RUOTE D’ORO – Gold Wheels – Capitolo n. 30
The Lambretta black spot
Di Roberto Gerosa – Verona Area1 Veneto Trentino Alto Adige
La storia di questa Società di scooter iniziò nel 1947, quando Ferdinando Innocenti (1891/1966) uno degli imprenditori italiani più importanti del XX secolo, iniziò ad approfondire il mestiere con la conduzione assieme al padre e al fratello della “Ferramenta Innocenti”. Dal 1920 approfondì l’uso dei tubi in metallo senza saldatura, aprendo un magazzino per la loro commercializzazione dopo essersi trasferito a Roma nel 1923. I tubi in metallo erano costruiti inizialmente dalla Dalmine S.p.A., Società nata nel 1906 che attualmente fa parte del gruppo Tenaris.
Nel 1926 Ferdinando Innocenti aprì anche un’officina per la lavorazione dei tubi acquisendo importanti lavori per il Vaticano e per l’ampliamento degli stadi per i Mondiali di calcio del 1934. In questi anni iniziò un parziale smantellamento degli impianti di Roma trasferendo parte della produzione a Milano concentrando così la propria attività al Nord. Costituì con il fratello Rosolino due distinte Società, una con Sede a Roma, la “Fratelli Innocenti” e l’altra con Sede a Milano, la “Innocenti”. Durante la seconda guerra Mondiale molte fabbriche vennero bombardate e anche questa non fu esentata.
A seguito della ricostruzione post bellica iniziò una riconversione della produzione e, ispirandosi ai motoscooter militari americani, nacque lo scooter Lambretta (nome derivato dal fiume Lambro che scorre nella zona in cui sorgevano gli stabilimenti Milanesi). Il primo modello A (M) fu commercializzato nel 1947 senza però un vero successo mentre il successivo modello B venduto a partire dall’anno seguente, e sempre con motore a due tempi funzionante a miscela (benzina con piccola parte di olio), fu molto apprezzato, anche per il cambio presente sul manubrio e le ruote di diversa misura (8”). Il 1950 vedrà la nascita della versione “vestita”, con la carrozzeria completata, anche per motivi estetici, dalle bande laterali che coprivano il motore e parte del telaio. La produzione proseguì fino agli anni ’60 e tutto come si usa dire, andò a gonfie vele.
Non mancarono le partecipazioni a gare importanti dove La Lambretta 125cc vinse nel ’49 ben 9 record sulla strada Roma-Ostia, mentre nel ’50 con il modello aerodinamico conquistò 22 record mondiali. In seguito però, gli italiani iniziarono ad apprezzare maggiormente le auto e così iniziò il declino degli scooter, tant’è che nel 1972 le linee della Lambretta furono vendute all’indiana SIL (Scooters of India Limited).
Il modello DL “macchia nera”, disegnata dal designer Bertone, fu l’ultimo modello costruito dalla Innocenti tra il 1969 e il 1971 con cilindrate da 125cc, 150cc e 200cc. Questo nome sembra derivare dalla scena immortalata da un fotografo durante l’uccisione di un funzionario dell’Istituto autonomo case popolari (Alessandro Floris) da parte di alcuni terroristi. Cercando di aggrapparsi alla sella della Lambretta, con uno schizzo di sangue imbrattò lo scooter. Altra leggenda narra che a un tecnico della Innocenti, mentre disegnava un bozzetto del modello, cadde dalla penna a china (rapidograph-rotring) una goccia di inchiostro. Il risultato di questo “incidente” piacque così tanto a Bertone che decise di mantenerlo e far applicare “la macchia” sull’originale.
