Tennis Il di Alberto Capilupi – REDAZIONE G. Brera Università di Verona – Area1 Veneto Trentino/AA
Medvedev conclude questa stagione tennistica con l’ennesimo trionfo. Ma non era così scontato che la sua squadra vincesse questa Coppa, perché il successo sarebbe dipeso quasi esclusivamente dal confronto tra i n. 2 del singolare, cioè dal risultato dell’incontro tra Rublev (n. 5 del mondo in base alla graduatoria ATP) e Gojo (n. 275). Il secondo, che era quasi uno sconosciuto prima di questa edizione finale della Davis, aveva compiuto autentici miracoli, a partire dai quarti di finale, superando nel confronto diretto giocatori che, pur non figurando sulla carta alla sua portata per l’enorme distanza nella classifica mondiale, in realtà non sono riusciti sul campo a batterlo in questa gara mondiale tra rappresentative nazionali: ci riferiamo all’australiano Popyrin (n. 61), poi al nostro Sonego (n. 27), infine al tedesco Koepfer (n. 54). Ma ancora una volta si è constatato quanto sia stimolante e tuttavia condizionante sul piano emotivo il fatto di giocare per la squadra della propria nazione.
I croati speravano che Gojo potesse ripetersi contro Rublev, ma il russo, facendo leva sulle proprie abituali e imprendibili accelerazioni verso entrambi gli angoli, dopo essersi aggiudicato il primo set con un break al settimo gioco, nel secondo si è imposto sull’irriducibile avversario, pur di misura: con un solo minibreak in più nel tie-break del secondo.
Nel successivo scontro tra i numeri 1 del singolare, Cilic ha giocato decisamente bene contro Medvedev. Ma nel momento cruciale del tie-break del secondo, quando si è trovato in vantaggio per 4-2 e in vantaggio di un break, non è più riuscito ad auto-controllarsi, confermando quanto sia importante per quasi tutti i tennisti la capacità di non farsi prendere dalla paura di vincere, che emerge proprio nei momenti più delicati quando ci si confronta con un giocatore considerato di livello superiore.
Così la Russia si è portata a casa la preziosa insalatiera, senza dover ricorrere all’impresa quasi impossibile del doppio, il cui risultato sarebbe stato quasi sicuramente a favore dell’invincibile ed affiatatissima coppia croata Mektic-Pavic, oro olimpico a Tokyo.
A tale riguardo, partendo dall’importanza del doppio, è anche opportuno aggiungere che, se una federazione tennistica è molto interessata alla Coppa Davis, dovrebbe sentirsi obbligata ad investire sulla formazione di coppie d’alto livello, rinunciando in occasione della Coppa a mettere in campo dei singolaristi che si improvvisano doppisti.
Facendo un bilancio globale, in questa edizione della Davis ci sono stati molti assenti. Troppi. A partire da Zverev, la cui presenza nella squadra avrebbe potuto essere determinante contro la Russia, perché Alexander ha dimostrato di essere attualmente l’unico in grado di battere Medvedev, come è già successo ben due volte quest’anno alle Olimpiadi e alle finali ATP. Ma Zverev ha rinunciato a partecipare, perché non gradisce questa formula della Coppa. Probabilmente gli manca, essendo di sangue russo, quel forte sentimento “nazionalistico” che sta alla base dell’attaccamento alla maglia.
A molti altri, però, non piace questa formula, che tutto sommato non si discosta molto da quella classica, basata su quattro singolari e un doppio.
Quello che ci sembra assurdo è comunque il sistema premiale adottato nella fase a gironi, in cui, per recuperare per i quarti di finale le squadre meglio classificate, si tiene conto dei punteggi registrati negli incontri, un po’ come si fa nel calcio tenendo conto dei gol: un metodo selettivo che però, nel tennis, è totalmente estraneo alla tradizione. L’inconveniente potrebbe essere eliminato se le sedi del torneo finale di Davis diventassero quattro, al posto delle attuali tre.
In ogni caso riteniamo che sia apprezzabile che sia stato istituito un torneo finale a squadre programmato per due settimane.
A questo punto aggiungeremmo una proposta (forse utopistica): poiché il tennis è uno dei pochissimi sport in cui esistono gare in cui uomini e donne competono insieme (da sempre); e poiché i cartelloni dei tornei più importanti presentano già un cartellone di cinque competizioni principali, si potrebbe istituire un campionato del mondo a squadre proprio con queste cinque gare:
singolare maschile;
singolare femminile;
doppio maschile;
doppio femminile;
doppio misto.
Secondo noi sarebbe molto bello. E perfettamente paritario.