2O Lezioni contro l’odio, scritte da Massimo Castellani e Adam Smusich
-di Adalberto Scemma –
Il veleno del razzismo sul gioco più bello del mondo, il calcio naturalmente. Massimo Castellani e Adam Smulevich hanno raccolto in un volume che è già diventato un classico le storie e le testimonianze di chi ha subito -e subisce, ancora oggi- la piaga di una minaccia strisciante. Il titolo del libro, per i tipi di Giuntina, editore sensibile e raffinato, molto attento alla cultura ebraica, è emblematico: “Un calcio al razzismo- 20 lezioni contro l’odio”. La scrittura, in linea con la storia professionale degli autori, è in punta di fioretto. Il tono accorato, la caratura degli argomenti e la documentazione storica ineccepibile, evocano invece l’uso calibrato della sciabola. Con una indicazione supplementare che riguarda il recupero della “memoria”, un patrimonio da non disperdere e da tutelare con orgogliosa, e continua, presa di coscienza.
La minaccia del razzismo, evidenziano Castellani e Smulevich, ha origine nei drammi che hanno attraversato la società europea nel secolo scorso e che ancora pulsa nel ricordo di quelle ferite. C’è infatti un filo che collega i maestri danubiani della Serie A epurati dal regime fascista in quanto ebrei agli ignobili attacchi contro campioni di oggi come Koulibaly e Lukaku.
Il percorso del libro, con diversi inediti, spazia da Giorgio Bassani alle colte citazioni di Lilian Thuram, dal ruolo salvifico di questo sport per i reduci dai lager all’abominio di chi oggi propaga odio nelle curve. Fu una schedina, quella mitica del Totocalcio, il sogno di riscatto del giornalista Massimo Della Pergola quando si trovava ancora in un campo di internamento in Svizzera. E fu un pallone che rotolava nel segno di una “Stella Azzurra” a ridare ad Alberto Mieli, sopravvissuto ad Auschwitz, la forza di restare in vita.
Proprio in apertura, a proposito di “memoria”, commuove la riproposta di storie come quelle dei maestri danubiani, tutti di etnia ebraica, che hanno contribuito con la loro lezione, non soltanto tecnica ma anche e soprattutto etica, a fare grande il nostro calcio: Arpad Weisz, ucciso ad Auschwitz dopo aver vinto due scudetti con Bologna e Inter, Egri Erbstein, il “guru” del Grande Torino, scomparso nella tragedia di Superga, Bela Guttman, sul tetto d’Europa con il Benfica di Eusebio dopo aver guidato in Italia Milan, Vicenza, Padova e Triestina, carismatico antesignano di un calcio iperoffensivo. Memorie un po’ sbiadite, che hanno invece molto da insegnarci. C’è un gioco da salvare. E la cura potrà essere solo una buona dose di consapevolezza.
Massimiliano Castellani e Adam Smulevich: “Un calcio al razzismo-20 lezioni contro l’odio” (Giuntina editore) 10 euro