-di Giorgio Ambrogi–
Nella storica giornata in cui la francese Stephanie Frappart, in occasione di Juventus-Dinamo Kiev, è diventata il primo femminile a dirigere un incontro di Champions League, il Panathlon Club di Milano ha regalato ai panathleti d’Italia una serata online dal titolo ‘Tutto lo sport di Radio Rai al femminile’.
Intervistate dal presidente del Club, Filippo Grassia, hanno raccontato la loro esperienza Manuela Collazzo, Rita Lucido e Sara Meini voci di ‘Sabato e Domenica Sport’, ‘Tutto il calcio minuto per minuto’ e ‘Palasport’. Con loro Filippo Corsini, responsabile dello sport di Radio Rai e conduttore di ‘Tutto il calcio minuto per minuto’, che ha avuto il grande merito di valorizzare queste “ragazze” e imporle nelle radiocronache, un tempo enclave maschile. Una scelta che Corsini ha voluto rafforzare con la dedica fatta a loro al momento del ritiro del Premio Biagio Agnes 2020 conferito alla trasmissione nata il 10 gennaio 1960. La serata del Panathlon è iniziata proprio con Corsini che ha spiegato come sia stato per lui naturale avvalersi della bravura e della competenza delle colleghe. “Anzi, avrei avuto delle colpe se tutto ciò non fosse avvenuto e se la loro professionalità e il loro lavoro non avessero trovato sbocco continuativo e naturale nelle radiocronache e nei racconti di Radio 1”. Una scelta, la sua, fatta sulla scia della bravura di altre giornaliste che fanno parte della storia di Radio1 come Nicoletta Grifoni, prima voce femminile di ‘Tutto il calcio minuto per minuto’, Simonetta Martellini e Gabriella Fortuna. “È la tradizione che continua in modo molto naturale. Sono state brave ad aver raccolto il testimone e a progredire perché sta diventando sempre più difficile il mestiere del radiocronista”. Un mestiere che, secondo Corsini, si può salvare solo grazie al talento e alla speranza che la RAI possa creare una vera e propria scuola dedicata. Dopo aver sottolineato le crescenti difficoltà nel fare una trasmissione come ‘Tutto il calcio’ a causa della frammentazione degli orari e delle giornate di gara, la quarta voce della storia del programma dopo Roberto Bortoluzzi, Massimo De Luca e Alfredo Provenzali, ha spiegato anche le difficoltà di avere a disposizione le voci femminili. Infatti, contrariamente alla Collazzo che è parte integrante della redazione di Radio Rai Sport, “Rita e Sara fanno parte del TGR. Bisogna essere molto prudenti anche nel chiedere l’autorizzazione in punta di piedi per farsi prestare il contributo di una di loro senza intralciare il lavoro dei colleghi delle rispettive sedi regionali”.
La parola, poi, è passata alle tre protagoniste della serata che hanno raccontato come è avvenuto il loro esordio in radiocronaca. La toscana Meini ha narrato del disastroso 5-0 subito dalla Fiorentina quando lei fece per la prima volta la seconda voce al fianco di Giuseppe Bisantis. Un KO che Firenze non visse per nulla bene e che fu seguito da un episodio particolare. “Non portai particolarmente bene per la squadra della mia città – ha spiegato la Meini -, ma alla fine della partita, me lo ricorderò sempre, arrivò Antonio Conte, all’epoca allenatore della Juventus. Mi disse: Ci può seguire, per favore, tutte le partite? Perché ci ha portato bene”. Decisamente favorevole ai colori viola, invece, il suo esordio da prima voce in Serie A inun Fiorentina-Cagliari con il successo dei padroni di casa. Anche per la ligure Lucido, la prima volta fu da seconda voce, al fianco di Emanuele Dotto per uno Spezia-Brescia il 21 ottobre 2016 e, sempre nella stessa stagione, “come voce unica un Genoa-Torino in cui c’era in ballo, come sempre negli ultimi anni, la salvezza ed era in uno dei pacchetti pomeridiani a più voci”. Lontano dal calcio, invece, è stato l’esordio di Manuela Collazzo che, nonostante la passione fin da bambina, ha deciso di non seguire lo sport nazionale nella sua carriera professionistica. “Non seguo il calcio per una mia scelta – ha spiegato -. Quando Riccardo Cucchi era a capo della redazione sportiva mi chiese di cominciare a fare qualche esperienza di radiocronaca di pallavolo che è uno sport che amo da sempre, che ho anche praticato e che seguo fin da piccola. Cominciai pian piano con la M. Roma, quando l’allenava Giani. Andavo al Flaminio a fare le radiocronache e c’era ancora Simonetta Martellini. Poi, nel 2013, sempre Cucchi mi chiese di affiancare Carlo Vernia in un mondiale di nuoto a Barcellona. Io accettai senza pensarci troppo e, da quel momento, il nuoto è diventato il mio secondo sport”.
