Intervista del 2001
Uomo di fair play capitato tra i cannibali del calcio nostrano
– di Massimo Rosa –
Quando dico a Renato Tacconi di aver il desiderio di inserire nel libro che sto preparando sui cento anni di storia dello sport veronese anche il presidente dello scudetto Ferdinando Chiampan, non si fa pregare due volte, aderendo con entusiasmo alla mia richiesta.
Prende subito in mano il telefono ed in un battibaleno mi fissa l’appuntamento.
Renato Tacconi, un veterano-testimonial di quel memorabile, e forse irripetibile scudetto, assieme al segretario Bertolini ed a Nicoletta, allora segretaria- centralinista.
L’incontro fissatomi è per il giorno dopo alle 11 nell’abitazione del dottor Chiampan, poco fuori Verona, in mezzo alla campagna.
La giornata è delle più torride ed afose di questa lunga calda estate. Una volta entrato con l’auto ed averla parcheggiata di fronte alla casa, rigorosamente all’ombra, mi viene incontro, dandomi il benvenuto, l’affabile padrone di casa.
Ci sediamo sotto il porticato della barchessa, fortunatamente accarezzata da un alito d’aria, che da tregua al mio corpo in piena ebollizione, ed iniziamo a chiacchierare.
Sin dalle prime battute del nostro incontro il presidente mostra la propria naturale signorilità nel ricordare anche cose spiacevoli di quel passato, che gli ha cambiato la vita, senza mai avere un atteggiamento astioso nei confronti di quelle persone che gli hanno procurato tante ambasce e tanti dolori, sino alla tragica ed umiliante esperienza di una gratuita detenzione. Al contrario, mentre parla, sembra quasi scusarsi dell’angoscia che può trasmettere dal suo racconto.
E’ una persona serena e spiritosa al contempo, capace di raccontare una barzelletta-metafora che pone in risalto come le persone tendano a non capire quale sia il reale ed importante ruolo di un presidente, se non “quello di far niente”, com’è comune ed ignorante credenza.
E’ vero e ne convengo, nel nostro paese se non vai in miniera a sudare sei un parassita!
Dice che è contento che Verona e Chievo siano entrambe in serie A, e sognatore com’è ha in tasca entrambi gli abbonamenti, tanto i colori sono sempre quelli gialloblù: e poi, suvvia, la squadra della diga non è altro che la “ bella giovane sorella del Verona”, appetita da uno stuolo di appassionati latin lover.
E’ la “cover girl” della stagione. Non c’è che andarne orgogliosi.
Vede in Giambattista Pastorello un presidente al passo con i tempi, un vero e proprio professionista, come oggi bisogna essere nel calcio, all’altezza di club più blasonati, soggiungendo “Speriamo non si stufi “.
Più romanticamente si esprime invece sul Chievo di Luca Campedelli, che nel cosmo calcistico rappresenta il diverso, cioè il sogno-realtà di un qualsiasi “Borgoforte Football Club”, riuscito in questo mondo di cannibali a ritagliarsi un proprio spazio, mantenendo intatta la propria personalità raccogliendo il plauso di tutti, e finendo per essere la squadra più gettonata del campionato 2001-2002.
“A Verona non ci sono uomini di sport, ad eccezione di un Pastorello e di un Campedelli che hanno coraggio, o forse, ripensandoci, lo potrebbe essere ancora un Carlo Bonazzi, anche se le sue vicissitudine imprenditoriali lo hanno allontanato dalla nostra città”.
Ferdinando Chiampan, nel calcio, è ricordato anche per avere preso una dura posizione contro le frange violente del tifo, cosa di cui ancor ‘oggi non si pente minimamente, perché sostiene che i “ragazzi della Sud” sono l’essenza del tifo ma, purtroppo, fra loro v’è n’è una minoranza che penalizza i giovani supporter dei colori gialloblù. Questo ci tiene a precisarlo. Come altrettanto precisa “Che mai, e poi mai prese posizione contro quella ventina di tifosi arrestati, allorquando venne convocato alla Procura della Repubblica da Papalia, anzi precisò, nell’occasione, che quei ragazzi erano quelli che dialogavano con il Verona”.
Il punto è che gli altri presidenti non lo hanno mai sostenuto, bensì hanno fatto “orecchie da mercante” perché timorosi di alterare gli equilibri con le proprie tifoserie, lasciando così il presidente gialloblù solitario in mezzo alla procella scatenata con il suo ardito atteggiamento.
Unica voce a sostegno, nel deserto di silenzio, fu il compianto Piercesare Baretti, altro gentiluomo di un calcio ormai estinto.
