Io e Alfredo Martini narra l’amicizia tra l’autore di questo testo ed il famoso ciclista. Dalla nascita dell’amicizia alla proposta di girare un video documentario sul ciclismo.
di Gino Goti
Io e Alfredo Martini, nascita di un’amicizia
Sapevo quasi tutto di Alfredo Martini corridore, perché le mie letture giovanili erano per il settimanale “Lo sport illustrato”, che dava molto spazio al ciclismo. Da questo giornale ritagliavo le facce dei corridori, per attaccarle sul sughero dei tappini delle birre e delle bibite di una volta. I tappini diventavano corridori in interminabili gare di ciclotappe, sui tracciati delineati su marciapiedi o piazzette asfaltate. Poi, con la mia professione, conobbi Martini. Prima come direttore sportivo di squadre professionistiche, poi la mia conoscenza divenne amicizia, quando lui era il CT della Nazionale, una Nazionale plurivittoriosa e plurimedagliata.
Egli era ospite di riguardo delle gare ciclistiche nazionali. Ci vedevamo alla partenza e poi all’arrivo, quando sul palco delle premiazioni e del telecronista RAI, veniva sempre intervistato. Lui era il santone del ciclismo, era uno che era riuscito, ai mondiali, a mettere d’accordo Moser e Saronni, a risolvere contrasti annosi tra i big selezionati per la maglia azzurra. Si parlava del ciclismo di una volta, e i suoi racconti erano poesie con i ricordi delle curve, delle discese e dei tracciati delle corse più importanti.
Proposta di un video documentario sul ciclismo
Un giorno, a Camaiore (Lucca) durante il gran premio ciclistico di agosto, gli dissi che mi sarebbe piaciuto “raccontare” Alfredo Martini in un documentario. Avevo già accuratamente selezionato e messo in archivio tanto materiale su di lui e sulle sue interviste. Mi rispose: “No, perché poi tu mi tagli quello che dico”. Lo rassicurai che non era un video commissionato da qualche emittente televisiva e fuori anche dai programmi RAI. Non volevo fare un lavoro da scoop! Era un lavoro da costruire insieme, con testimonianze e con “lezioni” di ciclismo per chi praticasse o fosse appassionato di questo sport. Quante volte gli ho sentito dire “il ciclismo è lo sport più bello del mondo”? “Mi hai convinto – mi disse – ci penserò. E poi dammi del tu, mi fai sentire vecchio con il tuo lei”. E proprio durante il Gran Premio Industria e Commercio di Prato, una corsa storica che da ragazzo mi sembrava una favola e che mi ritrovai più volte a raccontarla con le immagini in televisione, mi disse “allora facciamo questo documentario?”.
Il materiale del documentario diventa un bene storico
Ne parlammo anche a Firenze, quando il Comune in Palazzo Vecchio insieme con il CONI, fece una grande festa per i suoi 90 anni. “Ci dobbiamo vedere a casa mia, a Sesto Fiorentino, lì ho un vero e proprio museo e una soffitta ancora da esplorare completamente”. Anche a Sesto fecero una festa al Teatro Comunale per i suoi 90 anni. Ed io ero presente con le telecamere per aumentare il materiale da inserire nel video. Ci sentimmo telefonicamente altre due o tre volte. Ma fu più veloce la malattia della stesura di una traccia del video, che avevo già in mente e che dovevamo, come promessogli, rivedere insieme prima del montaggio e della presentazione al pubblico. Quel materiale è rimasto nel mio archivio. Questo lo ha reso prezioso e meritevole del riconoscimento di “archivio storico particolarmente importante”, avuto dal Ministero dei Beni Culturali attraverso la Soprintendenza Archivistica dell’Umbria e delle Marche”.