Seconda parte
Adriana Balzarini
Per la prima volta a Los Angeles fu installato un impianto di illuminazione artificiale che consentì la disputa di alcuni eventi serali e per la prima volta comparve il podio della gloria, con i suoi tre scalini utilizzati dai primi tre atleti classificati nelle varie competizioni, con il primo posto più alto degli altri due che saranno posti alla stessa altezza. L’Italia fu protagonista in questa Olimpiade; mai più riuscì ad essere seconda nel medagliere per le squadre, e mai più, a parte Roma 1960, riuscì a vincere 36 medaglie, fra cui 12 ori.
I nostri atleti erano partiti sulla nave “ Conte Biancamano” da Napoli, dopo dieci giorni di navigazione erano stati accolti dal sindaco di New York, Fiorello La Guardia. Dopo quattro giorni di viaggio in treno arrivarono a Los perché il treno si era dovuto fermare ad ogni stazione per ricevere il saluto degli emigrati italiani. Il nostro portabandiera alla cerimonia d’apertura fu Ugo Frigerio, che riuscì ad ottenere un bronzo nella 50 km di marcia, otto anni dopo l’ultimo oro dei Giochi di Parigi.
Gli atleti italiani riuscirono a cogliere allori dappertutto, in ginnastica, nella scherma, nel canottaggio e nel ciclismo. La squadra di ginnastica era guidata a quattro mani da Mario Corrias e Alberto Braglia: la squadra, formata da sette uomini, fu capace di collezionare quattro ori, un argento e due bronzi.
Su tutti spiccò il riminese Romeo Neri, 29 anni, che veniva dal nuoto ma aveva fatto anche il pesista e il pugile, ginnasta con la Libertas Rimini.
Savino Guglielmetti, milanese, non ancora ventenne, scampato dalla morte per un investimento di un taxi e a una caduta dal quarto piano di un palazzo, attutita dai fili del telefono, invece di andare a frequentare le lezioni di musica alla scuola di violino scelse lo sport. Approdato alla Pro Patria, lo avrebbero già voluto portare ai Giochi di Amsterdam, ma non poterono perché Savino era troppo giovane, quattro anni dopo finalmente era in squadra; le sue evoluzioni nel volteggio a cavallo gli garantirono l’oro , doppiato da quello di squadra assieme a Oreste Capuzzo, al genovese Mario Lertora, quest’ultimo ebbe un bronzo nel corpo libero, e a Savino Guglielmetti.
Giancarlo Cornaggia Medici, nobile di famiglia milanese vinse l’oro nella spada e l’argento con la squadra. Un oro e due argenti li vinsero Gustavo Marzi, trionfatore nel fioretto individuale e argento sia nel fioretto sia nella sciabola a squadre, dietro alla formazione ungherese nella quale c’erano ancora degli allievi di Santelli, come Attila Petschauer, che vinse due ori e un argento durante la sua carriera. Proprio Attila Petschauer, morirà quando i tedeschi invasero l’Ungheria durante l’ultimo anno della Seconda Guerra mondiale, portando alla deportazione nei campi di concentramento molti ebrei. Lui finì nel campo di concentramento tedesco a Davidovka in Ucraina. Qui fu riconosciuto da Kalman Cseh, un suo ex compagno della squadra ungherese che aveva gareggiato nell’equitazione ad Amsterdam 1928. Quest’ultimo tradendolo lo indicò ai carcerieri come un olimpionico e le guardie per schernirlo lo fecero spogliare, lo legarono ad un albero, lo cosparsero di acqua gelata in una notte invernale e Petschauer morì assiderato poche ore dopo.
Il ciclismo fu per gli italiani un altro settore sportivo che li vide protagonisti: quarto successo di fila per l’inseguimento, doppietta su strada, l’oro a squadre nella 100 km a cronometro associato alla vittoria individuale del piacentino Attilio Pavesi, ripescato per questa gara dopo aver fallito la selezione per la gara in linea. Pavesi, circondato da due ali di folla lungo la spiaggia di Malibu, sulla famosa Mulholland Drive, precedette Guglielmo Segato, mentre fu quarto Giuseppe Olmo .Olmo in seguito divenne un professionista che al Vigorelli a Milano fece il record dell’ora oltre a vincere 19 tappe al Giro d’Italia e due Milano Sanremo. Divenne quando abbandò l’agonismo diventando un buon costruttore di biciclette . Fu davvero un trionfo, per gli atleti azzurri già notati durante la cerimonia inaugurale nello stadio Memorial Coliseum per la loro eleganza: giacca azzurra, camicia azzurra, calzoni bianchi, cravatta azzurra, cinta azzurra bordata con i colori nazionali, calzini bianchi, scarpe bianche e una “busta” color paglia come copricapo, alla cerimonia di apertura , definiti i “Mussolini’s boys”.
Due avvenimenti curiosi a questi giochi furono il viaggio dei brasiliani che arrivarono a Los Angeles su una nave che trasportava sacchi di caffe che venivano venduti ad ogni scalo per poter acquistare generi di prima necessità ma quando arrivarono, dopo tanti giorni di viaggio poco confortevole, si trovarono a dover pagare la tassa di sbarco e su 107 fra atleti e accompagnatori solo 58 avevano ancora nelle tasche un dollaro per il pagamento della tassa. Gli altri dovettero rimanere a bordo e non poterono né partecipare né vedere i Giochi.
L’altro avvenimento particolare e divertente fu la scomparsa del marciatore francese Henri Quintric che all’arrivo della squadra sparì. Venne a pochi giorni dalla sua gara di marcia di 50 km trovato a casa di una miliardaria americana in una splendida villa con piscina, ben nutrito e coccolato ma venne riportato a peso piangente al villaggio olimpico e dovette affrontare la marcia che portò comunque a termine arrivando al settimo posto.
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