-di Matteo Contessa–
In un mondo nel quale la cibernetica e la realtà virtuale alzano costantemente, un giorno dopo l’altro, l’asticella dell’innovazione scientifica, tecnologica e della loro commistione nella nostra vita di tutti i giorni, lo sport non può sentirsi avulso da questi cambiamenti. E infatti ormai da qualche anno di fianco a quello tradizionale si è affermato l’e-Sport, quello praticato attraverso giochi o attrezzature elettroniche. Bastano alcune cifre per avere un’idea di cosa stiamo parlando: nel 2020 il settore ha avuto nel mondo un bacino di quasi mezzo miliardo di persone, fra praticanti regolari e occasionali, con un fatturato globale che ha sfiorato il miliardo e mezzo di dollari.
In Europa il numero degli appassionati (comprendendo praticanti di e-Sports e giocatori di videogames per puro diletto) è stato di oltre 90 milioni, 33 dei quali praticanti assidui, con fatturato di 974 milioni di dollari che entro il 2023 arriveranno, secondo le stime, a 1,6 miliardi di dollari. Una cifra, quest’ultima, addirittura sottostimata se l’Italia, uno dei 10 Paesi esaminati nel continente, da sola ha fatturato già nel 2020 1,7 miliardi di euro e con un numero complessivo di fan, fra praticanti assidui, sporadici e spettatori di circa 37 milioni, cioè il 40% dell’intero seguito europeo. Insomma, non esattamente bruscolini…
I puristi dello sport storcono il naso quando si tratta di dare agli sport elettronici dignità pari a quelli tradizionali. Perché la dicitura e-Sports viene tradotta con videogames, cioè passatempi elettronici che niente hanno a che fare, sostengono, con lo sport “vero” il quale secondo la definizione del vocabolario Treccani è “l’attività intesa a sviluppare le capacità fisiche e insieme psichiche, e il complesso degli esercizi e delle manifestazioni soprattutto agonistiche in cui tale attività si realizza, praticati nel rispetto di regole codificate da appositi enti”. Ma proprio guardando a questa definizione la questione non si rivela così semplice, se tanto il Cio quanto i vari Comitati olimpici nazionali la stanno esaminando con attenzione allo scopo di accogliere gli e-Sports, per mezzo di federazioni sportive regolarmente costituite, nella grande famiglia olimpica. E se l’obiettivo è addirittura quello di inserirli nei programmi olimpici già entro questo decennio. Esclusi i Giochi estivi di Tokyo 2021 e Parigi 2024, e quelli invernali di Pechino 2022, per i quali le liste delle discipline ammesse sono già definite ufficialmente, è già più di un auspicio fare debuttare gli sport elettronici nelle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina del 2026 o al massimo in quelle estive di Los Angeles del 2028.
Vale la pena allora fare un po’ di chiarezza su tutto il tema. Ci aiuta a capire Maurizio Miazga, Segretario Generale dell’italiana Federesports e Direttore Esecutivo del Comitato Promotore e-Sports Italia, creato per chiedere al Coni il riconoscimento ufficiale degli sport elettronici e l’affiliazione con una sua Federazione. “Dallo scorso anno il Cio – spiega – ha deciso di suddividere i videogames in quattro segmenti: i simulatori di gioco che riproducono una disciplina tradizionale (bob, sci, automobilismo, motociclismo, vela, ciclismo, tanto per fare degli esempi, ndr), con i quali un atleta compie materialmente il gesto sportivo, pur se davanti a un campo di gara virtuale riportato su uno schermo, e che sono quindi considerati sport a tutti gli effetti; i videogames che attraverso un apparato elettronico riproducono uno sport, anche senza simulatore (Fifa, Pes, Nba, ad esempio); i videogames di intrattenimento con i quali però si svolgono competizioni, pur se senza alcuna attinenza con sport tradizionali (League of Legends, Dota 2, Fortnite, ecc.); i videogames di puro intrattenimento (Pokemon, Mario, ecc.) considerati non competitivi”. Soltanto i primi due di questi segmenti sono considerati e-Sports, rientrando nel concetto di sport come inteso dal Cio. Gli altri due sono qualificati dall’ente supremo sportivo mondiale come “gaming”, niente più che passatempi.
Restringendo la prospettiva del fenomeno e-Sports al solo nostro Paese, come dicevamo sopra la pratica tanto sportiva, quanto amatoriale è molto diffusa, tanto da essere all’avanguardia europea. Oggi in Italia sono quasi 150mila i praticanti assidui, si organizzano campionati italiani che sono anche selezioni per le squadre nazionali che poi partecipano alle manifestazioni internazionali. Non cose di poco conto. Solo un dato, per avere un’idea: nell’ottobre 2020 è stata organizzata una regata velica virtuale da Genova a Trieste, navigando su una mappa informatica dettagliata e perfettamente realistica dei mari d’Italia. Ebbene, sono stati ben 20mila i velisti virtuali di diversi Paesi che si sono sfidati attraverso Mar Ligure, Tirreno, Jonio e Adriatico per giungere al Golfo di Trieste.
