerà una grande e luminosa carriera.
Dopo quella sporadica corsa sui 1500, Nurmi non gareggia più, ma continua a correre abitualmente per andare ovunque; arriva addirittura a correre senza scarpe per ragioni di economia, (non poteva permettersi un paio di scarpe o di stivali), incorrendo spesso in cadute sulle strade scivolose.
Il mondo dell’atletica vera si aprirà a Paavo durante il servizio militare, dove viene notato dai suoi superiori durante gli allenamenti delle truppe.
Dopo un periodo di vero allenamento da fondista, Nurmi si presenta ai campionati nazionali del 1920 sui 3000 da perfetto sconosciuto; impopolarità che durerà soltanto 8’36″2, il tempo necessario per vincere il primo di una lunga serie di campionati nazionali ( 20) e per qualificarsi per i Giochi Olimpici di Anversa, che si disputano proprio in quell’anno.
Ci sono grandissime aspettative sul giovane e fresco campione Finlandese, il quale inizia la sua avventura olimpica il 17 agosto del 1920 con i 5000 ad Anversa. E’ una gara bellissima e serrata tra Nurmi e il francese Guillemot, il quale però, sugli ultimi 200 m sorprende lo stesso Nurmi e la Finlandia intera quando con un prodigioso allungo riesce a staccare il suo avversario e vincendo l’oro olimpico con il tempo di 14’55″6, 5 secondi davanti a Nurmi che giunge sul tranguardo in 15′ netti. Questo argento più che un successo per un neofita delle olimpiadi viene vissuto quasi come un flop dai finlandesi, che già vedevano la corona d’alloro sulla testa di Nurmi.
Il 20 agosto si corrono i 10.000 m, e la gara è sempre tra Nurmi e Guillemot i quali, come sui 5000 danno vita a una gara entusiasmante, ma alla fine, Nurmi riesce a coltivare lentamente un distacco che lo porterà a vincere col tempo di 31’45″8, precedendo il rivale di due secondi e aggiudicandosi così l’agognata medaglia d’oro olimpica; medaglia che non sarà l’unica dell’olimpiade 1920 per Nurmi, il quale, tre giorni dopo il successo sui 10.000, si ripete nella gara di Cross individuale, valevole anche per il Cross a squadre, nel quale la Finlandia trionferà grazie al sopracitato Nurmi, Liimatainen e Koskenniemi.
Oltre a tre medaglie d’oro, Nurmi si porta dietro anche una importante riflessione tecnica: la sconfitta sui 5000 fa capire all’atleta che oltre a correre di fiato deve iniziare a lavorare sui ritmi e sui possibili strappi di velocità.Da quel momento, inizia ad allenarsi e a gareggiare in modo metodico col cronometro in mano, controllando giro dopo i giro i vari parziali.
Il post olimpiade segna per Paavo un vero e proprio periodo d’oro per la carriera, iniziando dal 22 giugno del 1922, in cui corre i 10.000 in 30’40″2, sbaragliando il precedente primato del mondo di ben 18 secondi.
Alle olimpiadi parigine del 1924, Nurmi arriva da grande celebrità, (grazie ai record mondiali sui 1500 con 3’52″6 e sui 5000 con 14’28″2), e da uomo da battere.
Battere il fortissimo finlandese si rivela presto impossibile per chiunque, e Nurmi sbanca Parigi appendendosi ben cinque ori al collo, iniziando da quello del 10 luglio sui 1500 e un’ora dopo sui 5000, battendo il rivale e compagno di squadra Ville Ritola ( oro nei 10.000 e 3000 siepi). Due giorni dopo arrivano anche gli ori sul cross singolo e a squadre, dopo una gara terribile, minata dal caldo e dal percorso arduo, in cui su 38 partecipanti soltanto 15 tagliano il traguardo. Le cinque dorate fatiche di Nurmi si concludono il 13 Luglio con l’oro sui 3000 a squadre.
Nei quattro anni successivi, Nurmi gira la Finlandia mietendo titoli nazionali e record del mondo, tutto per aspettare soltanto l’olimpiade del 1928, in cui riuscirà a battere Ritola nei 10.000, arrivando così alla sua nona e ultima medaglia d’oro olimpica ( record statistico battuto soltanto dal ” Human frog” Ray Ewry). Ritola però non ci sta e si prende la rivincita sui 5000, affibbiando l’argento a Nurmi, il quale arriverà secondo anche nei 3000 siepi dietro al connazionale Loukola.
Ormai le aspirazioni agonistiche di Paavo Nurmi sono tutte appagate, tranne una: vincere la maratona.
Il fortissimo finlandese inizia quindi ad allenarsi per concorrere alla medaglia d’oro nella mitica gara di Filippide alle olimpiadi di Los Angeles 1932. All’età di 35 anni, considerata veneranda per un fondista, soprattutto in quegli anni, Nurmi è però ancora molto competitivo, il quale esegue un test preolimpico, correndo per tutta la gara con i chiodi anche su terreno asfaltato; si ritira al quarantesimo km in 2h22′”03, tempo comunque in linea con il record del mondo.
Una volta arrivato negli Stati Uniti, pronto a farsi valere nella sua quarta olimpiade, scopre con sommo stupore e costernazione che la Commissione Olimpica lo ha sospeso per leso dilettantismo per aver percepito alcuni rimborsi maggiori alle spese, ( per quelli che non lo sanno, prima per partecipare dovevi essere un dilettante, quindi non percepire guadagno dall’attività sportiva).
Dopo questa delusione olimpica, Paavo Nurmi continua a gareggiare soltanto a livello nazionale fino al 1933, anno del suo ritiro ufficiale dall’atletica e l’inizio della sua attività di commerciante, grazie all’apertura di un negozio per articoli sportivi.
Rientra, per così dire, trionfalmente nell’atletica nel 1952, come ultimo tedoforo delle olimpiadi di Helsinki, dove fu anche intervistato da Gianni Brera; questa intervista fu molto curiosa perché si svolse in latino dato che era l’unica lingua comune che i due riuscissero a parlare, infatti Nurmi parlava perfettamente latino.
Paavo Nurmi muore ad Helsinki in 13/6/1973, dopo aver fatto sognare una nazione intera grazie alle sue imprese e ai suoi 22 record del mondo in otto discipline diverse ( 1500, miglio, 2000, 3000, 3 miglia, 5000, 6 miglia e 10.000), nazione che, con grande riconoscenza per il lustro dato alla patria, ha intitolato al suo forse più grande atleta una statua e una opera lirica chiamata ” Paavo il grande. Una grande corsa. Un grande sogno”.