-di Andrea Ceccotti-
Continuo nella mia carrellata dedicata ai campioni della pallacanestro del passato che ho avuto il piacere di incontrare e conoscere.
Oggi vi parlerò di Gianfranco Pieri soprannominato “Il Professore”. Soprannome dovuto al fatto che portava gli occhiali quando giocava e che fosse un giocatore di grande cervello, un allenatore in campo, un vero genio del basket. In campo e fuori costituiva un’autorità.
Non a caso poi nella vita dopo aver studiato con grande profitto, rinunciando per questo a giocare tante partite con la Nazionale Italiana, divenne un affermatissimo ragioniere pubblico certificato.
Pieri nasce a Trieste il 6 febbraio 1937. Questo il suo palmares sportivo:
- 61 Presenze con la Nazionale Italiana, 514 punti realizzati.
- Giochi Olimpici (Roma 1960-Tokio 1964)
- 1 Campionato Europeo (Istanbul 1959)
- Serie A: 291 presenze, 3152 punti realizzati.
- 9 Scudetti e 1 Coppa dei Campioni con l’Olimpia Milano.
- Canestro d’Oro (miglior giocatore di Serie A) stagione 1956-1957.
- Premio “Italia Basket Hall of Fame 2007”
Dopo I primi approcci al basket al “Ricreatorio Giglio Padovan” di Trieste, iniziò a giocare nel 1950 nella gloriosa Ginnastica Triestina con la quale vinse nel 1953 e nel 1954 il titolo italiano nella categoria juniores.
Alto 1 metro e 90, iniziò come centro avendo la stazza per coprire quel ruolo: fu il pivot titolare all’arrivo in serie A della squadra nel 1954-55, quando aveva solo 17 anni.
Nella prima partita contro la Pesaro di Riminucci segnò 35 punti. La domenica dopo a Milano contro la Borletti campione d’Italia uscente, ne realizzò 34. Al termine della partita un “certo” Cesare Rubini, quell’anno allenatore-giocatore di Milano dichiarò: “Pieri mi ha talmente distrutto che mi ritirerò”. Poco dopo l’Olimpia Milano lo acquistò.
La colonia di “muli” a Milano era già rappresentata proprio da Rubini e da Romanutti. L’Olimpia per convincere Pieri al trasferimento offrì un posto di lavoro a suo padre che a quei tempi significava sistemare l’intero nucleo familiare e garantiva anche a lui un appoggio sicuro. Il padre lavorò prima in una torrefazione e poi diventò ispettore della Simmenthal per il Veneto.
A Milano la carriera di Pieri cambiò sotto l’impronta di Cesare Rubini, non un grande stratega in panchina ma formidabile nel riconoscere il talento e nel gestire lo spogliatoio. Fu lui a spostarlo da pivot a ….play! Infatti nel ruolo di playmaker Pieri dimostrò le sue innate doti nel saper far lavorare bene i compagni. Grandi campioni che giocarono con lui quali Sandro Riminucci, Nane Vianello e americani del calibro di Bill Bradley, riconoscevano tutti che i passaggi e le intuizioni di Pieri li aiutavano immensamente nel realizzare i loro canestri.
Gianfranco Pieri è considerato ancora oggi da molti addetti ai lavori, la miglior point guard nella storia della pallacanestro italiana. Dan Peterson, su una copia ormai ingiallita dei Giganti del Basket, scriveva:” Pieri è stato unico”. Era un Mike D’Antoni nato vent’anni prima”….
Un giocatore in grado di giocare alla pari alle Olimpiadi di Roma 1960 contro avversari del calibro di Jerry West, Oscar Robertson e Walt Bellamy. Talenti infiniti che segnarono un’epoca anche nella NBA.
Il “Professore” oggi è un distinto signore di 83 anni, molto ben tenuti. Ho avuto il piacere di incontrarlo assieme alla moglie, una gentilissima signora, nel giugno del 2019 nel corso della conferenza stampa tenutasi a Trieste per il rilancio dell’attività sportiva nei Ricreatori Comunali della nostra città. Non ha voluto mancare venendo appositamente da Milano per supportare l’iniziativa.
E il suo rapporto con la pallacanestro?
Lui oggi segue il basket con signorile distacco soprattutto alla tv o leggendo. Quelli dell’Olimpia lo hanno invitato ai loro incontri ma il Forum è lontano da casa sua, anche se la vera motivazione e che il basket di oggi non lo attira affatto. Recentemente ha infatti dichiarato:” Non mi piace come si gioca e non vedo più autentici gruppi. Le squadre cambiano giocatori con troppa frequenza, i tifosi non riescono ad appassionarsi. Una società dovrebbe investire su un nucleo di 5-6 giocatori e invece che ti fanno? Ogni estate tabula rasa!” Troppi stranieri per creare una vera squadra. Ognuno sta per conto proprio con le cuffiette sulle orecchie e finita la partita ciao…….La mia pallacanestro era diversa”.
Meno male che si diverte ancora e tanto nel tornare a Trieste, soprattutto d’estate. Rivede tanti vecchi amici al bagno “Ausonia” dove nel periodo estivo giocava a pallanuoto per l’Edera nella piscina scoperta.
Si perché a quei tempi la “mularia”, ragazzi e ragazze, faceva così: d’inverno praticava gli sport di squadra in palestra (soprattutto la pallacanestro) e d’estate gli sport acquatici (nuoto e pallanuoto).
Capito perché la Trieste di quel periodo produceva tanti campioni!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!