La prima competizione vide la luce nel lontano 1983 a opera della Magnum dello stesso Maurizio Miazga: il campionato italiano di videogiochi svolto in diverse discoteche con consolle Videopac e Cannibal come gioco predefinito. Da allora è stato tutto un fiorire di società, federazioni informali, associazioni e simili che cercarono di canalizzare un fiume crescente di appassionati e manifestazioni che però non seguivano regole univoche, ma andavano un po’ a briglia sciolta, ognuna per sé e Dio per tutti. Finchè, nel 2017, Maurizio Miazga, la Fiera di Bologna (nella persona dell’Amministratore Delegato Antonio Bruzzone), Michele Barbone, allora presidente della Federazione Italiana Danza Sportiva, l’avvocato Gian Carlo Guarino e la dottoressa Daniela Lorefice, ai quali si è successivamente aggiunto il Presidente della Federcronometristi, Gianfranco Ravà, hanno fondato la Federesports. L’unica, fra i vari soggetti catalizzatori esistenti oggi in Italia, ad essere strutturata come una vera federazione sportiva.
“Oltre ad avere regole codificate – sottolinea Maurizio Miazga, che ne ricopre il ruolo di Segretario Generale – la Federesports è composta da oltre 60 persone, ha creato comitati tecnici nei vari settori indispensabili come Salute e Benessere, Integrity, Scuola e Giovani, Organizzazione Competizioni, ed altri, tutti composti da persone altamente qualificate, e dispone anche di un Centro Studi coordinato da Eurispes e al quale collaborano diverse Università degli Studi italiane. Una delle nostre mission è quella di portare i videogiocatori alla pratica dello sport tradizionale. Un percorso del quale il videogioco è il passo iniziale, ma la successiva specializzazione con l’e-Sports rappresenta il processo di progressione e crescita. Quindi – sostiene – non vogliamo allontanare i ragazzi dalla pratica sportiva e inchiodarli davanti a uno schermo, ma semmai fare il contrario: partendo dall’iniziale pratica del videogioco, arrivare alla pratica sportiva vera e propria attraverso un percorso di crescita con la fase intermedia dell’e-Sports. E infatti questo aspetto piace molto alle federazioni sportive con le quali ci stiamo rapportando”.
Oggi sono oltre 400 associazioni affiliate alla Federesports con più di 6mila atleti tesserati che praticano attività con costanza. “Ma è un numero destinato a crescere perché abbiamo in agenda attività promozionali – afferma Miazga -. Il bacino di raccolta dal quale pescare è triplo: il primo è quello di chi già pratica abitualmente e-Sports, ma singolarmente o in gruppi informali, ancora senza tesseramento; il secondo è dato da tutti i tesserati di società sportive tradizionali che vogliono avvicinarsi all’e-Sports e affiancare questa pratica a quella che già svolgono; il terzo è quello degli studenti, che vogliamo avvicinare e per i quali faremo un’attività promozionale nella scuola”. L’obiettivo è quello di avere nel 2026 almeno 300mila tesserati. “Abbiamo due ambasciatori che ci aiutano in questo: l’ex pilota di Formula Uno Jarno Trulli, interessato a insegnare ai ragazzi il concetto di rispetto delle regole, e l’ex schermidore azzurro Salvatore Sanzo (che tra l’altro oggi è Presidente regionale del Coni in Toscana, nonché Segretario generale della federazione Italiana Canoa e Kajak, ndr) che vuole promuovere l’attività sportiva nei giovanissimi. E in più abbiamo avviato una partnership con la Federazione Italiana Cronometristi, perché dal maggio 2019 sono loro i giudici nelle nostre manifestazioni più importanti, per certificare i risultati finali”.
La struttura c’è, adesso manca soltanto il riconoscimento ufficiale del Coni per gli sport elettronici e l’accoglimento nella famiglia olimpica italiana attraverso una federazione creata ad hoc. In questo senso l’iniziativa è partita e il presidente Giovanni Malagò ha mostrato forte interesse. Nella costellazione dei soggetti che in Italia si occupano di competizioni di sport elettronici era necessario quindi creare un soggetto di sintesi, diciamo così, che rappresentando tutti diventasse l’interlocutore ufficiale del Foro Italico. Per questo soggetto si è scelta la formula del Comitato Promotore, che darà vita poi alla federazione unica. Al riguardo, il 14 maggio 2020 c’è stata la determina da parte della Giunta Coni di procedere assieme al Comitato Promotore E-Sports Italia per arrivare a un traguardo condiviso. L’auspicio del Comitato Promotore è di arrivare al riconoscimento ufficiale del Coni entro la fine dell’anno appena iniziato.
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