Di Alberto Capilupi – Redazione Panathlon Verona Università Gianni Brera
In questo terribile periodo di pandemia si parla molto di diritti individuali, sociali e universali; di libertà; di Costituzione; di rischi personali e collettivi; di scienza, di anti-scienza e di notizie false; di limitazioni e restrizioni; di discriminazioni; di norme locali e di leggi regionali, statali ed europee; di raccomandazioni dell’OMS; di controlli; di proteste individuali, di proteste di gruppo e di manifestazioni di piazza; di repressioni; di appelli e di petizioni.
Sostanzialmente si discute sui diritti del singolo confrontati con quelli della società.
Ma proprio questi temi stimolano a riflettere sulla condizione di chi ha il pieno diritto di non sentirsi rispettato dalla comunità in cui è inserito, pur non arrecando alcun danno nemmeno potenziale agli altri e senza avere alcuna intenzione di sovvertire le caratteristiche tradizionali della società in cui vive.
Mettiamoci dunque, per un momento, nei panni di un disabile, in relazione alle sue possibilità di muoversi e circolare all’interno di un qualsiasi territorio.
E’ sufficiente, per una persona diversamente abile, prendere atto che da un po’ di tempo le viene offerta la possibilità di fare dello sport?
Non è paradossale che si dia tanto spazio ai disabili per svolgere attività agonistica al massimo livello, ma a loro non si dia la certezza di poter salire sui marciapiedi ed accedere a negozi, uffici pubblici e case private?
Da qualche anno sono state addirittura create le Paralimpiadi, riservate appunto ai disabili. Ma è sufficiente questo per dire che il mondo intero è sensibile alle loro esigenze di muoversi e spostarsi all’interno di un territorio? Lo è il mondo occidentale? Lo è l’Europa? Lo è l’Italia? Lo è la nostra Regione? Lo è il nostro Comune?
Forse lo è qualche Comune, come ad esempio quello (da prendere come modello di civiltà) di Peschiera del Garda, in cui abbiamo notato con piacere che i marciapiedi sono privi di gradini e che i negozi, le abitazioni private e gli uffici pubblici consentono a chiunque di poter entrare, perché le barriere architettoniche sono state eliminate o sono superabili grazie a specifici dispositivi perfettamente funzionanti.
E’ così difficile introdurre una legge che obblighi tutti i Comuni ad impedire che esistano ostacoli materiali per salire su qualsiasi marciapiedi e accedere a qualsiasi ingresso privato, commerciale o pubblico?
Secondo noi non lo è, se lo chiediamo in tanti. Perché stiamo sostenendo un diritto sacrosanto.
Rivolgiamo quindi un appello a conseguire tale obiettivo ai giornalisti, al mondo dello sport, agli uomini di cultura, alle associazioni di servizio e ai politici, a partire da chi rappresenta lo sport dei disabili.
I fondi?
Ci sono solo quelli per il 110%, per le facciate e per le ristrutturazioni.
Non si possono estendere a questa iniziativa?
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