Owens a il dittatore Hitler
Paradossalmente in queste storiche Olimpiadi si verificò che gli Usa estromisero atleti di religione ebraica, mentre la Germania, contro ogni tragico riferimento storico, sia avvalse di un’atleta di quella religione tanto disprezzata e perseguitata dai Nibelunghi tedeschi, vincendo addirittura una medaglia. Lo stesso dittatore volle stringere la mano al fenomeno Jesse Owens. MR
Adriana Balzarini
L’uomo protagonista in questi Giochi di Berlino è stato senza dubbio Jesse Owens che collezionò ben quattro medaglie d’oro nell’arco di sette giorni per gli USA ( 100 mt , 200 mt,staffetta 4 x 100, salto in lungo) ma fu anche l’unica Olimpiade a cui partecipò riuscendo a diventare oltre che un campione anche un mito. Settimo figlio di genitori poveri, addetti alle piantagioni di cotone, dovette fare il lustrascarpe e altri lavori umili per poter coltivare la passione per lo sport che gli permise in seguito anche di studiare grazie ad una borsa di studio ottenuta grazie ai suoi risultati sportivi. Si sposò nel 1931 con una sua compagna di scuola, la sedicenne Minny Ruth Sullivan, e l’anno seguenteal matrimonio non riuscì a qualificarsi per i Giochi di Los Angeles proprio per la sua imminente paternità che lo coinvolse totalmente. Affrontò i Giochi a Berlino con una famiglia sulle spalle e la bambina, Gloria, di quattro anni. La sua Olimpiade a Berlino iniziò la mattina del 2 agosto con le batteria dei 100mt, nel pomeriggio vince i quarti con il record mondiale di 10,4 secondi ( record che non viene omologato per il vento, il giorno dopo lo eguagliò in semifinale e nel pomeriggio fermo il tempo in 10,3. lLa Germania nel programma delle specialità volle
Nel salto in lungo i primi due salti vengono dati nulli e in seguito seguirà i suggerimenti dell’atleta tedesco più accreditato alla vittoria finale, Carl Ludwing Long. Owens vincerà ma il tedesco rimarrà sempre suo amico fino al 1943, quando morirà in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale e proprio a lui invierà l’ultima lettera dal fronte : “Mio caro amico Jesse, dove mi trovo sembra che non vi sia null’altro se non sabbia e sangue. Io non ho paura per me, ma per mia moglie e il mio bambino, che non ho mai realmente conosciuto e lui non ha mai realmente conosciuto suo padre. Il mio cuore mi dice che questa potrebbe essere l’ultima lettera che ti scrivo. Se così dovesse essere, ti chiedo questo: quando la guerra sarà finita vai in Germania a trovare mio figlio e raccontagli di suo padre, e raccontagli anche che neppure la guerra è mai riuscita a rompere la nostra amicizia. Tuo fratello Lutz
Jesse vincerà anche la staffetta 4 x 100 partendo come primo staffettista e lasciando un margine di vantaggio già dopo il primo cambio che permetterà alla squadra americana di vincere senza problemi sugli inseguitori; l’Italia composta dal quartetto Mariani Orazio, Caldana Gianni, Ragni Elio e Gonnelli Tullio si classificherà seconda relegando in terza posizione la squadra della Germania. Il record di Jesse Owens sarà eguagliato solo 48 anni dopo da Carl Lewis a dispetto di quella “Razza ariana” ritenuta da Hitler quella superiore. Per quanto riguarda le staffette americane sia in quella maschile sia in quella femminile vi furono dei cambi di atleti all’ultimo momento anche se due di loro si erano allenati fino all’ultimo momento convinti di gareggiare; nella staffetta maschile Owens non avrebbe dovuto partecipare ma si troverà a sostituire Glickman e anche Metcalfe sostituirà Stoller. Entrambi i sostituiti erano ebrei e su pressione del presidente del comitato USA vennero esclusi, purtroppo del perché di questa scelta restò solo una testimonianza che in seguito non venne più confermata. Stessa situazione per quanto concerne la sostituzione avvenne anche nella staffetta femminile per l’atleta nera Louise Stokes.( per la prima volta le atlete nere erano presenti ai Giochi). Le viene preferita un’atleta bianca meno forte di lei, atleta che la Stokes aveva sempre battuto sia nelle gare sia negli allenamenti. Per la seconda volta Louise Stokes si trovò esclusa dalla staffetta come le era successo anche ai Giochi di Losa Angeles, quella volta insieme alla sua compagna di squadra Tidye Pickett, perché anche quella volta l’allenatore aveva deciso di far correre due atlete bianche. Decisioni difficili da comprendere ma certo non possono fare altro che alimentare i sospetti sui pregiudizi razziali di cui anche l’America non era immune. Del resto è cosa nota che il grande Owens dichiarerà, ogni volta che verrà interpellato, che a differenza della Germania, dove fu applaudito e salutato da Hitler, quando rientrò in America non venne mai ricevuto alla Casa Bianca dal Presidente Roosevelt che si trovava in quel periodo in piene elezioni, dove riceverlo voleva dire scontentare gli ex Stati Confederati del Sud durante le presidenziali non favorevoli a delle libertà per i neri.
