di Andrea Ceccotti
Non è certo passato inosservato neanche stavolta il ritorno a Trieste di Gianmarco Pozzecco.
Triestino di nascita, classe 1972, è tornato domenica scorsa in veste di capo-allenatore della Dinamo Sassari, sponsorizzata Banco di Sardegna, in occasione della partita del campionato di pallacanestro di serie A1 fra l’Allianz Pallacanestro Trieste e appunto la compagine sarda.
Al quotidiano locale Il Piccolo aveva concesso già venerdì 31 gennaio un’intervista di presentazione pubblicata sulla pagina sportiva, dichiarando che la sua squadra non avrebbe ripetuto gli errori della gara d’andata quando Trieste era passata corsara a Sassari (una delle uniche 2 vittorie in trasferta di Trieste fino ad oggi, conseguita sul campo della finalista scudetto 2019!).
Dichiarava tra l’altro che secondo lui la squadra allenata dall’amico Eugenio Dalmasson avrebbe d’ora in poi fatto benissimo ma meglio se il miglioramento cominciava… dalla settimana successiva alla gara contro di lui.
Le cose purtroppo per Sassari non sono andate bene in quanto Trieste ha vinto l’incontro per 83-82, con un canestro del “Lobito” Fernandez all’ultimo secondo della gara, dopo che Sassari era praticamente stata sempre in vantaggio e anche con margini rassicuranti.
Ma si sa il bello del basket è che fino alla fine nessun risultato è certo e scontato e fino all’ultimo secondo di gara può veramente succedere di tutto!
Ma non è della partita in particolare che vi volevo parlare.
In previsione della presenza di Gianmarco a Trieste avevo all’inizio della settimana contattato suo padre Franco, chiedendo a entrambi la disponibilità per un’intervista.
Scrivendo per Panathlon Planet, quotidiano on line di informazione e cultura sportiva del Distretto Italia, il tema che volevo proporre loro era relativo alla nostra CARTA DEI DIRITTI del RAGAZZO e dei DOVERI DEL GENITORE, chiedendo a padre e figlio, grandi sportivi e protagonisti del basket seppur in epoche diverse, un commento sulla stessa.
Purtroppo i tempi strettissimi della permanenza di Pozzecco Junior a Trieste non hanno permesso la realizzazione dell’intervista.
Ho visto e salutato entrambi al PalaRubini e Gianmarco stesso ha visto e salutato il padre Franco per la prima volta solo durante il riscaldamento pre-partita.
Io da giocatore della Pallacanestro Trieste nella stagione 1975-76 ho avuto il piacere di giocare con papà Franco che era il capitano della nostra formazione.
La squadra era composta da 9 triestini, di cui 5 sotto i vent’anni e da un unico giocatore americano professionista. Alla fine della stagione regolare, ci trovammo a pari punti con la Pintinox Brescia nella quale militava un certo Charlie Yelverton. Disputammo quindi lo spareggio all’Azzarita di Bologna e vincemmo dopo una drammatica partita.
Da Trieste per sostenere la squadra 3000 persone raggiunsero Bologna con ogni mezzo e alla fine tra il tripudio dei nostri tifosi ci salvammo ma soprattutto letteralmente salvammo il basket triestino dall’estinzione.
Ma torniamo ai Pozzecco.
Gianmarco a soli 3 anni scappava da casa per venire a vedere papà che si allenava al vecchio PalaChiarbola.
Inevitabilmente cominciò quanto prima a giocare a pallacanestro ma era molto bravo anche a calcio.
Papà Franco non volle mai forzare la scelta definitiva sullo sport da praticare e solo a 17 anni Gianmarco scelse definitivamente che il suo sport doveva essere il basket.
Scelta più che mai azzeccata visto che nella sua carriera Il Poz ha vinto l’argento olimpico nel 2004 ad Atene, il titolo italiano e la Supercoppa nel 1999 con la Pallacanestro Varese e partecipato a una finale di Euroleague contro il Maccabi Tel Aviv.
Playmaker dotato di estro e fantasia, è ricordato come uno dei migliori italiani di sempre nel ruolo.
Nel 2012 ha iniziato poi la carriera di coach a Capo d’Orlando con l’Orlandina Basket.
Tornando al discorso delle nostre Carte sulle quali volevo intrattenere i 2 POZ e cioè sui temi legati a principi, valori, etica nello sport, rispetto dell’avversario, qualcuno potrebbe storcere il naso visto che quando si parla di Gianmarco non si può fare a meno di pensare ai suoi atteggiamenti estrosi dentro e fuori dal campo. Già perché la Mosca atomica (questo era il suo soprannome ai tempi della Fortitudo Bologna e della nazionale) ha spesso fatto parlare di sé per i suoi comportamenti sopra le righe.
Io personalmente ritengo che Gianmarco Pozzecco, con tutte le contraddizioni del genere, nei momenti migliori della sua carriera ha maggiormente incarnato l’anima dei gruppi vincenti nei quali è stato, per voglia di vincere, passione e amore sconfinato per il gioco della pallacanestro.
In campo non si limitava mai nell’esprimere al 100% la propria personalità, esuberante quanto volete, ma mai becera, irriverente o volgare.
Gianmarco ha dichiarato: “Per tutta la mia carriera ho cercato di battere il mio avversario con rispetto e lealtà. Quando ho vinto, ho festeggiato, ma sono sempre stato il primo a fare i complimenti allo sconfitto perché so quanto è fastidioso perdere”.
Ma in tutto questo cosa c’entra papà Franco?
Ritengo centri molto in quanto Franco racconta. Tale POZ padre, tale POZ figlio.
In occasione del suo ritorno a Trieste ci riferisce che Gianmarco non lo chiama papà ma Franco.
Franco e Gianmarco, padre e figlio. Complici oltre che amici. Un abbraccio al Palazzetto prima della partita, come negli anni, non è mai mancato. Non potrebbe essere diversamente da un papà che definisce il figlio come un moto perpetuo dopo esserlo stato lui, per primo.
Il giorno prima della partita alla domanda del giornalista che gli chiedeva come sarebbe stato accolto Gianmarco al PalaRubini, Franco rispondeva: “Di solito a Trieste viene accolto bene ma come accade in tutto il mondo anche nella sua città c’è chi non lo ama”.
Amore e odio, insomma, come è sempre stato nella vita di Gianmarco.
Io ero presente all’incontro di domenica scorsa e vi posso assicurare che l’applauso riservato a Gianmarco dal pubblico della sua città natale al momento in cui lo speaker lo ha presentato come il “nostro” Gianmarco Pozzecco, è stato calorosissimo e sincero.
Lo stesso Gianmarco, già emozionato in campo, lo ha riconosciuto e ha ringraziato tutti al termine della partita.
Come premesso purtroppo io non ho potuto interloquire con i POZ sulle Carte del Panathlon e mi riprometto di farlo alla prima occasione utile.
Sono certissimo però che i Diritti del Ragazzo Gianmarco sono stati rispettati da papà Franco che, quando lui era ragazzo, ha sicuramente assolto in pieno ai suoi Doveri di genitore e continuerà a farlo sempre in futuro per il suo “bambino”, come ama considerarlo nonostante i suoi 47 anni.