Di Angelo Spagnuolo – Pesaro Area5 Emilia Romagna Marche
La grande passione per lo sport. La voglia di migliorarsi quotidianamente. La meticolosità nello svolgere il proprio ruolo di allenatore senza lasciare nulla al caso. L’etica sportiva e l’etica del lavoro. Sono questi i valori emersi durante l’incontro che, organizzato dal Panathlon Club di Pesaro, ha avuto come protagonista Matteo Giunta, l’allenatore che ha avuto il piacere e l’onere di seguire a partire dal 2013 Federica Pellegrini, fuoriclasse del nuoto mondiale.
Il campione inevitabilmente è sotto la luce dei riflettori. E’ osannato quando vince, criticato aspramente, spesso ben oltre i propri demeriti, quando perde. E’ stato anche il caso di Federica Pellegrini, che molti – anche addetti ai lavori – consideravano addirittura “bollita” o “finita” dopo il quinto posto nei “suoi” 200 stile alle Olimpiadi di Londra 2012 e il quarto di Rio 2016, tra l’altro a un soffio dal podio cannibalizzato dalle fuoriclasse statunitensi e australiane. Il campione, per restare tale a lungo, non può abbattersi in quei momenti, deve saper reagire, recuperare forze, trovare stimoli e nuove dirompenti motivazioni, concentrarsi sull’obiettivo. In questo percorso così delicato – è sempre bene ricordarlo – non è da solo, ma supportato da una squadra di tecnici e collaboratori il cui ruolo è tanto fondamentale quanto spesso sottovalutato. In particolar modo l’allenatore è colui che deve migliorare gli aspetti tecnici, far accrescere l’autostima dei propri atleti, incoraggiarli quando le cose vanno male, smorzando invece facili e pericolosi entusiasmi quando vanno meravigliosamente bene.
Un lavoro duro e meticoloso, quotidiano, soprattutto molto oscuro. Analizzato, raccontato e celebrato molto raramente. Per questo è stato molto interessante ascoltare da Giunta il racconto delle sue esperienze, delle fortissime pressioni esterne e mediatiche ricevute che, conseguenza della portata mondiale dell’atleta che stava seguendo, hanno reso il suo lavoro molto più complicato, rischiando di travolgere e schiacciare emotivamente anche lui.
Giunta, appassionato di sport a tutto tondo, prima di essere allenatore è stato nuotatore. Con la Vis Sauro Nuoto Team, storica e prestigiosa società pesarese, è stato convocato in Nazionale giovanile, ottenendo anche la migliore prestazione italiana a livello di 14 anni nei 100 stile libero. “Devo ringraziare i miei genitori perché se non mi avessero costretto a fare sport probabilmente non sarei qui e non avrei fatto questo percorso. Lo sport è una scuola di vita, devi sacrificarti, dare tutto te stesso per raggiungere degli obiettivi. Con il nuoto è stato amore e odio. È uno sport ripetitivo, difficile, logorante. Non è un gioco. Ci sono momenti duri, difficili da superare. Una volta smesso di nuotare ho avuto un momento in cui non sapevo se rimanere nell’ambiente. Ho avuto la fortuna di ricevere un’offerta da una squadra importante con atleti di livello internazionale, molto forti. Questo ha fatto sì che la mia passione per questo sport, una volta ricoperto il ruolo di allenatore, si rafforzasse” ha raccontato alla platea presente.
Ancora giovanissimo, alle Olimpiadi di Londra 2012, segue atleti del calibro di Filippo Magnini ed Evgeny Korothyskin, il campione russo che sotto la sua guida proprio in Inghilterra conquista l’argento olimpico nei 100 metri farfalla. Una soddisfazione professionale enorme, cui seguirà nell’arco di pochi mesi l’opportunità unica e concretizzata, una volta rientrato in Italia, di iniziare ad allenare Federica Pellegrini.
Anche grazie al lavoro di Giunta, la più grande campionessa che il nuoto italiano abbia mai espresso e conosciuto nella sua storia, dopo la delusione cocente di Rio 2016, continua a mantenere altissimi livelli di rendimento, battendo spesso rivali molto più giovani di lei, continuando a dettare legge tra le corsie dei 200 stile libero. Il capolavoro lo realizza ai Mondiali di Budapest 2017, tra la sorpresa generale, conquistando l’oro grazie a una rimonta pazzesca negli ultimi 50 metri di cui fanno le spese le quotatissime e favorite della vigilia Ledecky, McKeon e Hosszu. Grande impresa bissata nel 2019, con un altro oro ai Mondiali di Gwangju, in Corea del Sud.
A quel punto, con i Giochi di Tokyo 2020 così vicini, l’appetito vien mangiando, l’obiettivo è chiaramente il podio olimpico ma purtroppo dietro l’angolo c’è un nemico subdolo e inatteso: “a fine 2018 abbiamo iniziato a spingere in vista delle Olimpiadi di Tokio, un periodo ricco di soddisfazioni, fino all’arrivo del covid. Il rinvio al 2021 della competizione olimpica ha complicato le cose, abbiamo staccato un po’, per non affaticare troppo Federica. Quando abbiamo ripreso ad allenarci più intensamente si è ammalata e questo ha rovinato i piani. Gli strascichi hanno reso difficile tornare ai livelli consueti. Gli obiettivi iniziali erano diversi, ma volevamo provarci, fare il possibile e ottenere il massimo”. Come risaputo, non è arrivato il podio ma una splendida quinta finale olimpica consecutiva, l’ennesimo record, ad onorare e impreziosire ulteriormente la sua carriera così longeva e ricca di trionfi.
E mentre Federica ha iniziato una nuova vita, dopo quella agonistica, continuando comunque a restare nell’ambiente dopo essere stata eletta con 1658 voti nella Commissione atleti del Comitato Olimpico Internazionale, Matteo Giunta continua la sua carriera diallenatore a Verona, dove guida un gruppo di atleti in fase evolutiva, alcuni dei quali con forti ambizioni per Parigi 2024 e per gli Europei “casalinghi” di Roma previsti dall’11 al 21 agosto 2022.