-Qui Verona, Romano Mattè/Redazione Gianni Brera–
Nel nostro calcio si confrontano due filosofie tattiche: quella dei cosiddetti “risultatisti” (i testimonial più importanti sono Allegri e Conte) e quella dei “giochisti” o degli “estetizzanti” (il guru Sarri con alcuni giovani adepti, De Zerbi, Di Francesco e altri).
Le società italiane hanno capito che il business sta nel gol: c’è il tentativo e la voglia di vincere divertendo, di produrre un calcio più spettacolare, più accattivante, più spendibile sulla piattaforma mediatica mondiale, dove siamo passati al quinto posto, superati anche dalla Francia.
Che la cosa funzioni è tutto un altro discorso! L’avvento della Tv, la nuova regola sui rigori (il braccio largo viene sempre punito), l’apporto della tecnologia per cui i difensori, che temono di essere beccati dal Var marcano a due metri, le nuove regole che agevolano sempre gli attaccanti, tutto questo ha innescato una rivalutazione tecnico-tattica irreversibile. Pochi però hanno sottolineato un dato importante e significativo. Dopo ben undici anni in cui la classifica dei marcatori era vinta da giocatori che non militavano nelle squadre di vertice (Cavani, Di Natale, Icardi, Higuain, tanto per citarne alcuni), ora i predatori d’area, i finalizzatori appartengono tutti alle squadre che puntano decisamente allo scudetto o alle Coppe europee.
Tutto questo cosa ci dice? Significa che il gioco, al di là di una falsa narrazione mediatica, è cambiato, si è essenzializzato, verticalizzato, velocizzato per consentire ai propri attaccanti di segnare di più. Mai così tanti gol da 70 anni a questa parte. Questa è la vera trasformazione, al di là dello scontro tra le due filosofie di gioco. Un conto è la metafisica narrazione, un altro è la cruda e prosaica realtà del campo: vi è meno poesia e più prosa.
Il livornese Allegri è un “risultatista” (ricordare il paradigma bonipertiano: il risultato non è la cosa più importante ma è la sola cosa che conta!), ama un calcio essenziale, pragmatico, concreto, poco dialogato, tutto teso al risultato, raramente spettacolare. Però fa giocare gli uomini più in forma e quelli più adatto a vincere quella determinata partita; ogni gara fa storia a sé e pertanto vi è un ricordo massiccio al turnover (più del 25 per cento rispetto a Sarri) con una maggiore e una più equa distribuzione del dispendio psico-energetico su tutta la rosa a disposizione.
Sarri, per contro, è un “giochista”, un “estetizzante”. Tenta di coniugare, non sempre riuscendoci, spettacolo e risultato. Mette in campo i giocatori che meglio interpretano la sua idea di calcio. In altri termini, vuole fare indossare ai propri uomini un vestito tattico cui tutti devono adattarsi. Il suo è un calcio “ideologico” che, come tutte le ideologie, tende ad accecare. E’ preda di una furia creativa simile a quella dell’artista che si accinge a creare un’opera d’arte. Questa filosofia tattica brucia il turnover e pertanto, alla lunga, penalizza sul piano psicofisico il gruppo- base; ed è proprio questo un altro suo grande limite.
Detto della contrapposizione tra le due filosofie tattiche, qual è quella abbracciata da Juric? Per le caratteristiche atletico-tecnico-caratteriali che Juric predilige nella scelta degli uomini, per la ferrea, rigorosa, maniacale organizzazione tattica soprattutto nella fase di non possesso palla, per la dura metodologia di lavoro, per la scelta di costruire gioco “sul lungo” anziché costruire “dal basso”, pur non avendo davanti uomini in grado di domare e ripulire questi palloni (solo il 30% viene sfruttato in avanti!) ritengo che il tecnico croato sia essenzialmente un “risultatista”. Il suo calcio è pure bello esteticamente ma di per sé stesso non ha l’estetica come fine ma come mezzo. E’ a volte anche spettacolare, quando gli uomini sono al top della condizione e quando la manovra avvolgente abbraccia l’ampiezza totale del campo ma il gioco è teso al risultato, tant’è che l’Hellas ha ancora la quarta migliore difesa del campionato. E questo la dice lunga: non è ricerca della poesia ma è, piuttosto, ricerca di una realistica prosa.