–Un mondo che sta perdendo i suoi colori–
di Sara Perin – Redazione Gianni Brera
Quest’anno sembra difficile anche essere giovani; se si è sia giovani che sportivi poi, i problemi sembrano essere infiniti. Non puoi uscire a divertirti, non puoi studiare in compagnia, non puoi allenarti con la squadra, non puoi condividere la tua realtà: il problema non sta nell’eliminare l’aperitivo, la partitella al campo o la cena al ristorante, ma risiede in qualcosa di più profondo, di invisibile e ineffabile che aleggia nelle nostre menti sempre più grigie e svogliate.
Noi giovani dovremmo essere creativi, idealisti, convinti di poter conquistare il mondo, sicuri di avere una missione, o almeno, convinti del fatto che prima o poi la troveremo: ma oggi il nostro mondo ha perso tutti i suoi colori, è diventato claustrofobico ed insensibile, si è ridotto alla nostra camera disordinata e alle lezioni online. Stiamo letteralmente perdendo gli anni migliori, perché dovremmo fare nuove esperienze, scoprire il mondo, innamorarci, conoscere miliardi di persone, mentre ora vediamo tutto questo solo attraverso il nostro smartphone .. ma lo capiamo. E’ come se avessimo messo tutti questi piani in stand-by. Capiamo che la salute sta al primo posto e che senza questa tutti gli altri progetti non possono esistere; e allora ci mettiamo le nostre mascherine per tutto il giorno, ci salutiamo a distanza, rinunciamo agli abbracci, alle partite, alle serate in compagnia e alle risate che ci spettano, perché sappiamo che prima o poi torneranno, per quello c’è ancora tempo.
Ma i sogni non tornano, quelli una volta andati non torneranno mai forti come prima: ora siamo nelle nostre camere, soli a guardare il mondo tramite lo schermo, e ci sentiamo vuoti, abbandonati, inutili. Siamo messi con le spalle al muro, ci hanno tolto tutte le fonti di ispirazione, non esistono più luoghi di incontro e di dibattito in cui possiamo esprimerci, è come se pensare fosse diventato solo un’inutile spreco di energie.. e allora le nostre idee si spengono e nella nostra testa sta per andarsene anche l’ultimo spiraglio d’aria fresca.
Anche lo sport si è dovuto fermare, come se fosse pericoloso, inutile, sacrificabile, o comunque non essenziale per la vita. E’ vero che la serie A continua, ma quello è solo il lato dorato della medaglia; all’ombra invece ci sono milioni di ragazzi, a partire dai i bambini delle scuole elementari fino ai ragazzi che si allenano soltanto per il piacere di farlo, che sono stati costretti ad appendere le scarpe al chiodo e riporre i vestiti sportivi nel cassetto, destinati purtroppo a subire le conseguenze peggiori. Si sentono abbandonati, sono sempre più svogliati, senza obiettivi, senza sogni da raggiungere. Le videolezioni non sono sufficienti, allenarsi da soli non è tecnicamente valido e anzi, nei bambini più piccoli rischia di amplificare errori che potrebbero essere corretti in un batter d’occhio, se l’allenatore potesse davvero svolgere il proprio ruolo. In più ci si aggiungono i genitori impazziti tra smartworking e bambini sempre a casa che non sanno come gestire questa nuova realtà, altri che si improvvisano allenatori, alcuni invece talmente terrorizzati da questo virus che chiudono il mondo reale fuori dalla propria abitazione.
Anche gli esperti del mondo dello sport sono andati in panico durante il manifestarsi di questa pandemia: gli animi più ribelli protestano e cercano soluzioni innovative, qualcuno si adatta alle lezioni online sperando in un futuro migliore, mentre molti professionisti si sono trovati costretti a chiudere, un po perché economicamente era la scelta più saggia e un po perché la loro nobile missione aveva perso il suo spirito iniziale.
Stiamo costruendo una società sedentaria, e se già si poteva dire che prima di quest’epidemia lo sport avesse un ruolo marginale nella società, oggi si può affermare che è stato completamente spazzato via.. ma non si diceva che era meglio prevenire che curare? Ci si preoccupa quotidianamente dei posti letto negli ospedali e del tasso di mortalità, ma forse dovremmo prendere in considerazione l’attività fisica come mezzo di prevenzione e investire su di essa, far capire alla popolazione che lo sport davvero salva la vita, invece di investire sui posti letto all’ultimo minuto, quando ormai è troppo tardi.
Oggi lo sport non ha un ruolo sociale ne all’interno della salute pubblica, ma neanche nell’educazione dei nostri ragazzi, che crescono più deboli e pigri, ma anche senza ideali e valori che si possono imparare solo sul campo, quando non ce la si fa più ma si impara a non mollare mai. In più si sentono continuamente ripetere di stare distanti da tutti e proteggersi, perché gli altri potrebbero fargli del male: per quanto ciò sia necessario in questi tempi, cosa resterà nel cuore e nella mente di questa generazione? Cosa stiamo insegnando? Che valore assume lo sport quando solo i campioni possono giocare, mentre tu che li guardi al televisore devi rimanere chiuso in casa? I sogni saranno ancora così grandi da poterci emozionare?
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