Oltre alla professione, quello che accomuna le tre giornaliste, naturalmente, è la passione per lo sport. Una passione che viene da lontano, come per Sara Meini che ha occhi solo per il calcio e ha anche giocato nell’ACF Firenze, la squadra femminile del capoluogo toscano, in un’epoca in cui l’attuale situazione era lontana anni luce. “Eravamo delle vere e proprie dilettanti – ha raccontato -. Per andare in trasferta ognuno metteva una somma, altrimenti non avremmo avuto nemmeno un pullman per muoverci tutte insieme. Tutti gli anni riuscivano a fare un campionato di Serie A e poi, siccome non si potevano sostenere queste spese, si falliva e si ripartiva dalla Serie C. Meno male che adesso le cose stanno cambiando e speriamo che presto si possano considerare delle giocatrici professioniste”. Oltre a giocare, Sara seguiva con passione i giocatori della Fiorentina per cui marinava la scuola. Lo faceva per andare al centro di Coverciano, dove all’epoca si allenavano i Viola, a caccia di autografi. Ore di attesa per vedere i campioni palleggiare prima dell’allenamento e per scoprire un giocatore che non ha fatto la storia del calcio italiano, ma che ha colpito la sua fantasia. “Ricordo un giocatore che probabilmente sarà sconosciuto ai più. Lubos Kubik, che palleggiava con l’esterno. Io ero affascinata dal fatto che lui riuscisse a fare tantissimi palleggi usando solo l’esterno”. A pallone ci ha giocato anche Rita Lucido, anche se la sua esperienza si è fermata alle scuole medie. Diversa, invece, l’esperienza di Manuela Collazzo che per poter assistere a più partite possibili si è lanciata in un’avventura che lei stessa ha definito “terribile. Sono una grandissima appassionata, fin da bambina, e ho fatto anche l’arbitro a 17 anni, ma Io feci solo perché in quel modo potevo andare negli stadi gratis per poter vedere tutte le partite che volevo e non perché avessi questa grande passione per l’arbitraggio. Che non è semplice, soprattutto nei campetti di periferia con i ragazzini”. Anche per questa sua esperienza, la conduttrice di ‘Sabato e Domenica sport’ ha voluto sottolineare i meriti dell’arbitro Frappart. “Spero possa essere un modello per le ragazze che vogliono diventare arbitro. Se è arrivata a quel punto evidentemente è perché se lo merita e perché è brava. Al di là del fatto che sia una donna. Ho tanta stima di chi fa l’arbitro. Per cui, onore a lei che è riuscita ad arrivare così in alto e in pochissimo tempo”. Un’esperienza che le permette di dire la sua anche in merito alla moviola e alla tecnologia. “È molto difficile arbitrare, è molto complicato, ma credo che sia ancora più difficile dove non hai aiuti. I nostri guardalinee erano di parte e non eri per nulla agevolato nelle scelte. I ragazzini, poi, hanno un tipo di gioco poco elaborato per cui la palla andava da una parte all’altra del campo con una rapidità eccezionale ed era difficile starle dietro. Quindi, le tecnologie e le possibilità che hanno oggi gli arbitri senza dubbio aiutano”.
Dalla passione per lo sport a quella per il giornalismo il passo è piuttosto breve nelle scelte delle tre radiocroniste, che hanno sempre avuto un obiettivo ben chiaro. “Fino a una certa età – ha svelato Rita Lucido – dicevo che avrei voluto fare la pittrice, ma non si sa perché. Era una cosa infantile. Non appena ho iniziato a lavorare, a 19 anni, ho fatto la giornalista e mi occupavo di cronaca. Ho iniziato a collaborare con i giornali e poi sono entrata in RAI. Nelle sedi regionali ci si occupa davvero praticamente di tutto. Politica, consigli regionali, consigli comunali. Tutte le cose di una redazione territoriale. Ho iniziato a fare la giornalista sportiva quando mi hanno chiesto di fare le radiocronache. Io non ci avevo pensato, ma il fatto di iniziare ha riacceso tutta la passione”. Diversa, invece, la storia di Sara Meini che non ha mai avuto dubbi. “Mai avuto altre ambizioni. In quarta elementare la maestra ci fece fare un tema a piacere e io feci la cronaca di un Fiorentina-Juventus di calcio femminile. Da lì non mi sono più spostata. A 14 anni ero in un giornale di qui che si chiama Calciopiù dove si seguono tutti i settori giovanili delle squadre dilettantistiche e non mi sono mai fermata. A differenza di Rita, sono stata fortunata perché sono sempre stata giornalista sportiva. Anzi, mi sembra troppo allargato, sono giornalista di calcio perché altri interessi sportivi non ne ho”. Anche la strada di Manuela Collazzo è stata ben definita. “Ho studiato scienze della comunicazione e mi sono laureata con una tesi sulle radiocronache di ‘Tutto il calcio minuto per minuto’. Ho lavorato a Rai News, ma quando mi proposero il rinnovo, io avevo già ricevuto una proposta da Cucchi e implorai l’allora direttore di Rai News, Corradino Mineo di lasciarmi libera e lui lo fece. Non tornerei più in TV”.