Di questi Giochi sappiamo anche che la Germania aveva già emanato le leggi di razziali di Norimberga fin dal 1935 e fra lo stupore della comunità ebraica americana, Helene Mayer, fiorettista, già medaglia d’oro ai Giochi del 1928 , risultata in seguito fuori dal podio nel 1932, decise di partecipare ai Giochi di Berlino per la Germania. Proprio in occasione di questi ultimi di Los Angeles decise di trasferirsi dalla Germania e di fermarsi temporaneamente in California, per allenarsi e studiare alla Southern California University. Accettò però l’invito e la partecipazione ai Giochi del 1936 da parte della Germania, diventando così l’unica ebrea tedesca a gareggiare ai Giochi del Furer. Alcuni benevolmente dissero che l’avrebbe fatto per salvare la madre e due fratelli che ancora vivevano in Germania, altri affermarono che di fatto lei contribuì al fallimento del boicottaggio olimpico. Al termine della gara, dove si classificò al secondo posto, salutò, alla consegna della medaglia d’argento, con il saluto nazista affermando ai giornalisti la circondarono per avere un’intervista che si sentiva tedesca. Dopo la sua gara rientrò negli Stati Uniti per poi rientrare definitivamente in Germania nel 1952 dove morì l’anno seguente.
La nuotatrice olandese Rie Mastenbroek vinse 3 medaglie d’oro e una d’argento : venne definita “l’imperatrice di Berlino”, fu la prima donna, in qualsiasi sport, a vincere quattro medaglie nella stessa Olimpiade, successivamente donò una delle sue medaglie d’oro in beneficenza per raccogliere fondi per un centro per disabili.
Jack Beresford, canottiere britannico, vinse una medaglia ma il suo primato fu quello di aver partecipato a cinque edizioni dei Giochi Olimpici e in tutte ha ricevuto una medaglia. Ha vinto la medaglia d’argento a Anversa 1920 nel singolo, la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi 1924 nella gara di singolo maschile, la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Amsterdam 1928 nella gara di otto maschile, la medaglia d’oro a Los Angeles 1932 nel quattro senza maschile ed infine la medaglia d’oro a Berlino 1936 nel due di coppia.
L’Italia vinse in totale 22 medaglie, dietro alla Germania, Stati Uniti ed Ungheria. Le medaglie furono 8 d’oro, 9 d’argento e 5 di bronzo.
Ondina Valla portò a casa per l’Italia un oro negli 80 ostacoli e la sua proclamazione a vincitrice della gara durò ben 45 minuti di attesa dopo aver attraversato il traguardo. Il giorno prima, il 5 agosto vinse la semifinale con il tempo di 11″6, che le valse anche il record mondiale. Fu la prima donna ad aver conquistato un oro in assoluto. Questa vittoria le diede immensa popolarità nell’Italia fascista diventando un simbolo e una delle beniamine per le ragazze italiane. La gara di Berlino, inoltre, fece sì che nel regime si ammorbidisse, pur senza venire meno del tutto, all’ostilità della partecipazione delle donne alle attività sportive. «Di Berlino rammento la grandiosità dell’apparato. Di Hitler, invece, ho un ricordo confuso. Mi volle conoscere e stringere la mano. Mi disse qualcosa ma parlava in tedesco e io non ci capii nulla. Poi non ho dimenticato le feste, il sindaco e la banda alla stazione di Bologna e il prefetto che fa trasferire il suo segretario perché aveva preparato un mazzo di fiori piuttosto mosci. Avevo vent’anni, allora, e avrei dovuto partecipare anche all’Olimpiade precedente, quella del 1932 a Los Angeles. Ma sarei stata l’unica donna della squadra di atletica e così mi dissero che avrei creato dei problemi su una nave piena di uomini. La realtà è che il Vaticano era decisamente contrario allo sport femminile».
