–Di Maurizio Monego Segretario Fondazione Domenico Chiesa–
Come è nata.
Dalla denominazione si coglie la natura di questa Fondazione: è organicamente funzionale al Panathlon International e dedicata al mecenate che l’ha resa possibile. Domenico Chiesa, fra i fondatori del Club di Venezia ha servito il Panathlon per tutta la vita a partire da quel 12 Giugno 1951. Ha ricoperto con continuità incarichi i più diversi, da segretario a consigliere, a vice presidente internazionale e Socio Onorario Co-fondatore. Dopo la sua improvvisa scomparsa (19 Novembre 1994) si scoprì che egli era l’anonimo mecenate da lui invocato nella Relazione del Consiglio Centrale all’Assemblea di Rapallo (4-5 giugno 1994). A rivelare che quel mecenate era lo stesso Domenico Chiesa l’articolo che Antonio Spallino pubblicò nel n. 1/1995, (pgg. 3-4) scritto per ricordare lo scomparso. Di quella volontà non esisteva traccia scritta. Venuta a conoscenza del desiderio del congiunto, la famiglia Chiesa volle con generosità onorarlo devolvendo la cospicua cifra di 400 milioni di lire – era il 1997 – con la condizione che il Panathlon International incrementasse quel capitale con un apporto non inferiore alla metà del lascito. I 200 milioni furono raccolti dai club e da singoli panathleti esprimendo la volontà di dotare il Panathlon di uno strumento utile per la diffusione dei suoi valori.
La finalità.
Nell’atto costitutivo la finalità è “la realizzazione di un premio da assegnare periodicamente ad una o più opere di arte visiva ispirate allo sport”. La Fondazione “potrà altresì promuovere altre iniziative e pubblicazioni culturali finalizzate al conseguimento degli obbiettivi fissati nello statuto del “Panathlon International”, (…) “qualora il loro finanziamento venga assicurato dai frutti di risorse diverse” da quelle provenienti dall’investimento del capitale iniziale, che rimane “intangibile”, o da sponsorizzazioni.
La base culturale dell’operazione.
Pierre De Coubertin nell’ideare la nascita delle Olimpiadi moderne si ispirava al concetto di paidéia (παιδεία) ovvero di formazione, educazione, secondo il modello pedagogico diffuso nell’Atene del V sec. a.C. Ricordiamo che nella seconda metà dell’Ottocento europeo era forte il richiamo ai valori di armonia che tanti scavi archeologici evocavano. Si pensi alle scoperte di Heinrich Schliemann a Troia, Micene, Tirinto e di Ernst Curtius a Olimpia con il ritrovamento dell’Ermes con Dioniso di Prassitele (Foto), che stimolarono grande interesse per la civiltà greca. Era forte in De Coubertin nel far rinascere lo spirito di Olimpia l’idea di coniugare Arte e Sport. La storia delle Olimpiadi dell’Arte o delle manifestazioni culturali connesse con i Giochi Olimpici fra il 1912 e il 1948 sono note. I tentativi di ripristinarle a complemento delle Olimpiadi furono numerosi ed ebbero alterne fortune.
È interessante qui ricordare come, nell’ambito della XXXII Assemblea generale del Panathlon International svoltasi a Trieste nel Maggio 1986, si tenne una tavola rotonda sul tema “Il ripristino dei concorsi d’arte nell’ambito dei Giochi Olimpici”, citata non solo nella Rivista del P.I., ma anche nell’Enciclopedia dello Sport della Treccani. In quell’occasione, che celebrava il trentennale del Club di Trieste, si ebbe l’inaugurazione della statua “La nuotatrice” opera dello scultore Ugo Carà (fOTO). Nel numero 11 – Dicembre 1986 della Rivista sono riportati gli interventi di Sisto Favre (“Le arti e i Giochi Olimpici”), Jean François Pahud (“Considerazioni storiche e filosofiche”), Henrique Nicolini (“Arte, Sport e Olimpismo”), di Christian Garrabos (“Miti e immagini sportive del XX secolo”) e la “risoluzione finale” di quella tavola rotonda nel Palazzo dei Congressi. La risoluzione auspicava il ripristino dei concorsi d’arte associati ai Giochi Olimpici, a partire da quelli di Barcellona. I concorsi “riguardino l’architettura, l’arte dell’arredamento e il design, la scultura, la pittura, la musica, la danza, la letteratura, la fotografia, la cinematografia e la televisione, avendo come unica limitazione il fatto di essere ispirati all’idea sportiva”.
Di assoluto rilievo, nel Giugno successivo, fu la “XI Mostra Arte e Sport” allestita a Palazzo Strozzi dal Panathlon Club Firenze (Foto). Circa 200 le opere esposte provenienti dal concorso precedentemente bandito, accanto alle quali, fuori concorso, comparvero opere di insigni artisti: Renato Guttuso, Franco Messina, Giacomo Manzù, Aligi Sassu, Emilio Greco, Primo Conti, Antonio Berti, Giuseppe Cesetti, Ugo Attardi, Gastone Breddo, Giovanni Colacicchi, Gianni Dova, Pericle Fazzini, Mario Rossello, Mimmo Rotella. La premiazione, sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica si tenne nel Salone dei Dugento in Palazzo Vecchio. Per oltre trent’anni il club svolge questa meritoria attività e sempre ad alto o altissimo livello.