Chiedere qualche consiglio per chi ha il sogno di seguire le medesime strade è inevitabile. “Occorre avere tenacia e non arrendersi perché – ha sottolineato la Collazzo – è diventato molto più complicato adesso fare il giornalismo rispetto al passato. Quindi, occorre crederci. Io lo dico sempre con chi mi è vicino. Io vengo dal nulla, ci ho creduto, ho studiato, ci ho provato e ce l’ho fatta. Quello che ci vuole sono la determinazione prima di tutto e poi serietà, tenacia e voglia di raggiungere l’obiettivo”. Non molto diverso il pensiero della Lucido che ha evidenziato il bisogno di lavorare duramente “informandosi e leggendo i giornali con curiosità per quello che si racconta, per i dettagli, per le storie. Alla radio hai il tempo di dire tutte queste cose man mano che una partita si sviluppa. Se riesci a fare questo, chi ti ascolta se ne accorge e il rimando lo senti. Senti la stima del fatto che sei una persona preparata nel proprio lavoro. Un tipo di stima che è percepibile”.
Una stima che è ben presente nel mondo del giornalismo sportivo per chi dimostra le proprie capacità, a prescindere dal genere. “Al di là del fatto di essere uomo o donna, se sei bravo emergi. Non c’è bisogno delle quote rosa”, ha esordito Manuela Collazzo che ha evidenziato come i colleghi maschi non abbiano mai fatto emergere pregiudizi nei confronti suoi e delle sue colleghe. “Io lavoro in una redazione sportiva dal 2008. Siamo sempre state in poche, adesso siamo in due, operativa sul campo soltanto io della redazione romana. Negli anni non ho mai avuto difficoltà con i colleghi. Anzi! Sono sempre stata estremamente coccolata anche perché quando arrivai ero la più piccola. È una questione di competenza. Se sei capace emergi, se non lo sei, credo tu faccia fatica a emergere”. A ruota Sara Meini che è parsa quasi infastidita dalla distinzione di genere nel giornalismo sportivo. “Non lo trovo un ambiente così maschilista. Siamo poche e dobbiamo tenere la testa alta per restare dentro questo ambiente. Sono sempre stata contenta di esserci e non ho trovato questi famosi pregiudizi. A volte, è vero, ci possono essere uscite che qualche nostro collega dovrebbe evitare, ma dobbiamo rispondere sul campo”. A ruota è stata la Lucido a testimoniare la mancanza di pregiudizi nei suoi confronti. “A me non è mai capitato di sentire nulla di ostile da quando faccio questa esperienza che è cominciata nel 2016. Io tenderei a non rimarcare il fatto dell’essere donne. È quantitativamente più raro, ma rimarcarlo e fare troppo la differenza aumenta un possibile problema e un possibile divario. Siamo tutti giornalisti sportivi e speriamo che anche altre ragazze che abbiano voglia di fare questo lavoro abbiano un accesso normale e sereno come quello riservato ai ragazzi”.
Il rapporto con il lavoro della giornalista sportivo, però, non è uguale per tutte e in alcuni casi sembra contare più l’apparenza dei contenuti. Una differenza di approccio che si potrebbe semplificare con una sfida tra scarpe comode e tacco 12. “Mi viene da dire beate loro che camminano e corrono con il tacco 12 sul campo – ha esordito la Meini -. Siamo diverse, come diverse sono le donne nella vita quotidiana. Siamo tutte giornaliste, siamo colleghe e sono contenta di vederle. Se poi hanno un fotografo personale, sono fortunate. Devo dire che, a volte, vedo delle pose così plastiche che le invidio perché loro riescono a farle e io no”. Di sicuro, il lavoro non è lo stesso per tutti e il modo di porvisi differisce anche da alcune specifiche. “Con la radio non c’è grande possibilità di andare in giro con i tacchi o con le gonne. Io, per esempio, quando seguo i grandi eventi sia di pallavolo sia di nuoto, soprattutto per il nuoto che ha tante discipline, sono ben 5, se non metto scarpe comode – ha spiegato la Collazzo – non riesco a correre da una piscina all’altra”. A volte, ha proseguito la Meini, con la radio occorre “fare il tecnico e dobbiamo attaccare i cavi. Non so se con il tacco 12 ci si riesce perché è difficile”. Mentre al palazzetto di Perugia i tifosi acclamano anche la telecronista che “con le forbici e di scotch” va a tirare il cavo da una botola, allo stadio di Genova il problema non sono i cavi, ma i gradoni. “A Marassi hanno spostato la cabina di commento all’ultimo anello, il più alto dello stadio. Per arrivare là sopra saranno 10 rampe di scale, quelle dello stadio, non quelle normali”, ha spiegato Rita Lucido.
