Capitolo 34
Di Roberto Gerosa – Verona Area 1 Veneto Trentino/AA
Credo siano pochi i diversamente giovani come me che non ricordino la famosa R4 e la sua linea prevalentemente tozza ma simpatica. Questo modello Export di cilindrata 845cc si differenziava dalla precedente per i paraurti a lama, per le luci anteriori e posteriori di nuovo disegno e per lo stemma in plastica sulla calandra.
Il progetto della Renault 4 o R 4, nacque nel 1956 con l’obiettivo di contrastare il successo della Citroen 2CV. Doveva essere quindi una vettura pratica, di costo contenuto e tale da poter essere usata anche nel tempo libero. Negli anni successivi ‘58/’59, dopo i vari disegni e la scelta del motore 4 cilindri con trazione anteriore, i primi prototipi subirono prove di durata e tenuta di diversi chilometri, anche con fondi stradali discutibili e con forti cambiamenti di temperature passando dal deserto del Sahara alle fredde temperature invernali del Minnesota.
Finalmente, nel luglio del 1961 la R4 debuttò con una prima presentazione alla stampa. Doveroso è segnalare che alla R4 fu affiancata la R3 che aveva un motore da 603cc ma, di quest’ultima, ne parleremo in un altro articolo. La produzione delle R 4 iniziò nell’ agosto dello stesso anno presso lo stabilimento Billancourt in Francia immediatamente dopo l’uscita di scena del modello 4CV (1947/1961) di cui avevamo parlato nel capitolo n. 3 giugno 2020. Nonostante la R4 fosse così “diversa” da quanto noi italiani fossimo abituati, fu accolta positivamente probabilmente per la sua versatilità di utilizzo, i bassi costi di esercizio, la spaziosità dell’abitacolo e forse anche perché l’Alfa Romeo ne curò poi il montaggio in Italia. Da fonti attendibili sembra che ne siano state vendute dal 1961 al 1994, termine della produzione, ben 8 milioni di esemplari al punto di essere stata la vettura francese più venduta. Senza dimenticare il giro del mondo “Elle” di 40.000 chilometri, vanno evidenziate alcune competizioni dove la R4 vi partecipò, come l’East African Safari, il Rally di Montecarlo, la Coppa di Francia e la Parigi Dakar dove si classificò al terzo posto con l’equipaggio dei fratelli Claude e Bernard Marreau. A ragion veduta, potremmo dire che questa vettura avesse un posto guida raccolto, qualche riserva sulla pedaliera ma buoni i comandi, una strumentazione visibile ma mediocre, una buona visibilità dalla parte davanti e una ridotta manutenzione che, ai costi di oggi, non sarebbe da sottovalutare.
Ricordo bene alcuni modelli della R4 in quanto verso metà anni ’70, ne possedetti una di colore bianco, poi sostituita dopo alcuni anni da una di colore bleu e infine la “Savane” che aveva i sedili e altri diversi accorgimenti in tema safari. A quel tempo con quest’ultima mi recai allo zoo e, non avendo chiuso bene i finestrini (non elettrici), ricordo che una giraffa si avvicinò e allungò la lunga lingua all’interno dell’abitacolo sperando di ricevere qualche foglia di acacia, il cibo da loro preferito. Ancora oggi allo zoo nominato “Parco Natura Viva”, non lontano dal lago di Garda, si possono trovare diverse specie di flora e fauna e la possibilità di un Safari Park da attraversare in auto in cui i vari sentieri sono denominati in funzione delle diverse specie di animali presenti. C’è quello dell’Africa, dove a malincuore segnaliamo la morte di Judy (08.2021) una scimmia scimpanzé più anziana d’Europa e di Toby (10.2021) il rinoceronte bianco di 54 anni; poi il sentiero del Madagascar, dell’Oceania e dell’Asia, dove sono nati tre bellissimi cuccioli di tigri siberiane.
Una Renault 4 rossa (colore non casuale), rimasta nella storia e divenuta per molti il simbolo degli anni di piombo, è quella dove nel maggio 1978 fu trovato il corpo senza vita di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana ucciso dalle Brigate Rosse. Si scoprirà che questa vettura era stata rubata ad un certo Filippo Bartoli che avrà poi vita dura per dimostrare la sua innocenza. Successivamente a questo triste evento, questa R4 fu richiesta da collezionisti e produttori cinematografici nonostante fosse stata sventrata da tecnici e artificieri della scientifica. Bartoli però resistette alle offerte e nel 2013 la donò alla Polizia di Stato di Roma che dopo il restauro la espose nel Museo Storico dell’omonima polizia quale ricordo delle atrocità del terrorismo.
Una nota gradevole: Verso la metà degli anni ’80, mio zio Sardo, il cui nome fu un omaggio ad una persona sarda che salvò la vita a mio nonno Aurelio rimasto aggrappato ad un filo dell’alta tensione, aveva la rappresentanza dell’olio per motori ROL OIL e decise di andare a Roma con la gialla R4 aziendale in un giorno d’estate di metà agosto. La meta fu la zona EUR, la “Terza Roma” il cui maggior esponente di quel progetto fu l’architetto Marcello Piacentini (1881/1960). Lo zio lo definì un viaggio tranquillo ma, ancora oggi io mi domando, in quali condizioni fosse arrivato lui considerato che l’aria “condizionata” era solo quella che entrava dai finestrini.
“Perché un uomo d’affari passa dalla sua casa con l’aria condizionata, e poi va in palestra e caccia fuori 50 dollari per sudare?” Bob Pillips
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4 Comments
Gianni
Possedevo anch’io una Renault 4 con cui siamo partiti io e mia moglie per un viaggio estremamente divertente che grazie anche a questo articolo ricordiamo con piacere. Gianni
Giacomo
Il mio capo scout ne aveva una verde menta ( forse riverniciata) mi hai sbloccato un ricordo , grazie Roberto
Lucio
La mia gioventù ha previsto a 21 anni la soglia di maggior età: 1968 ! Le possibilità della mia famiglia mi consentirono di prendere la pat A per permettermi il lusso 😅 di guidare la Vespa 150 di mio papà… 2 anni più tardi, da privatista, ottenni, al 1* tentativo (grazie all’insegnamento di mio papa), sulla sua Fiat 600,la pat B. La mia prima auto me la comprai nel 1971, grazie al primo impiego alle Officine ADIGE. Mi sarebbe piaciuta l’Alfa junior MA, sempre mio padre, mi concesse una A112 nuova, targata VR 310982. È vero, in quegli anni c’erano la 2 CV e la R 4… Erano auto di tendenza soprattutto da chi alla goliardia preferivano i primi Centri Sociali. “ MI era un Mastro Osellador”. Tutto il resto, Roberto, l’hai, come al solito, ben ricordato tu citando la fine dell’ on. Aldo Moro.
Quintarelli Silvano
Se è vero che Dio si nasconde nei particolari (come sostiene un celebre motto) Roberto Gerosa dimostra sempre di essere in sintonia con questo atteggiamento mentale puntando la sua lente d’ingrandimento su dettagli che normalmente vengono trascurati ed aprendo così gli occhi al suo ignaro lettore. Questa volta, per esempio, mi ha aperto gli occhi su una connessione sulla quale sinceramente non avevo mai riflettuto, ovvero la non casualità del colore della R4 usata per far ritrovare il cadavere dell’onorevole Moro, particolare che non ho mai trovato rimarcato in nessun libro dedicato specificatamente all’argomento (per esempio l’ultimo che ho letto, Marco Damilano, Un atomo di verità). Continua così Roberto, continua a stupirci e soprattutto… ad aprirci gli occhi!