Il sogno di Domenico Chiesa.
Nel clima culturale descritto Domenico Chiesa sognava di poter trovare una collaborazione permanente con la Biennale di Venezia premiando opere che fossero ispirate allo sport e ai suoi valori. Ci credeva talmente che finanziò la Fondazione che si sarebbe creata ad hoc nei modi e con le risorse su descritti.
La storia recente.
Nelle celebrazioni del Cinquantenario del Club di Venezia, la Fondazione realizzò la prima edizione del premio che Domenico Chiesa sognava (Foto). Lo si dovette all’impegno del Presidente Vittorio Adorni, di Antonio Spallino che guidava la Commissione Culturale del P.I. e del Club di Venezia. Fin dalle prime riunioni con il Prof. Paolo Baratta, presidente della Biennale e con il direttore del settore Arti visive, Hararald Szeemann, l’impegno si presentò improbo. Alla fine la giuria internazionale guidata da Szeemann scelse e il premiato fu lo svizzero Urs Luhti per una installazione che occupava l’intero padiglione svizzero ai Giardini della Biennale. Fu una premiazione solenne nell’ambito della celebrazione dei cinquant’anni del club nella Sala dello Scrutinio in Palazzo Ducale. Le considerazioni successive che la Fondazione fece evidenziarono l’impossibilità di mantenere un simile impegno anche solo ogni quattro anni: troppo oneroso in assoluto e sproporzionata la visibilità che si sarebbe potuta ottenere in edizioni future. I tempi erano cambiati. L’arte contemporanea e di avanguardia non poteva ammettere mostre a tema e lo sport poteva al più essere metafora per rappresentare istanze sociali o principi umani drammaticamente violati. Per questo la Fondazione cambiò passo e ideò il “Concorso internazionale di arti grafiche”, che per anni ha consentito ai club di entrare nelle scuole superiori ad organizzare incontri con gli studenti e sfidarli a rendere sulla tela o su carta i valori e le suggestioni percepite nello sport. Le 18 edizioni che hanno coinvolto i club a partire dal 2003 hanno prodotto risultati apprezzabili dal punto di vista formale, pur fra alti e bassi e la Fondazione ha avuto la soddisfazione di esporre una antologica delle opere migliori di 17 edizioni al Museo Olimpico di Losanna, con una mostra molto visitata e apprezzata in ambito CIO, tanto da indurre il Comitato organizzatore dei Giochi Olimpici della Gioventù invernali, svoltisi a Losanna a selezionare 4 opere esposte, insieme alle carte panathletiche e ai nostri simboli e pubblicazioni nello stand che i panathleti di Losanna hanno allestito e presidiato nella città vecchia dove federazioni sportive internazionali e associazioni culturali erano presenti.
L’ultima edizione del Concorso, che pure seguiva alcune edizioni positivamente partecipate e qualitativamente fra le migliori, ha visto una caduta dell’internazionalità, che ha indotto il CdA della Fondazione a sospendere il concorso 2019-2020, che si sarebbe dovuto premiare in quest’anno di pandemia. Una scelta di coerenza considerando che l’internazionalità dell’ultimo concorso non poteva giustificarsi con la presenza di un solo paese (Cile) extra Italia. Scelta che, purtroppo, si è rivelata anche involontariamente profetica.
Il futuro della Fondazione.
Stante la natura e i vincoli della Fondazione, il CdA che sarà nominato dal Consiglio del Panathlon Internazionale per il quadriennio iniziato con le elezioni di Osimo, dovrà riprendere l’attività recependo le ultime decisioni prese di allargare la gamma delle attività a molteplici campi delle Arti visive, che tengano conto dei più moderni mezzi legati all’informatica e aperte a contributi di idee e proposte che la base stessa del P.I. potrà proporre. Attualmente il vincolo più cogente sono le risorse economiche. In tempi in cui i rendimenti dell’investimento di capitale sono esigui, occorre che il P.I. supporti la Fondazione affidandole la realizzazione di parte delle attività culturali, come campagne promozionali o altro. In un rapporto, che in certa misura già esiste, ma che dovrebbe forse essere organicamente definito.
I club e i panathleti hanno la possibilità di contribuire nelle forme fino ad ora previste. I Domenico Chiesa Awards, che Vittorio Adorni lanciò, su modello di quanto esiste nei club service più importanti, per omaggiare personalità, panathletiche e non, che abbiano significativamente contribuito a diffondere la cultura del Panathlon e i valori dell’Olimpismo, sono un prestigioso riconoscimento, secondo solo al Flambeau d’Or. Nel sito web è possibile effettuare donazioni come “Amici o Sostenitori della Fondazione”. Se i club e i panathleti riusciranno a percepire la Fondazione come una propria risorsa e questa saprà proporre progetti utili alle attività dei club stessi, le azioni che il P.I. saprà sviluppare ne riceveranno un beneficio non trascurabile.