–I due protagonisti-antagonisti hanno avuto il pregio di far fare al tennis un salto storico: Jack Kramer ha aperto strada al tennis professionistico, Billie Jean King invece a quello femminile. Battaglie aspre per entrambi, ma di successo.
di Massimo Rosa
Alla fine del 2017 è circolato nelle sale cinematografiche il film “La Guerra dei sessi”, la cui trama raccontava di Billie Jean King, una giocatrice protagonista della storia del tennis femminile, impegnata in una lotta per la pari dignità salariale delle donne nel mondo della racchetta. Il film è uno spaccato di costume di quegli anni ’60. E’ la lotta delle donne contro il mondo maschile dell’epoca (ancora purtroppo attuale nella società moderna, seppur meno spigoloso). Nel racconto emerge la figura di Jack Kramer, il boss del professionismo per antonomasia, anzi storico, che contrasta la King e tutte le tenniste che hanno aderito al movimento. Kramer riteneva, infatti, il tennis femminile poco più che una comparsata, non meritorio, quindi, di pretendere quello che secondo lui non rappresentava.
A posteriori, dunque, il personaggio non ne esce certamente simpatico per il ruolo che svolge da acerrimo antagonista della King nella battaglia dei diritti ma, soprattutto, per essere uno sciovinista maschilista convinto.
Di lui nella pellicola non emerge invece, perché non si fa alcun cenno, il grande personaggio che è stato nella storia del tennis mondiale (d’altra parte non era il protagonista): è l’uomo che ha trasformato il tennis da dilettantistico in professionistico.
Il primo passo fu la costituzione della Troupe Kramer, ch’ebbi la fortuna di vedere all’opera a Riccione, se non vado errato nel 1962. I componenti erano fior di numeri uno. Ricordo: Pancho Segura, colombiano; Pancho Gonzales, statunitense; Ken Rosewall, australiano. Tutti plurivincitori dei tornei più importanti, cioè quelli dell’attuale Grande Slam. La Troupe girava il mondo esibendosi nei vari circoli di tennis di allora. I match però non erano quelle fatue esibizioni dei nostri giorni, al contrario erano veri e propri scontri agonistici. Una delizia per gli occhi di chi amava questo sport, soprattutto perché all’epoca i loro nomi apparivano solo su qualche giornale di sport, orfani com’eravamo ancora della televisione dei grandi appuntamenti internazionali. Eccezion fatta per quelli di Coppa Davis in cui Nicola Pietrangeli e Orlando Sirola ci regalavano emozioni su emozioni.
Jacky Kramer era nato a Las Vegas l’1 agosto 1921 da una famiglia abbiente. Il suo primo amore fu il basket, almeno sino a quando non scoprì il tennis dopo il trasferimento da Las Vegas a San Bernardino, a pochi passi da Los Angeles, dove frequentò il LATC, ovvero il Los Angeles Tennis Club, da dove sono passate tra le più belle racchette a Stelle e Strisce. E proprio su quei campi di terra rossa nasce il nostro Jack tennista
Il colpo di fulmine avvenne quando ebbe la fortuna di assistere ad un incontro dell’allora numero uno della ranking list, Hellsworth Vines, che lo fece innamorare definitivamente di quel Sissy Game, come veniva chiamato ironicamente, cioè sport per signorine. Dick Skeens e Perry T. Johnes, altri due notabili dell’epoca, lo presero sotto la loro ala protettrice vedendo nel ragazzo delle doti interessanti. Doti che lo accompagnarono dritto dritto a conquistare nel 1938 a soli diciassette anni il titolo di The Boys’ National Champions. Da lì l’inizio di una sfolgorante carriera che lo portò ad essere anche il numero mondiale conquistando tutto il conquistabile: Coppa Davis, Wimbledon, U.S. Championships, Internazionali d’Australia, oltre, naturalmente un’infinità di altri tornei in giro per il mondo.
La sua tecnica era fatta di potenza e votata al Serve & Volley, antesignana per quei tempi, che lo portò appunto a dominare su vari palcoscenici da lui calcati. Chi lo introdusse a questo gioco spettacolare fu un certo ingegnere Cliff Roche, convincendolo che il tennis, in fin dei conti, lo si poteva ridurre all’essenziale: il servizio, la discesa a rete, e la palla colpita al volo. La risposta dell’avversario non poteva che essere nella maggioranza dei casi che un prevedibile passante, il che riduceva, secondo il prezioso teacher, la percentuale ad un solo 20% di conquista del punto da parte del rivale.
Nel 1947 dopo avere vinto la Coppa Davis, gli USA Championship e Wimbledon, le sirene del professionismo lo conquistarono, demone tentatore fu il manager Jack Harris. Entrato in quel circuito il nostro Jack portò a casa quel primo anno 65 vittorie su 85 incontri ma, soprattutto, comodi 85mila dollari, che lo convinsero della bontà della scelta. Da questa prima esperienza il passo susseguente fu breve: nacque la “Troupe Jack Kramer”, e con essa l’attuale moderno professionismo tennistico.
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