-di Francesco Schillirò–
Non c’è cosa migliore per un siciliano amante dell’automobilismo che parlare della Targa Florio. Con gioia ho accolto l’invito a scrivere una striscia su questa corsa stradale, che in uno con la Mille Miglia è stata la più famosa al mondo. Certo nella mia striscia non aggiungerò nulla di nuovo, ma ritengo che l’imprinting si ha nel modo come vengono raccontati i fatti.
La Targa Florio, porta il nome del suo ideatore Vincenzo Florio, palermitano ,appartenente ad una famiglia che partita da Bagnara Calabra si era trasferita in Sicilia ,a fine del diciottesimo secolo, diventando a quei tempi una delle più ricche e famose dell’Isola con un commercio d’avanguardia e con un’apertura mentale internazionale anche nel tessere rapporti.
Un ruolo importante nella crescita del nome dei Florio, lo ebbe donna Franca, che per gli ottimi rapporti con il Kaiser Guglielmo II, lo aveva spesso ospite nelle loro Ville.
Vincenzo Florio, erede di questo nome “pesante”, forse aveva il presentimento che il vento non soffia sempre a favore, per cui ,per essere sempre ricordati, bisognava lasciare qualcosa di “immortale” che fosse al di fuori dell’attività imprenditoriale. Ecco il “quid” che forse nel 1906 ha fatto nascere la Targa Florio.
La corsa, ha avuto vari percorsi di diverso chilometraggio che sono andati dai 149,823 (dal 1906 al 1911)ai 108,00(dal 1908 al 1931) fino ai 72,00 (dal 1932 al 1936 e dal 1951 al 1977). La corsa stradale si è ripetuta per 61 edizioni fino al 1977, con interruzioni nel periodo 1915-18 e 1941-45 per le due guerre mondiali. Nell’ultima edizione del 1977, un incidente con uscita di strada dell’Osella -BMW pilotata da Gabriele Ciuti ,che ha travolto gli spettatori provocando due morti e tre feriti gravi tra cui lo stesso pilota, ha decretato la fine della” vecchia targa Florio”.
Per dover di cronaca, bisogna rammentare che già precedentemente nella corsa avevano perso la vita il conte Masetti nel 1928 e il pilota triestino Fulvio Tandoj su Alpine Renault nel 1971. Certamente la Sicilia, non poteva perdere questa kermesse che vedeva la presenza di grandi scuderie sportive e appassionati che venivano da tutto il mondo, distribuiti lungo i 72 Km del percorso per ammirare questa gara “guidata”, con curve strette e tornanti dove alcune volte era difficile mantenere traiettorie “pulite” e dove era necessario (usando un termine spesso in uso per noi addetti ai lavori) essere un ottimo “manico”, specialmente nel tratto tortuoso e periglioso delle Madonie. Queste difficoltà hanno visto spesse volte arridere il successo a piloti locali, con mezzi non al top, su corridori di Scuderie Ufficiali.
Nel palmares della Corsa, per numero di vittorie e/o piazzamenti, nei primi tre posti abbiamo nell’ordine: Umberto Maglioli con 3 vittorie (1953-1956-1968), un secondo ed un terzo posto; Ninni Vaccarella “il preside volante” eccellente pilota palermitano con 3 vittorie(1965-1971-1975) e due terzi posti; Olivier Gendebien con 3 vittorie (1958-1961-1962) e un terzo posto.
Tra le case automobilistiche, l’Alfa Romeo e la Porsche, l’hanno fatta da padrone per numero di vittorie, seguite a ruota dalla Ferrari. Ritornando all’ultima corsa del 1977, il podio più alto è stato conquistato da due siciliani, Alfonso Merendino che correva con lo pseudonimo di “Apache” e Raffaele Restivo. A quei tempi in Sicilia lo pseudonimo era d’uso nei giovani piloti. Unica soddisfazione di quella triste e purtroppo ultima edizione, è stata la vittoria dei piloti nati in Trinacria. Ma come ho affermato precedentemente, la Targa Florio non poteva finire, troppo era entrata, a pieno diritto nel tessuto sportivo dell’automobilismo; aveva superato lutti, guerre e sempre era ripartita, aveva fatto onore a quanto affermato dal suo ideatore Vincenzo Florio “Continuate la mia opera perché l’ho creata per sfidare il tempo”.
Non poteva tutto finire d’emblée, e, dal 1978 è stata trasformata in “Rally targa Florio”.
Mi ritorna in mente, anche se ognuno può valutare se ci sia o no un nesso, quanto affermato da Tomasi di Lampedusa sullo spirito siciliano citato più volte come Gattopardesco:” se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”