La rivalità con la sua compagna ed amica Testori, arrivata quarta nella stessa gara, fu uno dei motivi dominanti della spedizione azzurra ma la campionessa parlando di lei quando apprese la notizia della sua morte disse «Pensare a Claudia è pensare alle cose più belle della mia vita». La stampa parlando Ondina la definì “Il sole in un sorriso” anche perché all’età di 20 anni diventò la più giovane atleta italiana a vincere un oro olimpico, con un record rimasto imbattuto fino al 2004.
L’altra grande soddisfazione per l’Italia avvenne per la vittoria nel torneo di calcio, una vittoria che contrariamente ad ogni pronostico portò la medaglia d’oro olimpica che ancor oggi è l’unica nella storia del calcio italiano olimpico. Nel calcio, incastonato tra i due Mondiali del ’34 e del ’38, arrivò inatteso questo trionfo. La squadra era allenata da Vittorio Pozzo, che annoverava fra i suoi giocatori studenti iscritti all’ Università (Foni, Negro, Scarabello, Bertoni e Frossi; giovani che in seguito conseguirono il dottorato ed altri a diplomi di Istituti Superiori. Non ci furono figure di primissimo piano e nessuno di questi ragazzi olimpionici aveva giocato nella Nazionale maggiore ma erano tutti professionisti anche se i compensi vennero definiti assegni di studio, per mantenere lo spirito dilettantistico tanto caro a de Coubertin; praticamente non giocavano per lucro ma solo per divertimento aggirando così l’ostacolo visto che in Italia il professionismo non era stato ancora dichiarato. Per l’Olimpiade di Berlino la squadra si allenò a Merano sotto l’attenta guida di Vittorio Pozzo. La partenza del torneo vide l’Italia contro gli USA e l’inizio della partita vide la squadra italiana un po’ sottotono ma in seguito, dopo la strigliata dell’allenatore all’intervallo, fra il primo e il secondo tempo, i giocatori cambiarono marcia e vinsero anche se solo per uno a zero ma capirono che con Vittorio Pozzo non dovevano scherzare ma impegnarsi dal primo minuto all’ultimo senza mai cedere alla fatica. Nella seconda partita con il Giappone vinsero con un risultato incredibile di otto a zero e Biagi che non si allontanò mai dalla zona del rigore segnò quattro reti. La semifinale, che vide un pubblico di sessantamila spettatori, permise all’Italia di vincere sulla Norvegia (vincitrice sulla Germania) per due a uno. Bertoni, nonostante avesse ingannato Pozzi per non avergli detto che a Merano nell’ultimo allenamento si era infortunato dovette entrare in campo per sostituire il capitano, ala sinistra, Giulio Cappelli. Segnò il gol della vittoria e dopo questo risultato ricadde con il dolore acuto alla gamba. La finale l’Italia la dovette giocare contro l’Austria, Austria che si ritrovò in finale dopo che la partita contro il Perù la vinse a tavolino. il Perù infatti si rifiutò di ri-entrare in campo per la seconda volta contro l’Austria, dopo che i loro supporter aggredirono un giocatore austriaco e i giudici annullarono la partita. La tensione per la finale fu altissima per i giocatori della Nazionale Italiana, in soccorso per stemperare il clima teso arrivò quel campione di Jesse Owens che con la chitarra e la fisarmonica rallegrò i nostri giocatori, a lui tanto simpatici per la loro rumorosità che li distingueva nel villaggio olimpico.
