–di Enrico Brigi–
Il titolo ricorda sicuramente il famoso film del 1963 interpretato dal grande Steve McQueen, dove il grande attore statunitense, scomparso prematuramente nel 1960, vestiva i panni di un prigioniero di guerra che tentava di evadere da un campo di concentramento nazista. Questa volta, invece, il titolo ci rimanda in un altro contesto dove il protagonista principale è un calciatore. Parliamo, infatti, di Gonzalo Higuain, centravanti della Juventus. L’attaccante argentino, ottenuto il beneplacito della società, dopo essere risultato negativo al Covid-19, ha preso un volo per raggiungere i propri familiari nel paese sudamericano.
La mossa “arguta” (si fa per dire) del calciatore non ha mancato di sollevare diversi punti interrogativi. L’aspetto più eclatante, che ha fatto saltar giù dalla sedia più di qualche addetto ai lavori e non solo e come e in base a quali principi possa essere accaduta una cosa del genere. Come mai non sono stati rispettati i tempi di quarantena imposti a tutta la squadra dopo la positività riscontrata prima a Rugani e poi a Matoudi? Come mai il giocatore è stato sottoposto al tampone, pur risultando asintomatico, quando in certe occasioni lo stesso tampone non è stato fatto a gente comune che ne faceva richiesta avendo i sintomi? L’avvicinamento ai genitori non rientra tra i motivi di primaria importanza, per lui valgono forse regole diverse? Ci fermiamo qui ma si potrebbe andare avanti ancora.
Quanto avvenuto ieri è l’ennesima dimostrazione dove molti calciatori, idolatrati e pagati suon di milioni di euro, rimangono degli eterni “viziati”, all’interno di un contesto che a volte mostra di essere paurosamente lontano dalla realtà di tutti i giorni. Il rischio, già successo altre volte, è quello che una volta ripreso il campionato tutto finisca “in cavalleria”. Ed è questo, forse, l’aspetto più triste.