” DICA 33 “
Di Dott. Piera VettorI – Castelfranco Veneto Area 1 Veneto Trentino A/A
Si tratta di un grasso, in parte prodotto dal nostro stesso organismo, in parte presente in molti cibi, che quando circola in eccesso nel sangue può depositarsi all’interno delle nostre arterie, di qualunque distretto circolatorio, creando un restringimento al fluire del sangue attraverso la formazione di placche. Talvolta dalle placche ci può essere il rilascio di microscopiche particelle che vanno a fermare la loro corsa in zone lontane con effetti spesso disastrosi. Il tutto, per lo più, o per lungo tempo, senza nessuna sintomatologia per il portatore “soggettivamente sano” di valori elevati di colesterolo.
La “dislipidemia”, termine che configura l’alterazione del metabolismo dei grassi, fa parte dei fattori di rischio cardiovascolare cosiddetti modificabili; le componenti principali sono rappresentate dal colesterolo totale, dal colesterolo HDL (colesterolo buono, cosiddetto “spazzino”) e dal colesterolo LDL (colesterolo “cattivo”, maggior responsabile della formazione della placca).
Il colesterolo viene prodotto prevalentemente di notte (produzione in parte voluta da fattori genetici) ma anche un’eccessiva quantità di cibo assunto con il pasto serale condiziona una maggior produzione endogena di colesterolo.
Oltre alla componente di formazione interna, il colesterolo viene introdotto nel nostro corpo con alimenti quali burro, formaggi, grasso visibile della carne, dolci a base di burro, crostacei, etc.
Le possibili conseguenze sono delle “incrostazioni” delle arterie con riduzione del calibro delle stesse e possibilità di partenza di corpuscoli, quasi sempre in assenza di sintomi se non quando ormai è troppo tardi.
Il cardiologo si pone l’obbiettivo di raggiungere livelli di LDL colesterolo che sono diversi a seconda che si trovi a valutare un soggetto in prevenzione primaria (apparentemente sano) o che invece sia in presenza di un soggetto con rischio cardiovascolare moderato o elevato (per la concomitanza di altri fattori di rischio o nel caso di soggetti cardiopatici in prevenzione secondaria).
Il valore dell’LDL colesterolo è auspicabile intorno a 100 nella popolazione sana in prevenzione primaria, e minori valori sono ”d’obbligo” in prevenzione secondaria (cioè in chi ha già avuto eventi cardiovascolari come infarto, ictus, etc.). L’obbiettivo, al di là del valore numerico dell’LDL colesterolo che le Linee Guida europee e mondiali provvedono a rivedere con periodicità circa biennale, è quello di inquadrare al meglio il soggetto in questione stratificando il suo rischio cardiovascolare individuale.
Qual è la situazione in Italia?
Secondo i dati del Progetto Cuore dell’Istituto Superiore di Sanità, più del 30% della popolazione italiana ha dei valori alti di colesterolo (cfr studi di popolazione del 1998-2001 e 2008-2010, ma anche lo studio Da Vinci del 2019 e lo studio Euroaspire nelle sue varie edizioni). Si confermano dati in crescita e, per la verità, tristemente in linea con l’aumento in percentuale di altri fattori di rischio importanti, come il diabete, il sovrappeso, l’obesità, la sedentarietà, il fumo etc.
Inoltre, molti di questi soggetti con dislipidemia non ne sono consapevoli e molti di coloro che assumono un trattamento non hanno comunque valori adeguatamente controllati – il che peraltro avviene anche per quanto riguarda l’ipertensione: rimane ancora troppo elevata la percentuale dei soggetti inconsapevoli e quella dei molti consapevoli trattati farmacologicamente in maniera non adeguata!
Come si tratta la dislipidemia?
Per prima cosa con l’“adeguamento” degli stili di vita e cioè:
- Alimentazione corretta (sia per qualità del cibo sia per quantità e per orario di assunzione)
- Esercizio fisico aerobico regolare (aumenta il colesterolo buono -il colesterolo HDL)
- Integratori a base di riso rosso fermentato (di solito riducono in maniera significativa l’LDL colesterolo dopo qualche mese di trattamento)
La terapia farmacologica vera e propria (con statine, fibrati ed altri farmaci tra cui quelli che impediscono l’assorbimento intestinale del colesterolo ed altri ancora più nuovi, compresi quelli con azione genetica) va iniziata e va continuata (!!) ogni volta che il soggetto ha già avuto degli eventi (infarti ictus arteriopatie periferiche) o quando davvero il rischio è troppo elevato.
Un cenno merita anche l’ipertrigliceridemia perché spesso è associata alla dislipidemia.
I trigliceridi “derivano” dal metabolismo degli zuccheri e sono fortemente condizionati dal tipo di alimentazione adottata (ad esempio, pane, pasta, dolci alcoolici); elevati valori di trigliceridi aumentano fortemente il rischio cardiovascolare contribuendo con i grassi (colesterolo) a rendere difficile la circolazione del sangue. Un elevato valore di trigliceridi si accompagna anche ad un importante rischio di pancreatite.
In conclusione: l’allungamento della vita media in Italia che è avvenuto negli ultimi decenni per entrambi i generi è un dato incontrovertibile e che fa molto piacere oltre che ben sperare per il futuro; questo, comunque, non ci esonera dal “fare la nostra parte”: noi possiamo migliorare il nostro profilo di rischio cardiovascolare che ha delle ricadute sulla qualità di vita personale e della collettività.
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