La partita contro l’Austria terminò con un due a uno, le due reti furono di Annibale Frossi. Lo spirito goliardico, la tecnica, l’intelligenza e la velocità nelle azioni e la serietà in campo impartite dall’allenatore Pozzo furono una miscela vincente. Una vittoria pulita e meritatissima. Di questi giocatori Alfredo Foni divenne in seguito un campione nella Juventus oltre che un laureato, gli altri rimasero degli sconosciuti dopo il lampo di Berlino e Luigi Scarabello si diede alla carriera cinematografica. Vittorio Pozzo, anche lui non professionista, rientro sul posto di lavoro all’Olivetti, dove era dirigente e in seguito passò ad allenare la Nazionale maggiore che non volle mai diventasse la squadra del regime di Mussolini.
Evento particolare fu la partita della finale di basket che vide affrontarsi le squadra del Canada contro quella degli USA vinta da quest’ultima per 19 a 8. Un punteggio incredibile ma questo successe perché il gioco avvenne all’aperto sotto una pioggia battente che rese il campo fangoso e scivoloso.
Berlino 1936 ancora oggi è un’Olimpiade che non si può dimenticare. Tutti gli occhi dei giornalisti del mondo furono puntati sulla capitale tedesca e il regime volle dimostrare al mondo di essere una metropoli cosmopolita trasformando la Germania in una specie di paese idilliaco prima della marcia verso il baratro della spietatezza nazista. La cittàdi Berlino fu un luogo aperto anche se controllatissimo, locali notturni e feste si susseguirono con una folla multicolore. La macchina del Furer sotto sotto continuò a funzionare, i giornalisti furono tutti attenti a non parlare di leggi razziali, di campi di concentramento ma dovettero esaltare la meravigliosa organizzazione. I fotogrammi perfetti, da consegnare alle future generazioni, furono curati dal film di Leni Riefenstahl, la regista amata da Hitler che girò con i suoi addetti il film “Olympia” . Berlino divenne il centro del mondo dove uomini potenti e uomini famosi si incrociarono intrecciando i loro destini… quelle 324 ore dei 16 giorni dei Giochi furono come sospese dentro una bolla, furono come una colossale illusione. ”Nella storia del regime nazista I Giochi di Berlino contrassegnarono un apice se non un’apoteosi di Hitler “ affermerà in seguito lo studioso Andrè Francois Poncet parlando della fase di consolidamento della presa di potere da parte dei nazionalsocialisti.
Che fine fecero i due personaggi più chiaccherati, Jesse Owens ed Helene Mayer?…e la Leni Riefenstahl ?
Jesse Owens aprì una lavanderia , fu ospite in vari locali notturni e guadagnò un piccolo patrimonio ma lo dilapiderà giocando in borsa e dopo tre anni dai Giochi andò sul lastrico. Gli restò la fama dell’uomo più veloce del mondo e questo gli permise di partecipare ad esibizioni in cui gareggiò per guadagnare qualche cosa per la famiglia , come fosse un soggetto da baraccone, contro motociclette, levrieri e cavalli da corsa. Negli anni ’50 ricevette il riconoscimento che gli spettava e potè così rappresentare la Federazione di atletica degli USA. Ritornò all’Olympiastadion nel 1964 per le riprese di un documentario e nel 1980 morirà di cancro ai polmoni. Helene Mayer diventerà invece campionessa nazionale di scherma americana per otto anni consecutivi. Si guadagnò da vivere insegnando tedesco e sport. La nostalgia però la assalì e nel 1952 si sposò con Erwin Falkner, ingegnere aereonautico, e insieme si trasferirono a Heidelberg. Non riuscì a vivere la sua nuova vita perché l’anno seguente morì di cancro al seno a soli 43 anni.
L’unica che visse fino a tarda età fu Leni Riefenstalhl che lavorò per 18 mesi, dopo il termine dei Gioch, sui 400.000 metri di pellicola; alla fine uscirà il film di 6.000 metri di nastro dal titolo “ Olympia”, film che venne proiettato il 20 aprile del 1938 al compleanno di Hitler. La pellicola sbancò al botteghino facendo incassare milioni di marchi. Confezionerà versino inglesi, italiane , francesi; ancor oggi gli esperti affermano che sia il miglior documentario sui Giochi, e in seguito si reinventò fotografa. Morirà nel settembre del 2003 a 101 anni.
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