Qui Lecce – Ludovico Malorgio
La foto che ritrae Fausto Coppi e Gino Bartali, mentre si scambiano la borraccia in corsa, é considerata un esempio straordinario di fair play nello sport, un leggendario modello di lealtà e rispetto tra avversari. E Coppi e Bartali sono stati avversari nel senso più autentico del termine. La loro storia sportiva é densa di gesti ed episodi, che dimostrano quali livelli di competitività e ‘avversione’ avesse raggiunto la loro rivalità sportiva. Si narra, per esempio, che in una durissima tappa alpina Coppi preso dai crampi aveva deciso di abbandonare il Giro. ‘Ginettaccio’ lo spronò duramente e gli lanciò una palla di neve, invitandolo a proseguire e definendolo ‘acquaiolo’, che nel gergo significava ‘portaboracce’, cioè gregario fornitore di acqua ai corridori più forti.
Tra i due campioni, nonostante le continue schermaglie, comunque, non venne mai meno il rispetto per l’altro e, forse, anche un’intima reciproca ammirazione, sfociata nel mitico gesto di fair play, immortalato da un fotografo durante l’ascesa al Col du Galiber al Tour de France del 1952, e pubblicato dal settimanale “Lo sport illustrato” (1913-1966). Questo episodio di fair play é considerato il più celebre e significativo della storia dello sport, secondo forse solo a quello che, alle olimpiadi del 1936, coinvolse l’americano Jesse Owens e il tedesco Carl Ludwig Long, detto Luz, nella semifinale del salto in lungo. I due fatti, accaduti nel secolo scorso, vengono raccontati soprattutto ai ragazzi per spiegare la differenza che passa tra nemico e avversario. Coppi, il campionissimo, e ‘ Ginettaccio’ Bartali, in effetti, non si amarono, ma nemmeno si odiarono. Furono grandi avversari, mai nemici. Le loro mirabili imprese accendevano roventi polemiche tra i loro tifosi, coppiani e bartaliani, che spesso sfociavano in vere zuffe. Nel Tour del 1952, anno in cui Coppi per la seconda volta fece l’accoppiata Giro-Tour, questa rivalità esplose in modo particolarmente violento, nonostante i due campioni fossero compagni di squadra nella rappresentativa nazionale, che partecipava alla ‘Grand Boucle’.
Si racconta che, proprio per stemperare le tensioni tra i tifosi di Gino e Fausto, il fotografo Carlo Martini, il 4 luglio 1952, nel corso della tappa Losanna-Alpe d’Huez, ebbe la geniale idea di far compiere ai due campioni rivali un gesto di grande cameratismo e propose il passaggio della boraccia. Coppi e Bartali, consapevoli della necessità di rasserenare gli animi dei loro tifosi, accettarono la proposta di Martini, che scattò la foto diventata negli anni un cult del fair play nello sport. Su questo episodio sono rimasti aperti due interrogativi. Il primo riguarda quale dei due campioni passò la borraccia all’altro. Il dubbio è rimasto per sempre, in quanto né Fausto, morto otto anni dopo, né Gino, fra ammiccamenti e mezze verità e nemmeno Martini vollero mai chiarire questo mistero. Il secondo nodo mai sciolto su questo gesto costruito a tavolino riguarda la temporalità. Secondo Gianpaolo Ormezzano, giornalista e scrittore, storico direttore di ‘Tuttosport’, infatti, l’episodio in questione era già accaduto nella tappa precedente, ma nessuno era riuscito a fotografare o riprendere la scena. Fu così che un cineoperatore di nome Chiaradia propose a Bartali e Coppi di ripeterla il giorno dopo. Gino e Fausto furono d’accordo e quel fatidico 4 luglio ripeterono, sotto scatto, il passaggio della borraccia, che in realtà fu una bottiglia. La paternità del passaggio é stata attribuita a Bartali. In entrambi i casi é evidente che questo leggendario gesto di fair play sarebbe stato inventato per ragioni propagandistiche, anche se motivate da un nobile scopo. Ciò toglierebbe l’alone del mito a quella foto, che però resta come straordinaria testimonianza di valori e sentimenti condivisi dai due acerrimi rivali, che accettarono di farla.
A margine di questa piccola-grande storia, mi é tornata alla mente una valutazione di merito in cui sono incappato più volte: Coppi é il più grande corridore della storia del ciclismo, Eddy Merckx é il più forte corridore di tutti i tempi. Credo che sia difficile capire e condividere questa distinzione attribuita a tre grandi giornalisti del ciclismo internazionale: Jacques Goddet (1995/2000 storico direttore e patron del Tour de France), Bruno Raschi (1923/1983 inviato de ‘La Gazzetta dello sport’, braccio destro di Vincenzo Torriani, patron del Giro) e Gianpaolo Ormezzano ( Oggi 85enne, editorialista de ‘La stampa’).Questo distinguo sembra un gioco di parole, un escamotage semantico escogitato, probabilmente da uno dei tre storici giornalisti, per togliersi dall’impaccio di assegnare la palma del migliore in assoluto ad uno dei due campioni. Sta di fatto che Fausto é universalmente riconosciuto come il ‘campionissimo’, mentre Merckx é solo il ‘cannibale’, un termine coniato, probabilmente, per la ‘strage’ di vittorie compiuta in carriera. Il 2 gennaio 1960 Fausto Coppi morì per una banale malaria e il grande Orio Vergani,inviato del ‘Corriere della sera’, celebrò la sua morte con la frase ormai leggendaria: ‘Il grande airone ha chiuso le ali’. Coppi si era guadagnato questo soprannome, perché era tanto elegante in bicicletta quanto goffo in abiti civili; proprio come un airone splendido in volo e sgraziato a terra. Ma tornando al dilemma, Coppi il più grande e Merckx il più forte. Penso che Coppi sia stato l’uno e l’altro. Il più grande per le leggendarie imprese compiute, il più forte per le sfide vinte su strade al limite dell’impossibile e mezzi meccanici approssimativi, in un ciclismo ‘eroico’ da epopea del sacrificio’, qual é stato fino agli anni ’50. Sì, Coppil ‘campionissimo’ insuperato. E’ vero, comunque, che anche Eddy Merkx , come Fausto, ha vinto tutto, Giri, Tour, classiche e ‘mondiali’, ma Coppi ha fatto di più. E’ stato, con Gino Bartali, ‘campione di fair play’. Un titolo che non figura nel palmares, ma alberga nel cuore di tutti gli sportivi.
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