-di Adriana Balzarini–
Oggi compie settant’anni, ma scusatemi, per me resta sempre quello splendido ragazzo chedi lui non solo tenevo il poster in camera ma grazie a lui mi innamorai al gioco del tennis. Era il prototipo di ragazzo che ogni adolescente dei miei tempi avrebbe voluto come fidanzato. Era bello, elegante in campo e fuori. Era da mozzafiato quando giocava sulla terra rossa del Foro Italico con le sue scivolate verso la rete e con quelle volée da sogno per chi lo guardava ma ancor di più per i suoi avversari che non riuscivano a prenderle; ed era quel tanto bravo da permettersi anche di non correre come un forsennato nel campo. Nessuna fatica inutile; era il giocatore che elogiava con il suo splendido stile anche quella “sana pigrizia romana”. Non una corsa a vuoto, non un gesto negativo. Una classe innata anche nel raccontare a fine partita le sue azioni ai giornalisti senza eccedere mai ma usando sempre la schiettezza. Un grande capitano della squadra azzurra, una icona del tennis mondiale!
Un ragazzo che tutte noi avremmo voluto avere al fianco. Un giocatore che ha saputo anche battere Borg , la macchina da guerra in campo in quegli anni , al Roland Garros , tuffandosi sotto rete per prendere un tiro insinuoso e saperlo smorzare alla sua sinistra. Adriano Panatta è il giocatore che per ora è ancora il più importante tennista italiano dell’Era Open, l’unico in grado di conquistare uno Slam, o di raggiungerne la finale. Il suo gioco mi ha sempre affascinato per il suo approccio ludico e il suo stile impeccabile nel rovescio e per la sua volée sotto rete, come se fossero tiri semplicissimi. Uno sport allegro, come lui lo ama definire, un giocatore che sapeva ammorbidire i tiri fortissimi ricevuti dall’avversario piazzando e fermando la palla, facendola diventare un oggetto impossibile per il suo avversario, che restava incredulo di fronte a tanta maestria nel piazzarla, ma anche perché già credeva di aver vinto il punto. Un gioco gioioso! … ecco cosa ha lasciato Panatta a noi nostalgici che oggi guardiamo il tennis dei marziani, il tennis dei calcolatori dai gesti quasi isterici, delle palline che non rimbalzano ma che schizzano, dei giocatori che ad ogni tiro sembra che stiano morendo in campo con i loro versi ad ogni botta che tirano come se avessero dei bastoni al posto della racchetta.
Rivolgiamo un Panatta! Io nonostante abbia lasciato la mia casa paterna quarant’anni fa, conservo ancora la sua gigantografia appesa sul muro di fronte al mio letto, vicina a quella di Jean Claude Killy e con altri poster di sciatrici italiane di quei tempi a fargli compagnia.
Auguri Adriano da un’Adriana che ancora senza dubbi ritiene che tu sia stato il miglior stilista che il tennis abbia mai avuto!
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