-Di Massimo Rosa-
Leggendo il pezzo di ieri a firma Alessandra Rutili, dedicato al libro dell’ex arbitro Paolo Pairetto, mi è tornato in mente il mio editoriale del 9 giugno 2006 pubblicato su Il Caffè, il mio magazine on-line. L’Italia non era ancora Campione del Mondo ed erano i giorni di Calciopoli o Moggiopoli.
L’Editoriale
Pronti, via. Sono partiti i Mondiali di calcio che ci terranno impegnati per tutto il mese di giugno sino alla loro conclusione del 9 luglio. Un mondiale che idealmente riunisce ancora una volta la Germania, perché il calcio d’inizio è stato dato all’Allianz Arena di Monaco di Baviera, che durante questo periodo iridato assume la denominazione di World Cup Stadium, mentre l’ultimo verrà dato all’Olympiastadion di Berlino, quello che nel 1936 vide trionfare le gesta olimpiche dello statunitense di colore Jesse Owens. Sarà ancora una volta un mondiale verdeoro brasiliano? Secondo i bookmakers, sì. Noi, speriamo non sia così, perché riposte le asce di guerra del tifo nostrano, siamo concordi nel tifare per gli Azzurri, che nel bene o nel male sono sempre la squadra da battere assieme ai virtuosi sudamericani.
Lo scandalo che ci ha travolto (ma tutti lo sapevano, perché non ne parlavano?) speriamo restituisca presto il calcio ai tifosi, le romantiche vittime di questa ennesima pagina nera dello sport.
Di certo non solo Moggi e la Juventus hanno potuto gestire l’Affair, se non altro perché l’Italia è il Paese di Pulcinella, dove i segreti appunto non restano segreti. Diciamo piuttosto che alla corte di Moggi in molti hanno banchettato, anzi hanno fatto indigestione, salvo poi prendere un alkasltzer. Ora quei pingui baccanti s’indignano se qualcuno ha ricordato che alla tavola di Re Artù erano assisi anche loro facendo a gara per stare il più vicino possibile a re Lucianone, che dall’alto del suo scranno impartiva le benedizioni, almeno così si pensa. Ma diciamo la verità, perché stupirsi quando, da che mondo è mondo, le telefonate ci sono sempre state, da, per e tra protagonisti della quotidianità del pallone? Suvvia nono siamo ipocriti, quante volte i tifosi hanno detto nei momenti di pericolo della loro squadra del cuore “speriamo siano d’accordo”.
E poi che credibilità ha un’istituzione come la Fgci quando non molto tempo fa mise il paraocchi quando ci fu la regalia dei Rolex d’oro, quando ci fu la passaportopoli , quando ci furono le fidejussioni taroccate, quando ci furono le società non in grado di iscriversi al campionato, quando ci furono le società che non pagavano l’Irpef, quando si fece fare un balzo alla Fiorentina dalla C1 alla serie A, quando il Chievo Verona venne preso per i fondelli per la vendita di Eriberto, alias Luciano, alla Lazio di Cagnotti, che senza il becco di un quattrino acquistava fior di giocatori senza pagare. Dov’era la Fgci, dov’erano tutte queste verginelle, dove era la stampa, che oggi sputa titoli a nove colonne per vendere meglio e di più?
E’ evidente a tutti che il mondo del calcio è una grande famiglia o meglio una grande consorteria dove l’intrallazzo è quotidianità. Non è forse la stessa cosa in altri settori professionistici non necessariamente dello sport?
La sentenza che verrà emessa dalla giustizia sportiva colpirà imparzialmente chiunque o sarà una sentenza già scritta? Saremo spettatori di una rivoluzione? Torneranno in serie A, alla luce di ciò che potrebbe accadere, e perché ripescate, società come l’Hellas Verona, il cui palmarés di provinciale s’impreziosisce di un titolo di Campione d’Italia, di una partecipazione in Coppa dei campioni, di due partecipazione in Coppa Uefa e di tre finali di Coppa Italia?
Se ciò accadesse sarebbe un miracolo.
E’ forse utopia parlare di rifondazione, di valori, di etica, quando il dio denaro è quello che ha il maggior ruolo nella commedia umana? Forse sì.