-di Francesco Schillirò–
Il Gran Premio di Napoli, non poteva non mancare in questo mio remember delle corse automobilistiche del passato, quando l’automobilismo era passione con il “cuore che andava oltre l’ostacolo”.
Quando non c’erano cockpit con ingegneri che gestiscono con l’elettronica funzioni vitali della vettura.
Quando la macchina si sentiva con “il fondo schiena” e la tenuta era data dalle correzioni con il volante delle traiettorie.
Quando la “messa a punto” della macchina era un discorso tra pilota e meccanici.
Quando con un solo treno di gomme si partiva ed arrivava, senza cambiare la “mescola”
Ed ancora tanti “quando”, nostalgici per chi è stato vicino attivamente in passato a questo meraviglioso mondo.
Questa corsa su circuito stradale era nata nel 1933 e si è effettuata fino al 1962 con l’interruzione per la II guerra mondiale.
VIDEO: https://youtu.be/rkCWB6UFbFA?t=8
All’inizio in onore di Maria José di Savoia, aveva assunto il nome di “Coppa Principessa del Piemonte”.
Successivamente, nel 1948, alla ripresa delle competizioni, venne chiamata “Gran Premio di Napoli” e paragonata per il suo percorso suggestivo come tragitto e come panorama, al gran Premio di Monte Carlo.
Mi fa piacere ricordare che il Gran Prix monegasco nel 1933 è stato il primo dove la griglia di partenza si è ottenuta con i “tempi” nelle prove di qualifica e non per “sorteggio”, quindi per merito e non per fortuna.
Quel Gran Premio ha visto anche per la prima volta correre auto con colori nazionali:
Rosso (Italia)
Verde (Regno Unito)
Blu (Francia)
Giallo(Belgio)
Bianco(Germania)
La Germania dall’anno successivo per guadagnare qualcosa nel peso dell’autovettura, lasciò il metallo a vista senza pittura.
Da ciò è nato il mito delle “Frecce d’Argento (silbernen pfeil )”, che ancora fa soffrire chi, come me è tifoso della “rossa”.
Ritornando al Gran Premio di Napoli, nelle sue 20 edizioni, è stato sempre organizzato dall’Automobile Club, con un Comune nell’era “Laurina”, tiepido su questa iniziativa.
Il podio più alto, come numero di vittorie (tre) è stato occupato da Giuseppe (Nino) Farina, grande pilota italiano, vincitore nel 1959 del primo campionato del mondo di Formula 1 a bordo dell’Alfa Romeo.
Binomio tutto italiano che ha aperto la lunga lista che annualmente si aggiorna.
Enzo Ferrari nel libro “Piloti che gente” scrisse di Farina:” Sarà storicamente ricordato come il pilota che per primo si è fregiato del titolo mondiale…………..
Era l’uomo del coraggio che rasentava l’inverosimile.
Un grandissimo pilota, ma per il quale bisognava stare sempre in apprensione, soprattutto alla partenza e quando mancavano uno o due giri all’arrivo……….”
Il “Drake “era un gran conoscitore di piloti.
Anche questo Gran Premio, ha pagato lo scotto, nell’edizione del 1947, dove perse la vita Vincenzo Borghese napoletano verace, pilota di moto e di auto, titolare di una officina e della scuderia Partenope insieme a Tommaso Liguori.
A Napoli tutti siamo stati clienti della “Autoricambi Borghese”.
L’amaro destino ha voluto che lui ottimo conoscitore del percorso il 3 Agosto a bordo di un 1100 Fiat elaborato dal suo preparatore ufficiale Sabatino Paganelli, perdendo il controllo della macchina, si fermasse contro un pino posto al centro di una curva della discesa Gaiola.
Manuel Fangio, indiscusso campione, non è mai riuscito a vincere il Gran Premio di Napoli e affermava:” Quello di Posillipo era un tipico circuito cittadino e nascondeva tante insidie, come gli spigoli dei marciapiedi, per non dire degli alberi lungo i tratti in discesa, ai lati della strada. Un vero incubo”.
Oggi concludo, purtroppo nulla è cambiato anzi…
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