Ferdinando Chiampan è anche l’uomo-gentleman che in occasione della famigerata partita, a porte chiuse, di Coppa Campioni con la Juventus, vinta dai torinesi, che costò l’eliminazione alla nostra squadra, ebbe a vergognarsi delle affermazioni e del comportamento in tribuna di alcuni personaggi legati alla società e degli amici di quest’ultimi.
Per una pesante dichiarazione, durante l’intervallo, di Mazzi, scambiato dal giornalista che lo stava intervistando per il presidente del Verona, venne addirittura deferito in Lega.
Forse in quell’occasione fu l’unico veronese ad accettare l’immeritata sconfitta, ponendo più attenzione al mancato fair play di qualcuno che, con quei comportamenti, aveva screditato l’immagine-simpatia di cui godeva la società scaligera, che “Cenerentola” si era cucita un abito tricolore per il Gran Gala alla corte del gran calcio non solo italico, ma anche continentale.
Per quello “ormai storico match” la Juventus aveva percepito 1500 milioni per i diritti televisivi, mentre il Verona, campione italiano in carica, ne aveva ricevuti che 400 per l’altra partita, non essendoci in quel tempo la mutualità delle royalties come oggi giorno.
Questione di management del direttore sportivo dell’epoca, soggiunge, ma poco importa è acqua passata.
L’approccio con il calcio il dottor Ferdinando lo ha avuto sin da piccolo, quando il padre Gianni, se lo portava dietro assieme al fratello al “Vecchio Bentegodi”. Poi, nell’immediato dopoguerra, il padre da tifoso di rango, diviene presidente del sodalizio gialloblù, restandovi sino al 1953, quando cede la società a Giorgio Mondadori.
“Quelli erano anni in cui mio padre aveva stipulato un gentleman-agreement con Dallara, presidente del Bologna, e con Pasquale, segretario generale della Spal, poi divenuto presidente della Lega, per lo scambio di giocatori tra le loro società: clamorosa fu la cessione di Pozzan e Pivatelli alla città felsinea.
Gli piace ricordare le capacità manageriali del ragionier Rangoni, amministratore della Canon, la sua azienda-gioiello, che riuscì a portare in riva all’Adige Preben Elkjer Larsen ed Hans Peter Briegel, due dei grandi artefici dello scudetto. A proposito di Canon mi dice “Lo sa che ancora oggi mi cercano delle persone dell’azienda per salutarmi, anche chi è semplicemente di passaggio dall’Italia. Vuole dire che ho lasciato un buon ricordo. E la cosa mi fa veramente piacere, perché in questo mondo sembra che ormai non vi sia più spazio per i sentimenti. Anche se questa è la riprova del contrario”. “Vede, mi dice, tutto ciò che ho fatto, ed ancora faccio, lo sento dentro, nel cuore. Quindi il mio coinvolgimento è totale, affettivamente e materialmente”.
Ed a proposito di Canon ricorda che il nome Canon Prora, per diversi anni, divenne sinonimo di paracadutismo. “Che ragazzi erano i componenti. Educati, pieni d’entusiasmo, bravi e mai fuori dalle righe “. Alcuni di loro rispondono ai nomi famosi di De Monte, Anna Madinelli, Alberto Bauchal, che hanno fatto la storia non solo del paracadutismo veronese, ma anche di quello italiano nel mondo, conquistando titoli e primati ovunque si librassero nell’aria.
Ma la Canon, prosegue, era presente anche nel tiro al piattello, con l’impianto sulle Torricelle, il migliore d’Italia, a detta dei molti.
La passione era tanta che Chiampan comprò anche una fabbrica di fucili nel bresciano, subentrando nella proprietà a quel Pasquale amico del padre ex presidente della Lega, oltre a produrre cartucce nel veronese.
I suoi fucili, precisa, erano a produzione limitata: non più di mille pezzi l’anno. Veri e propri pezzi d’autore.
L’aria è cessata ed il caldo ha di nuovo il sopravvento. I ricordi di Ferdinando Chiampan, ritiratosi in campagna come il senatore romano Lucio Quintio Cincinnato, non a coltivare l’orticello, bensì a dipingere quadri, cominciano ad essere più sfumati, quasi impalpabili. La sua conversazione è in fase stanca.
Colpa del caldo o dei dolorosi ricordi? Forse è per quest’ultima ragione.
Di certo Chiampan comincia con la C…come la parola Cuore. E questo è stato il suo grande limite nel contorto mondo del calcio.
Contatti: redazione@panathlondistrettoitalia.it