Facendo mente locale ricordai che sulla piazza di Verona esisteva un possessore di questo modello “macchia nera”. Caso vuole che si trattasse dell’attuale Direttore, Massimo Rosa, di questo giornale virtuale “Panathlon Planet Distretto Italia”, che trasmette notizie legate al mondo dello sport. Bingo! Presi in mano il telefono e, grazie alla sua disponibilità, fissammo un incontro in un vicino bar alla sua abitazione. Tra una patatina fritta e un sorso di prosecco, gli chiesi da quanto tempo detiene questo scooter? Lo usa ancora? Quali ricordi piacevoli o spiacevoli ha di questa Lambretta? Le risposte, di seguito, furono precise e “condite” con un pizzico di ironia, classiche caratteristiche dei nati sotto il segno della vergine che anch’io (13 settembre). . . .ci nacqui. Alle prime due domande, rispose che la possedeva dal 1988 e che la usava quasi tutti i giorni. Alla terza, evidenziando che ha solo ricordi piacevoli, mi rispose raccontandomi come un fiume in piena, uno dei suoi ultimi viaggi e cioè quello sullo Stelvio. Accesi il registratore e, click. . .“Sin da quando ero bambino, mio padre mi ci portò. Ricordo come fosse oggi la strada bianca ed i numerosi tornanti che mi conquistarono, segnandomi indelebilmente nella memoria quella nitida fotografia. Da allora lo Stelvio con in suoi 48 tornanti ed i suoi 2.760 metri ha un posto speciale nel mio cuore, anche perché su quella salita fecero la storia del ciclismo campioni come Bartali e Coppi. Ma veniamo ai giorni nostri. La voglia di misurare ancora una volta me stesso e la mia Lambretta 125 Macchia Nera del 1969 ha trovato due amici che hanno sposato questo mio desiderio. Così è nata l’idea di andare sullo Stelvio. I miei compagni di viaggio, collaudati motociclisti: due amici della mia infanzia, l’uno, Francesco Tirozzi, medico, con la sua Guzzi California, l’altro, Luigi De paoli, avvocato, con la sua Piaggio 300, che con un perfetto gioco di squadra, viste le differenze dei nostri mezzi, hanno permesso la riuscita di questo viaggio. La partenza è alle 8.45 di lunedì 29 giugno 2015 da piazza Vittorio Veneto (VR). La strada scelta è la statale del Brennero, che conosciamo a memoria, ricca di piacevoli saliscendi e di curve, esaltanti le traiettorie dei nostri mezzi a due ruote. Alle porte di Trento, città del Castello del Buonconsiglio, eravamo in anticipo di 45 minuti. Minuti persi successivamente a Bolzano verso Merano, in quanto la segnaletica è quella che è, cioè ingannevole, e ci fa perdere l’orientamento, prendendo così una direzione sbagliata. Accortici dell’errore dopo una ventina di minuti riconquistiamo quella giusta. Intanto l’errore ci ha regalato una trentina di chilometri in più. La sosta prevista non può essere che alla Forst, appena fuori dell’abitato meranese. Il ritardo è di un’ora. Poiché nessuno ci corre dietro, sotto gli alberi maestosi del ristorante ci spazzoliamo stinchi e wurstel, innaffiati da una pinta di birra a testa. Nella tabella di marcia stilata si è tenuto conto ovviamente della velocità media della Macchia Nera ed i rifornimenti di benzina, tenendo comunque larghi i tempi. Così tutto avviene in perfetta sintonia. La strada della Val Venosta è magnifica, circondata com’è dalla bellezza dell’ordinata teutonica campagna, impreziosita dalle montagne che le fanno da cornice, un quadro di natura strepitoso, splendido e riposante al contempo, anche se noi siamo impegnati a cavalcare i nostri mezzi. I deliziosi paesi che attraversiamo sono tutti un richiamo a restare. Ma non bisogna abboccare al canto delle sirene, poiché la nostra Itaca è i 2.760 metri del Passo più alto d’Italia. Così si arriva a Prato dello Stelvio, dove abbiamo fatto l’ultimo rifornimento prima di affrontare l’impegnativa salita che ci attende con suoi 48 storici tornanti. Poco dopo, Trafoi, il minuscolo centro dei natali del grande Gustav Thöni, sembra dirci: “Da qui si sale seriamente”. E così è. La Lambretta e le sue due compagne di viaggio, la California e lo Scouterone, sono un solo unicum, quasi che le giovin due ruote si calassero nella parte dei vecchi gregari di Bartali e Coppi per prendere per mano il campione da lanciare nella fuga verso la vittoria del mitico Passo Stelvio. Oggi è il turno della Macchia Nera.
