Qui Lecce – Ludovico Malorgio – Area8
L’idea delle seconde squadre per le società di calcio di serie A e B destò un certo interesse tra gli addetti ai lavori ed anche tra tifosi, in qualche modo curiosi di vedere come si sarebbe sviluppata nel calcio italiano questa nuova iniziativa. L’obiettivo principale era la valorizzazione dei giovani calciatori, soprattutto italiani, e un sostegno concreto alla serie C. Nacque, poco dopo l’eliminazione della Nazionale Italiana dal ”Mondiale 2018′, il progetto delle ‘under 23’ in cui le squadre, partecipanti al campionato di serie C, dovevano avere una precisa fisionomia: 23 giocatori al massimo,19 sotto i 23 anni, 16 cresciuti calcisticamente in Italia, cioè essere stati tesserati Figc per almeno sette anni. Questo avrebbe permesso ai club più importanti della nostra serie A e B , di far giocare i propri giovani in un campionato ben più competitivo del torneo ‘primavera’ . La ‘under 23’, insomma, partendo dal campionato di serie C, sarebbe stato un ‘laboratorio’ altamente formativo per giovani calciatori da lanciare nella mischia al momento giusto o in caso di necessità. Nelle intenzioni, quindi, si trattava di una idea perfetta ed anche il regolamento era stato ampiamente condiviso. A più di due anni di distanza, viene da chiedersi perché solo la Juventus abbia creato la sua squadra ‘under 23′, e perché il Milan, l’Inter, la Roma e l’Atalanta, all’ origine, tra le più interessate, si siano tutte defilate. Sarebbe semplicistico dire che nel Dna della Juventus, espressione di un mondo di grande respiro imprenditoriale, l’innovazione e la sperimentazione siano state considerate indispensabili strumenti di crescita. In realtà, i motivi della rinuncia delle altre società sono altri e riguardano specificamente l’aspetto economico. Tra iscrizione al campionato, calcio mercato, trasferte, stipendi di calciatori e staff tecnico, un campionato di serie C costa ben più di 3 milioni l’anno per una stagione di metà classifica. E tutto, ovviamente, senza entrate significative derivanti dal merchandising e dalla biglietteria. Per questo, la partecipazione di una seconda squadra al torneo di Serie C esponeva le società al rischio di una perdita sicura. L’unica grande società italiana che ha affrontato questo rischio é stata la Juventus. Le altre, che pure avevano questa possibilità, hanno tirato i remi in barca, preferendo mandare i loro giovani in serie C a ‘farsi le ossa’, continuando la politica dei prestiti ben accolta dalle società minori, che spesso per l’utilizzo di quei giocatori si vedono corrispondere un premio valorizzazione. L’esperimento delle ‘squadre B’ nel calcio italiano, insomma, si é rivelato un vero e proprio fallimento! Non per la Juventus che, invece, ne avrebbe tratto grossi vantaggi economici. Per la società bianconera, sostengono in molti, la ‘under 23’ è diventato uno strumento importante per giustificare l’altissimo numero di tesserati e, soprattutto, per generare plusvalenze con giocatori, con un buon curriculum, in attesa di trasferimento.
In realtà, é sotto gli occhi di tutti, la Juve ha messo in vetrina i suoi gioielli passati dalla formazione ‘Under 23’ alla prima squadra o temporaneamente ad altre società: Fagioli, Frabotta, Di Pardo, Dragusin, Rafia, Wesley, Da Graga, Zanimacchia, Muratore, Portanova. E questi sono fatti, non chiacchiere da bar. Per gli effetti non scaturiti da questo progetto, si può si può dire, dunque, che la riforma non abbia prodotto alcun giovamento al calcio italiano, ma ciò é ascrivibile alla mancanza di coraggio (e di soldi) delle società italiane soffocate dai debiti. Chi, invece, questo coraggio lo ha mostrato ed ha corso il rischio, cioè la Juventus, ne sta traendo i frutti. Riporto, per concludere, una dichiarazione di Andrea Agnelli, presidente della Juventus, che può essere considerata il ‘manifesto’ delle seconde squadre. “Abbiamo sempre creduto in questo progetto. Vedere Portanova, Dragusin, Fagioli e Frabotta, ed altri giovani della nostra ‘under 23’, in prima squadra fa enorme piacere, sono giocatori utili che diventeranno funzionali. Mi auguro che altre società seguano il nostro esempio. Portare 2-3 giocatori in prima squadra sarebbe molto importante per le nostre nazionali. Da tempo avevamo capito che molti giocatori si perdevano nel percorso dei prestiti. In questi anni abbiamo dato giocatori utili agli allenamenti della prima squadra e giocatori al mercato. Il nostro percorso continua, il progetto é in crescita>>.
P.S. A conferma della bontà dell’iniziativa della Juventus, nell’anno 2000 in una mia lunga intervista al presidente dell’Hellas Verona, Giambattista Pastorello, a proposito dell’argomento U/23 in altri Paesi, così rispondeva: In Spagna tutti i club hanno una seconda squadra che partecipa ad un campionato tipo serie B e, anche chi vince questo speciale campionato, non viene promossa, lo vince e basta. Cosa vuol dire: facciamo noi un campionato di serie C, ma con i ragazzi della Primavera, allora avrebbe un senso, perché espleterebbe una funzione. Questo accadeva 21 anni fa, ma nulla è cambiato, fatto salvo la Vecchia Signora. Che poi tanto vecchia non è…anzi MR/Direttore