di Enrico Brigi
La prematura scomparsa di Paolo Rossi rappresenta l’ennesimo duro colpo da digerire di questo decisamente infausto 2020. Se ne va un calciatore che ha legato la sua carriera a diverse maglie, lasciando ovunque grandi ricordi, ma che solo con la maglia azzurra è diventato immortale in una calda e torrida estate madrilena.
“Le discese ardite e le risalite”, memorabile passaggio di una delle canzoni più belle di uno dei miti della canzone italiana come Lucio Battisti, rappresenta probabilmente lo slogan della sua carriera. Dieci anni di professionismo dove non sono mancati dolori e gioie. La sua vita di calciatore è filata via veloce su una specie di montagna russa dove il punto più basso è stato una squalifica per calcioscommesse – un fatto per il quale si è sempre professato innocente – mentre l’apice è arrivato con la conquista del titolo mondiale e annesso Pallone d’oro. In mezzo tante altre soddisfazioni come la promozione in serie A con il Lanerossi Vicenze o gli scudetti e i trofei con la maglia della Juventus. Il suo arrivo a Torino, peraltro, rappresentò per lui una specie di ritorno a casa dopo che la stessa società bianconera aveva deciso di non credere in lui ancora giovanissimo mandandolo a “svernare” sulle rive del Lario con la maglia del Como a fare la riserva – ironia della sorte – di un certo Renzo Rossi.
Per tutti gli sportivi, comunque, rimarrà sempre “l’uomo che fece piangere il Brasile” quando segnando una tripletta spianò la strada azzurra verso la finale di Madrid contro la Germania. Divenne simbolo di quella nazionale magica che riuscì a riunire sotto la cupola del dio pallone un’intera nazione, provata dai famosi anni di piombo e desiderosa di ritrovare un minimo di serenità.
Paolo Rossi, però, non è stato solo un calciatore ma anche un grande esempio di educazione, professionalità e garbo, capace e attento nel non far mai pesare la propria indiscussa popolarità, dote che lo ha portato negli anni a guadagnare l’affetto incondizionato di compagni, avversari e tifosi. Con lui perdiamo un pezzo della nostra recente storia, per una generazione un mito dei migliori anni della nostra vita. Come scrisse Antonello Venditti in una delle sue tante canzoni “Paolo Rossi era un ragazzo come noi”. PaoloRossi – pronunciato tutto d’un fiato perché così ce lo ricordiamo – ci mancherà, quanto ci mancherà…
Le foto, i video, le caricature, i ritratti, presenti su PANATHLON PLANET sono state in parte prese da Internet, e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, basterà segnalarlo alla Segreteria di redazione: segreteria.redazione@panathlondistrettoitalia.it, che provvederà prontamente alla rimozione delle immagini utilizzate, segnalando prontamente il nome del fotografo. Si ringrazia comunque l’autore.