Affrontare salita e tornanti a questo ritmo è una libidine, ti fa sentire re del mondo, e la Lambretta la mia regina. Ci fermiamo al quarantasettesimo tornante per ammirare il panorama mozzafiato dell’Ortles ed i ghirigori dei tornanti appena affrontati. Lo Stelvio è finalmente conquistato alle 17 in punto, come previsto dal ruolino di marcia. Ci fermiamo qualche minuto per bere qualcosa e gettare un occhio al souk di cianfrusaglie-souvenir, quindi via per l’ultimo balzo verso Glorenza passando dalla Svizzera. La strada sembra facile, ma in effetti necessita molta attenzione. Ci sono degli invitanti rettilinei che inducono alla velocità, però devi sempre fare conto con il solito pericoloso tornante in agguato, soprattutto devo dare conti con i freni del mio vecchio mezzo che sono, si può dire, quasi un optional. La vallata che percorriamo è neanche a dire da cartolina. Comunque superiamo Muestair in un battibaleno, anche perché il traffico è inesistente, ed alle 18.45 sediamo a Glorenza davanti al nostro abituale Campari per brindare alla splendida giornata. Il giorno dopo decidiamo di non passare da Bolzano ma di scavalcare il passo Palade (1660 m.) che congiunge l’Alto Adige con la Val di Non. Il panorama è bellissimo. Facciamo una piccola deviazione al Lago Smeraldo, un sito incantevole dove il tempo sembra essersi fermato, mancano solo gli elfi e tutto sembrerebbe una favola. Lì ci regaliamo un momento di relax gustando le forelle (trote) fritte molto buone, innaffiate da un profumato vino bianco altoatesino. C’è un siparietto che precede il nostro pranzo. L’amico Francesco, che ha girato il mondo ma conosce poco o niente il tedesco, anzi per niente, sconosceva cosa fossero le forelle, così il nostro sfottò, durato un bel po’ di tempo, lo porta finalmente a scoprirle, ma soprattutto a gustarle, arricchendo così il proprio scarno vocabolario della lingua dei Nibelunghi. Il ritorno riprende, e puntualmente arriviamo a Verona all’ora prevista. La mia Macchia Nera, ancora una volta, si è mostrata all’altezza dell’impegno richiesto, e come un vecchio innamorato la bacio prima di parcheggiarla per il meritato riposo”.
Dopo i ringraziamenti, appartatomi per segnare alcuni appunti, mi sono detto tra me e me: cavolo! Mica da ridere le “passeggiate” di questi “Bronzi di Riace” diversamente giovani che in tre collezionano oggi ben 230 anni!!
*Ringrazio come sempre tutti i lettori/lettrici e, alcuni di loro, anche per i sempre graditi commenti come quelli di Giacomo, Gianni e Silvano.
*Per annunci di gare/raduni o di richieste, il numero gratuito è 3755459855 tramite WhatsApp.
*Alcuni appuntamenti di settembre: 05 Verona-Vicenza-Padova -scooter- Raid Euganei-Berici. 12 Verona -auto storiche- Rievocazione Salita delle Torricelle. 29/30 Salò (BS) -scooter- Raduno Internazionale Lambretta.
3 Comments
Gianni
Come sempre Roberto Gerosa ci fa rivivere momenti di tempi passati. Molto interessante l’aver inserito anche l’appassionato Massimo Rosa che ci ha deliziato del suo viaggio.
Gianni
Luca Veloso
Dati tecnici e storie di vita. Numeri e passioni. Informazioni e cuore. Pare il racconto di un innamorato con parole al miele sussurrate alla sua donzella: la mitica Lambretta… Grazie
Nicola Leoni
Grande Roberto. E’ come viverle queste Tue sensazioni. i 230 anni sono un optional. L’importante e’ continuare a non sentirli. grazie. Un ciao da Nicola