Sessant’anni come oggi chiudevano le Olimpiadi di Roma
Le foto sono tratte dall’archivio fotografico di Don Sturzo
Il sito del Panathlon International riporta un gustoso retroscena dei suoi primi anni di attività che vedeva il Presidente del Coni Giulio Onesti temere la concorrenza del Panathlon in Italia. La divergenza fu poi appianata dopo un incontro chiarificatore di Aldo Mairano, presidente del PI nel
1957, già Presidente del basket dal 1946 al 1954, primo rivale di Onesti, e una delegazione di consiglieri a Roma con il Presidente del Coni.
Mi piace pensare che forse a rassenerare il clima contribuì anche la nascita del Club di Roma nel 1956 che divenne da subito un punto di riferimento dello sport romano e non solo potendo annoverare oltre ai soci promotori Sisto Favre, Lando Ferretti e Bruno Zauli tra i soci fondatori Giulio Andreotti, socio del Club fino alla sua scomparsa, Generoso Dattilo, Giorgio De Stefani, Marcello Garroni, Giulio Onesti e Giovanni Romagna.
Tutti insieme, oltre ad aver scritto pagine indelebili dello sport italiano hanno rappresentato, meglio di tante parole, quello che ha costituito l’impegno panathletico nella diffusione della cultura sportiva, degli ideali dell’olimpismo insieme ai tanti altri personaggi che hanno attraversato la vita del Club.
Lando Ferretti fu il primo Presidente e rimase in carica fino al 1977 anno della sua scomparsa.
Nel periodo di presidenza del Club fu componente del Comitato Organizzatore alle Olimpiadi di Roma 1960 ed entra a far parte del primo Consiglio Direttivo del Panathlon International con l’incarico di Vice Presidente nel quadriennio 1960-64.
Non da meno la figura di Bruno Zauli che oltre al lusinghiero giudizio di Gianni Brera “A lui si deve se lo sport italiano è sopravvissuto alla guerra: a Zauli più che a ogni altro dobbiamo riconoscere questo merito” si deve l’apporto dato tra il 1944 e 1946 a Giulio Onesti per evitare la liquidazione del Coni e contribuire alla sua rinascita fino all’assegnazione e organizzazione dei Giochi Olimpici invernali di Cortina 1956 e quelli estivi di Roma 1960.
Anche l’altro socio promotore Sisto Favre diede il suo apporto nel dopoguerra alla ripresa del Coni e, in occasione delle Olimpiadi di Roma 1960, curò l’organizzazione sia della staffetta Fiamma Olimpica sia delle cerimonie protocollari e della festa finale in notturna al Pincio da lui ideata e realizzata.
Il contributo di alto livello di questi tre personaggi storici dello sport italiano appartenenti al Panathlon Club di Roma certamente insieme a molti altri più o meno famosi e oscuri panathleti resero possibile il successo di quell’edizione storica dei Giochi.
Però ora facciamo parlare il miglior testimone di quell’esperienza vale a dire il Presidente del Comitato Organizzatore dei Giochi di Roma 1960.
L’11 settembre si chiusero le Olimpiadi di Roma e dopo appena due mesi esatti, l’11 novembre l’On. Giulio Andreotti alla riunione del Panathlon Club di Roma fece un discorso il cui testo è conservato nell’archivio personale presso Istituto don Luigi Sturzo, di cui sono riportati alcuni cenni….
Caro Ferretti e cari amici,
non è per dire una frase convenzionale, ma questa sera per la prima volta sono venuto malvolentieri alla riunione del Panathlon. Mi ero infatti riproposto di chiudere definitivamente, con la seduta conclusiva del Comitato organizzatore, gli interventi sul tema delle Olimpiadi. Voi che
conoscete Ferretti, sapete però che gli si può dire di no per una o due settimane, ma alla fine si deve cedere per forza.
Ora, mi pare che la prima cosa da farsi in questa sede sia proprio quella di rendere un atto di omaggio al Panathlon di Roma, che ha seguito autorevolmente la preparazione delle Olimpiadi attraverso quelli che erano i capitoli diretti ed indiretti del nostro lavoro.
Noi ricordiamo che qualche volta – facendosi eco delle critiche, dei desideri e di qualche motivo
più o meno fondato di censura – il Panathlon ha sollecitato tanto i responsabili o i tecnici sportivi del Comitato e fuori, quanto le Amministrazioni locali. Ricordiamo molte sue riunioni nelle quali
tutti i temi, dalle costruzioni al traffico, sono stati sempre dibattuti con una nota di grande serietà
e serenità, com’è costume di questi incontri.
Nel chiudere le nostre piccole ma appassionate fatiche del Comitato organizzatore, io dissi che non c’era da correggere i sistema con cui queste cose erano andate avanti sino ad allora in Italia (il sistema si può perfezionare come tutte le cose degli uomini, ma non è da correggere), e mi permisi di dire che credevo in questo non perché il sistema era buono in quanto le cose erano andate bene, ma viceversa che le cose erano andate bene perché il sistema era buono.
Ora questo deve rimanere l’orientamento di tutti. Ed io credo, in questa direzione, anche alla funzione del Panathlon, che unisce persone di idee diverse, di lavoro diverso e appartenenti a mondi particolari, ma che credono a certe impostazioni sportive di carattere generale. Il Panathlon
potrà fare molto bene, ed il Panathlon di Roma più degli altri non perché vogliamo dei primati, ma perchè le cose buone e le cose cattive a Roma hanno sempre una possibilità di sviluppo maggiore, perché siamo in molti, perché qui ci sono determinate attività statali, ecc.
Noi dobbiamo chiedere a chi ha delle idee di venircele ad esporre e di discuterle, noi vogliamo che i problemi sportivi si dibattano apertamente nel nostro Paese. Non ci sono né monopoli, né primati.
Dobbiamo sentire veramente che l’impegno derivante dalle Olimpiadi non è un impegno vago, sentimentale, transitorio, ma è l’impegno serio di rendersi utili allo sport.
Ognuno, nei limiti delle sue possibilità e con le forze di cui dispone, deve far sì che quando si arriverà alla prima, alla seconda, alla terza, a tutte le Olimpiadi future, l’auspicio che dalle Olimpiadi di Roma si faccia un balzo in avanti, diventi una realtà, non tanto come computo di medaglie, ma come rafforzamento della coscienza sportiva degli italiani.
Per non vivere di amarcord mi piace pensare in prossimità del momento assembleare del Distretto Italia e del Panathlon International che questa come tante altre pagine nobili del Panathlon possano rivivere grazie al maggiore impegno di tutti lasciando da parte personalismi come riuscirono i nostri padri fondatori.
Cesare Sagrestani