Seguire lo sport, sia da appassionato sia da addetti ai lavori, porta inevitabilmente a eleggere degli eroi, degli idoli e questo succede anche a Sara, Rita e Manuela. La toscana, ancora una volta, ha pescato nella memoria un altro nome inatteso. “Carlos Dunga è stato il mio primo vero idolo. In occasione di un mondiale, ero una bambina, indossavo la maglia del Brasile perché lui era il capitano e io ero innamorata persa di Carlos Dunga. Come vedevo bello lui, non vedevo bello nessun altro. Però, ero amante dei numeri 10. Sono di Firenze e da sempre seguo la Fiorentina per cui, ho avuto dei bei numeri 10 anche qui. Partendo da Giancarlo Antognoni, passando da Roberto Baggio per arrivare a Manuel Rui Costa”. Il Divin codino è stato anche il primo nome della Lucido. “Baggio calcisticamente, per me, era il non plus ultra. Tutto quello che faceva, a livello tecnico, per come si muoveva dietro la palla, era magnifico. In questi giorni si parla anche di Maradona, ma lui è di tutti coloro che amano la bellezza del calcio”. Rimanendo a Genova, poi, la radiocronista ligure ha fatto nomi per entrambe le sponde del derby della Lanterna. “Ho sempre impressa la punizione di Branco nel derby perché l’ha tirata d’esterno da 30 metri e ha trovato il sette. Ovviamente, nel Doria la coppia Vialli e Mancini”. Per trovare degli sportivi che l’hanno colpita profondamente, la voce del volley ha dovuto fare un salto indietro nel tempo perché “da quando lavoro non ho più idoli. Vivo con distacco maggiore gli eventi. A livello calcistico io ero innamorata di Roberto Baggio. A livello pallavolistico c’era Andrea Giani. Per il quale nutro ancora una passione perché è una persona eccezionale, non soltanto un grandissimo pallavolista”. Più indietro nel tempo, invece, è dovuto andare per svelare i suoi amori sportivi di Filippo Corsini. “Il mio primo idolo è stato Gigi Riva. Mi regalarono la maglia numero 11 del Cagliari con i laccetti e io impazzii. Poi, ho avuto una passione per Roberto Boninsegna, Francesco Rocca, Falcao e molti altri”.
In chiusura di serata le tre ospiti hanno espresso il loro sogno professionale. L’unica a essere riuscita a realizzarlo, almeno in parte, finora è stata proprio la Collazzo. “Nel 2016, per la prima volta, ho partecipato alle Olimpiadi. Era la prima volta che prendevo il timone da Simonetta Martellini ed ero alla mia prima esperienza a un evento così grande dove ho avuto la fortuna di commentare la semifinale Italia-Stati Uniti, ma la sfortuna di perdere la voce. La finale, che andò male con il Brasile che sconfisse l’Italia 3-0, non la feci io, ma ero accanto a Giovanni Scaramuzzino che mi sostituì. Per cui, posso dire che l’evento che vorrei commentare è una finale dell’Italia o donne o uomini alle Olimpiadi perché non mi è mai capitata”. Per Sara Meini, che a breve termine sogna di poter fare una radiocronaca del calcio femminile in Tutto il calcio minuto per minuto, i cinque cerchi rimangono un vero sogno. “Invidio molto, nel senso buono, Manuela per essere andata all’Olimpiade. Mi auguro, prima o poi, di andarci anche io”. Per poterlo fare, però, è necessario che la nazionale femminile di calcio si qualifichi. Più recentemente, però, c’è stato il mondiale femminile che “mi ha regalato una grande soddisfazione, doppia. Da giornalista e da ex calciatrice”. L’iride c’è anche nei sogni di Rita Lucido che non usa giri di parole per spiegare che “se ci fosse una finale dei Mondiali, magari con l’Italia sarebbe un sogno commentarla. A prescindere dagli esiti. Però, sarebbe veramente incredibile”. Con questo auspicio si è chiusa la serata dedicata alle donne dello sport italiano in radio, giusto in tempo per trasferirsi davanti alla TV e vedere l’ottimo arbitraggio di Stephanie Frappart all’Allianz Stadium nella sfida di Champions League tra Juventus e Dinamo Kiev.