Riviviamo la storia di Luigi Malabrocca, un delicato tratto nero sul capolavoro in rosa del Giro d’Italia
–di Massimo Rosa–
Il colore rosa nel ciclismo indica il leader del Giro d’Italia e quindi il vincitore finale. Dunque il rosa, il colore della Gazzetta, da quasi un secolo fa sognare tifosi e praticanti dello sport delle due ruote. Indossare la maglia più amata dagli italiani è un onore che ti pone nell’olimpo del ciclismo italiano, anche se la indossi per un giorno solo.
Nei giri moderni le varie maglie di colore diverso indicano i leader delle varie specialità, vediamone il loro significato. Quella rosa nacque nel 1931, voluta dall’allora patron della corsa Armando Cougnet. Primo ad indossarla con una vittoria di tappa fu Learco Guerra, mentre a vincere il Giro fu Francesco Camusso.
La maglia verde è quella assegnata ai leader dei Gran Premi della Montagna, classifica nata nel 1933. Primo vincitore a mettersela sulle spalle fu il campione spagnolo José Manuel Fuente. Essa è assegnata sommando i punti acquisiti nel diversi GPM, che variano a seconda della categoria. La Cima Coppi, massima altitudine del Giro, ne assegna il doppio. Marco Pantani, l’indimenticato campione, nel 1988 vinse le due maglie. Per ovviare a questa doppia vittoria gli organizzatori da allora assegnano la verde al secondo classificato dei GPM.
La maglia bianca va al leader della speciale classifica degli Under 25. Primo della storia ad indossarla nel 1976 fu Alfio Vandi. Venne assegnata ininterrottamente dal 1976 al 1994, quindi, dopo una sospensione di 18 anni, dal 2012 è stata reintrodotta. A ricominciare questa tradizione è stato Andy Schleck.
La maglia ciclamino è istituita dal 1969. Essa è soprattutto a vantaggio dei velocisti o anche di quelli che amano le fughe, vincitori di tappe e traguardi volanti. Primo ciclamino storico fu Franco Bitossi. Nei primi due anni dopo la sua istituzione il colore scelto era il rosso.
Un capitolo a parte merita la maglia nera, oggi non più assegnata anche se resta nel lessico classico del ciclismo moderno e dello sport in generale. Essa merita un’attenzione particolare, poiché indica l’ultimo di una qualsiasi classifica. La sua popolarità la si deve a Luigi Malabrocca, storico corridore che inseguiva solo l’ultimo posto, per una questione di vil pecunia. Dunque al Giro si battagliava per il rosa e per il nero.
Sia chiaro Malabrocca non era un “brocco” perché nella sua carriera aveva ottenuto 15 vittorie, tra queste le allora prestigiose Parigi – Nantes e la Coppa Agostoni (nel 1947 la prima e nell’anno successivo la seconda) e nel 1950 fu anche campione italiano di ciclocross.
Il nostro Luigi per conquistarsi l’ultimo posto, molto ambito per via del premio in denaro, doveva spesso infrattarsi nei luoghi più disparati per lasciarsi sfilare la corsa al fine di guadagnarsi quella maglia da leader alla rovescia, se non addirittura scegliere di entrare in una qualche osteria a bersi un generoso bicchiere di vino rosso, intrattenendo gli avventori con i racconti del Giro, perdendo in questo modo prezioso tempo.
I suoi sotterfugi denotavano una fervida fantasia: finte forature come voluti incidenti meccanici, tanto per citarne solo un paio. Una volta arrivò addirittura a nascondersi dentro un pozzo sotto l’occhio esterrefatto del proprietario, che non capiva perché quel “girino”, dopo aver nascosto la bicicletta, gli avesse chiesto di potersi calare in quel buco per qualche minuto. Ma a Malabrocca poco importava se magari, come in quel caso, lo scambiassero per matto, poiché la sua attenzione era d’arrivare al traguardo con largo ritardo, tra l’invidia di chi ambiva a quell’ultimo posto ma non aveva le capacità né l’immaginazione di questo atipico protagonista. Proprio così, perché lui era indubbiamente un creativo ineguagliabile.
Il nostro eroe aveva trovato il modo di far parlar di se divenendo enormemente popolare. Se così non avesse fatto, nessuno si sarebbe ricordato di questo stravagante ed inconsueto personaggio, che ancora oggi si fa ricordare.
L’ultima sua memorabile impresa la compie al Giro del 1950, quando si corre l’ultima tappa di 267 chilometri da Torino all’Autodromo di Monza. La sua corsa è un testa a testa con il veneto Sante Carollo, che aveva sostituito Fiorenzo Magni all’ultimo minuto, aspirante anch’egli alla magica nera.
Malabrocca, ingolosito da un traguardo volante a premio, parte di gran carriera per andarselo a conquistare, ma subito dopo scompare. Dove sarà andato? Malabrocca, subito dopo il traguardo volante, aveva pensato bene d’infilarsi in una corte, dove il padrone di casa gli aveva offerto una squisita ospitalità con pranzo e libagioni. Terminato il gozzoviglio aveva nuovamente inforcato la bicicletta tagliando il traguardo con 2 ore e mezza di ritardo. Peccato però che fu considerato fuori tempo massimo, regalando quell’ultimo posto al suo diretto avversario.
“…Devo precisare che arrivavo ultimo quando mi conveniva, però ero capace anche di vincere”, scriveva Malabrocca ad un certo signor Andreoli. “Ho cominciato nel 1936 e ho smesso nel 1958. E ho fatto 138 vittorie tra Italia ed estero”.