Le medaglie e la cultura sportiva
Di Alberto Capilupi – Verona Redazione Gianni Brera Università di Verona – Area1 Veneto Trentino/AA
Alle Olimpiadi non c’è un premio per la rappresentativa che ha più medaglie. Eppure l’aggiornamento sul numero delle medaglie sembra essere la principale preoccupazione informativa di tutti i mass media di tutto il mondo.
Inoltre con questo conteggio di stampo unicamente nazionalistico non si fa tanta distinzione tra uno sport e l’altro. E non è importante se una disciplina sia popolare o meno. Quello che conta è che porti medaglie. Le luci dei riflettori sono riservate unicamente a chi ha conseguito l’oro, l’argento o il bronzo, senza soffermarsi troppo sul valore qualitativo delle prestazioni. Il quarto classificato vale quasi zero: è come se fosse arrivato ultimo. Ad esempio, se tre atleti si piazzassero nei primi tre posti nei 100 metri con un identico tempo di 10” e il quarto arrivasse a circa 10 centimetri con 10”1, la prestazione del quarto non verrebbe tenuta nella minima considerazione, come se quell’atleta fosse stato distanziato di un metro con un tempo di circa 11”. Ma chi commenta così i risultati dimostra di possedere una cultura sportiva? Direi proprio di no, perché chiunque è capace di contare le medaglie, ma non tutti sono in grado di valutare le prestazioni obiettivamente. Perché le valutazioni richiedono competenza specifica: competenza che richiede anni di esperienza sul campo.
Un capitolo a parte si può poi dedicare ai festeggiamenti dei “medagliati”. Spesso nasce infatti una sorta di gara per averli come ospiti in serate dedicate tutte a loro. Ma c’è anche il rovescio della medaglia, perché succede sempre o quasi sempre che chi è andato sul podio per discipline poco popolari in seguito venga totalmente dimenticato o ignorato. Successivamente vien fatto cadere dall’altare alla polvere, quindi, con sua grande delusione.