–Verso Tokyo 2020
-di Adriana Balzarini–
Anche se Pierre de Coubertin, francese, ha dovuto rassegnarsi al fatto che nel 1888 furono i tedeschi ad aver trovato il sito di Olimpia, grazie a degli scavi curati dell’archeologo Curtius, i suoi Giochi finalmente videro la luce. Che i Giochi dovessero ripartire dalla terra che originariamente li aveva creati era stata una scelta condivisa dal Comitato olimpico ma non certo ad Olimpia visto che erano in corso imponenti scavi archeologici. Una corrente di pensiero avrebbe voluto l’istituzione permanente dei Giochi nella capitale greca, ma il barone era contrario perché nei Giochi vedeva il legame di amicizia sportiva fra i popoli, e quindi Giochi itineranti nel mondo, ma anche perché Inizialmente, aveva accarezzato l’idea di aprire il nuovo secolo con il ritorno dei Giochi a Parigi in occasione dell’Esposizione Universale.
I primi Giochi videro la possibilità di nascere grazie a Giorgio Averoff che finanziò con una somma di 920 dracme il restauro dello stadio di Panathinaiko e lo abbellì con dei marmi bianchi diventando l’unico grande stadio del mondo costruito interamente con marmo pentelico cioè proveniente dal monte omonimo. Fu nominato anche membro della commissione olimpica per i “partecipanti stranieri ai giochi olimpici”, e a un incrociatore greco, nave bandiera della marina militare ellenica, venne dato il suo nome. Proprio per ricordare questo personaggio indispensabile per la riuscita della prima edizione dei Giochi il giorno prima dell’inizio delle competizioni, il 24 marzo, sotto una pioggia battente venne inaugurata la statua che lo rappresentava al di fuori dello stadio e che ancor oggi è visibile. Non bisogna dimenticare che oltre ai suoi finanziamenti anche i greci raccolsero 330.000 dracme da volontari, oltre alla vendita di francobolli commemorativi e 200.000 dracme dalla vendita dei biglietti.
Re Giorgio di Grecia con la moglie presenti all’inaugurazione ascoltarono il discorso del figlio Principe ereditario Costantino e al termine Re Giorgio pronunciò la formula di apertura, ancora oggi invariata.
Le gare si svolsero in dieci giorni e le discipline furono Atletica, Ciclismo, Ginnastica, Lotta greco-romana, Nuoto, Scherma, Sollevamento pesi, Tennis, Tiro per un numero di 43 gare. 13 furono le nazioni presenti e 285 i concorrenti partecipanti. Inclusi nel programma per l’ultimo giorno dei Giochi, prima della chiusura dei Giochi dovevano essere le sette gare di canottaggio che furono cancellati a causa di violenti temporali, temporali che portarono la cerimonia di chiusura ad essere effettuata dopo due giorni. Tutte le premiazioni avvennero solo a conclusione e ai vincitori vennero assegnati rami d’olivo, un diploma e la medaglia d’argento; ai secondi classificati diploma medaglia di bronzo e fronde di alloro. Nessun partecipante di sesso femminile, in ottemperanza alla tradizione antica e soprattutto alla visione vittoriana del ruolo della donna.
La partecipazione ai primi Giochi era libera: gli atleti non avevano l’obbligo di rappresentare una nazione. Il primo vincitore della medaglia olimpica moderna fu l’americano James Connoly con il salto triplo. Connoly di origini irlandesi e di famiglia numerosa per poter accedere all’Università di Boston dovette sempre lavorare sodo. Abbandonò gli studi per poter partecipare ai Giochi di Atene perché il rettore dell’Università, a differenza di altri studenti, gli negò la possibilità alla partecipazione. Non accettò questa imposizione e a questo punto con rabbia mista ad orgoglio abbandonò l’Università per inseguire il sogno olimpico animato anche dallo spirito di avventura. Si imbarcò su un mercantile con gli altri atleti, aiutato per le spese da una colletta effettuata da amici e da due religiosi agostiniani per arrivare con i suoi compagni in extremis per assistere alla cerimonia di apertura. Vinse tre volte: vinse la gara, vinse la prima medaglia per la sua famiglia e vinse anche contro quel difficile dialogo che c’era (e che purtroppo in Italia c’è ancora sigh!!) fra scuola e sport. Acquistò al suo rientro fama, diventò in seguito giornalista e autore letterario. L’Università di Havard che gli aveva negato la partecipazione ai Giochi al suo rientro gli volle consegnare una laurea ad honorem ma Connoly la rifiutò. Solo nel 1949 a 81anni accettò la laurea in lettere dalla Fordham University di New York.