1932 – Giochi di Los Angeles (prima parte)
I Giochi ritornano negli Stati Uniti dopo 28 anni e dopo l’esperienza negativa dei Giochi di St. Louis. L’assegnazione della X Olimpiade matura nove anni prima quando il CIO approva all’unanimità la candidatura della città. Gli americani che avevano sostenuto la candidatura di Parigi ed altrettanto quella di Amsterdam ritirandosi allora dalla corsa alla candidatura chiesero in cambio la promessa per quella del 1932. I membri americani del CIO tentarono di spostare i Giochi a Washington ma i californiani non lasciarono spazio a queste intenzioni. Un problema finanziario si pose dopo il 1929 perché quando ottennero la possibilità di avere i Giochi non avevano previsto di subire nel 1929 un crollo economico, il famoso crollo della Borsa di New York che diede via alla Grande Depressione.
Le spese furono quindi ridotte e gli organizzatori furono parsimoniosi decidendo di concentrare i Giochi in solo 15 giorni, (idea che diventò in seguito una consuetudine perché ottimo modello per non disperdere l’attenzione del pubblico) e si decise di avere tre atleti per nazione per ogni sport registrando quindi la presenza di soli 1.332 atleti. Nonostante la crisi venne costruito il primo vero Villaggio Olimpico, che si rivelò uno dei più belli mai realizzati per un’Olimpiade: 550 casette in legno di colore bianco e rosa, immerse nel verde con una stupenda vista sull’Oceano Pacifico e a solo pochi minuti dallo stadio dove si svolsero le gare; inoltre cinema, radio e teatro furono a disposizione degli atleti ma tutto questo fu previsto solo per gli uomini perché per le donne vennero invece vennero ospitate in un hotel e le atlete italiane addirittura non furono fatte partecipare ai Giochi perché la Chiesa cattolica vietò la loro presenza alle gare e al CONI questa spiegazione servì per evitare le spese per il loro viaggio oltre Oceano.
L’atletica vide l’esclusione dai Giochi del già famoso Paavo Nurmi che avrebbe voluto essere ancora protagonista nella maratona, ma venne accusato di professionismo e per questo fu squalificato. Invece grande protagonista nell’atletica fu il nostro Luigi Beccali, detto Ninì. Beccali, milanese di 24 anni corse la finale dei 1500 metri. All’inizio la gara vide in testa l’americano Cunningham con l’azzurro nelle retrovie. Ma all’ultimo giro lo statunitense cominciò a cedere e Beccali si mise in scia all’inglese Cornes che cercò l’inseguimento, per poi battere tutti sul rettilineo finale. Fu il primo atleta italiano a vincere una medaglia d’oro olimpica in una gara di corsa.Pur lavorando riuscì ad allenarsi due volte al giorno e fu precursore di metodologie da professionista, aveva capito che allenarsi più degli altri migliorava le sue prestazioni.
Un anno dopo i Giochi vinse le Universiadi di Torino eguagliando il record mondiale e poi pochi giorni dopo all’Arena di Milano confermò il tempo. A Berlino nel 1936 per aver preso “una chiodata in corsa” chiuse al terzo posto. La sua carriera agonistica si chiuderà con un oro e un bronzo europeo e con 10 titoli italiani. Si trasferì in America a New York dove si impegnò nel commercio del settore enologico. Ritornò parecchie volte in Italia e proprio durante una vacanza nell’estate del ’90, a Rapallo, morì all’età di 83 anni.
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