–di Francesco Schillirò-
In questi giorni, ne abbiamo sentite tante.
Ognuno pensa di essere il “verbo” e forse in questa presunzione, cado pure io con questo mia striscia.
Si parla di quel che si deve o non si deve fare, di come dobbiamo, tra virgolette, svolgere la nostra giornata, di quel che si deve fare con lo sport (riaprire o no?).
L’Italia del pallone, come sempre, la fa da padrone.
Noi italiani, siamo tutti mister, e quando erano possibili gli assembramenti, il Lunedì era dedicato a discutere degli errori o meno di formazione, della condotta arbitrale, della eventuale mancanza di etica sportiva.
Tutti argomenti che oggi sciano il tempo che trovano, perché si parla di una pandemia che è “All inclusive “non trascurando e inglobando l’attività sportiva con un’alta percentuale di rischio.
Si va quindi, dalla dialettica “fine a se stessa” e non nociva, se non a fomentare polemiche, a discutere su decisioni che potrebbero procurare enormi danni.
Ovviamente, io da soggetto che ha praticato sport attivo, so cosa significa fermarsi nei programmi di allenamento e quanto è dura la ripresa a pieno regime.
Ritengo che, con i dovuti accorgimenti, che è inutile ripetere, perché li conosciamo “a memoria”, debbano essere ripresi allenamenti modulati, valutando i rischi contingenti ad ogni tipologia di attività sportiva “agonistica”.
La attuale stagione, aiuta ad una attività all’aria aperta preparatoria.
In questo momento, bisogna evitare l’agone, che spinge negli sport di squadra, alla vicinanza tra gli atleti.
Dobbiamo avere rispetto di tutto quello che è occorso e mettere tutti i mezzi possibili, per evitare una ripartenza dell’epidemia.
Purtroppo, a tutt’oggi l’unica difesa è evitare di contagiarsi e per molto tempo, anche dopo la “libera uscita”, dovremo rispettare quelle norme igienico-sanitarie, che non sono altro che i “fondamenta” dell’educazione civica.
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