“ 90 ANNI, CAMPO TESTACCIO, CIAI TANTA GLORIA…” Il Campo Testaccio a Roma fu una delle prime opere architettoniche dello sport. La sua attività durò poco più di 10 anni dal 1929 al 1940 e fu teatro di numerosi incontri importanti.
di Cesare Sagrestani
Una delle prime opere architettoniche dello sport
Campo Testaccio
Quanno che ‘ncomincia la partita
ogni tifosetta se fà ardita,
strilla Forza Roma a tutto spiano co’ la
bandieretta ‘n mano,
perchè cià er core romano” (poesia)
Cosi cantava il primo inno dell’AS Roma giallorossa che, nata nel 1927 dall’unione di tre società Roman, Fortitudo e Alba, trovava casa nel popoloso Rione Testaccio.
Con il Campo Testaccio, progettato dall’ingegner Silvio Sensi, padre di Franco, presidente del terzo scudetto romanista, sul modello degli stadi inglesi, tribune in legno verniciate con i colori della squadra, nasceva una struttura per il calcio di vertice, che fu peraltro tra i primi edifici pubblici ad usufruire dei benefici dei Patti Lateranensi.
Partita inaugurale
L’inaugurazione e benedizione del campo Testaccio avvenne il 3 novembre 1929 con il Commissario del Coni Augusto Turati, l’ex Presidente Coni Lando Ferretti, poi futuro fondatore del Panathlon Club di Roma nel 1956, il Presidente della FIGC Leandro Arpinati, il parroco don Colombo e mons. Bertomasi. Partita vinta dalla Roma con in squadra il testaccino Giovanni Degni sul Brescia 2 a 1. L’incasso della partita inaugurale fu devoluto dalla Roma all’Oratorio dei salesiani sia come riconoscimento all’opera svolta a favore dei giovani sia per il legame di molti dirigenti e calciatori con l’ambiente salesiano di via Bodoni 57.
Nel decennio di attività il Campo Testaccio fu teatro anche di altre discipline sportive come il rugby, con la Roma opposta al Grenoble e l’atletica leggera.
Un derby con incasso da record
Il primo punto strappato ai giallorossi sul loro campo fu quello conquistato dalla Lazio, reti di Foni e Volk, il 7 dicembre 1930 alla presenza di circa 20.000 spettatori e del capo del Governo Benito Mussolini per un incasso record di 250.000 lire. O per difficoltà di trovare i biglietti o per avere una vista privilegiata gratuita molti erano i tifosi che salivano il vicino Monte dei Cocci per vedere metà del terreno di gioco causa la tettoia della tribuna che ne impediva la completa visuale.
Un campo famigliare
L’impianto diventò subito familiare tanto che nessuno lo chiamò stadio ma semplicemente Campo Testaccio con la domenica frotte di tifosi che lo raggiungevano a piedi come in pellegrinaggio o con le linee tranviarie in particolare la Circolare Rossa e per i pochi che potevano permetterselo con le prime macchine Fiat o solo per ascoltare i risultati dalle prime trasmissioni radiofoniche.
Come ricorda Mario Pennacchia nel libro “Testaccio curato da Roberto Lucignani”, in quei tempi non solo non si conosceva il nome dell’arbitro ma spesso le formazioni indicate dai giornali non corrispondevano a quelle che scendevano in campo, creando confusione tra gli spettatori tanto che la Gazzetta dello Sport, per ovviare al problema, lanciò l’idea di annunciare le formazioni prima della partita con un altoparlante. La Roma fu una delle prime ad adeguarsi anche con la diffusione di canzoni e musica prima della gara per intrattenere il pubblico che creò qualche rimostranza dell’Ambasciata Inglese per la presenza del vicino cimitero acattolico (comunemente chiamato cimitero degli inglesi o anche dei protestanti) con le tombe illustri, tra le altre, dei poeti inglesi Keats e Shelley.
Nasce la leggenda della Roma
Questo era il periodo in cui nasceva la leggenda del Campo e della Roma testaccina che diventò mito sportivo con la strepitosa vittoria del 15 marzo 1931 per 5 a 0 contro la Juventus avviata a vincere il primo dei cinque scudetti consecutivi. Il cinema si rese subito interprete della vicenda tanto da girare nel luglio successivo il film Cinque a zero con Osvaldo Valenti, Milly e Angelo Musco e a cui presero parte anche alcuni calciatori giallorossi come Volk e Ferraris IV.
Tra la Roma, Campo Testaccio e gli abitanti del Rione forte fu il legame anche grazie alla presenza di altri calciatori testaccini oltre al già citato Degni, tra cui il più famoso è stato Tonino Fusco, nato in via Ginori 21 nel 1918, mediano combattivo, soprannominato “l’impunito”, che simboleggiava al meglio la squadra di quegli anni con il record del più giovane giocatore ad aver debuttato a soli quindici anni in maglia giallorossa nel 1933 al Campo Testaccio contro l’Alessandria. Da ricordare anche Balilla Lombardi, nato nel 1916 in via G.B. Bodoni 6, che fa il suo esordio anche lui giovanissimo con la Roma nel 1934 a Livorno, mezzala con doti tecniche, ma non molto dinamico che poi andò a giocare a Venezia dove un giovanissimo Valentino Mazzola era la sua riserva.
I calciatori più famosi
In assoluto i calciatori più famosi di quel periodo furono i romani Attilio Ferraris, campione del mondo 1934, e Fulvio Bernardini che trovò poca gloria in nazionale perché l’allora Commissario Pozzo lo giudicava troppo bravo da alterare gli equilibri tattici della squadra, oltre al fiumano Rodolfo Volk detto “sciabbolone” in contrapposizione a “sciaboletta” il soprannome assegnato a Re Vittorio Emanuele III e il frascatano Amadeo Amadei ancora oggi il più giovane debuttante in Serie A (15 anni 9 mesi e 6 giorni in Roma-Fiorentina del 2 maggio 1937).
Decadenza dello stadio Campo Testaccio
Purtroppo con gli anni le strutture in legno cominciavano a creare problemi di stabilità, a quella che fu una delle preme opere architettoniche dello sport. Pur sostituendole con tribune in cemento l’agibilità rimase precaria e la Roma fu costretta a trasferirsi allo Stadio Nazionale sotto i Monti Parioli. Il “popolino” racconta sempre Pennacchia sussurrava che il motivo vero era quello che Mussolini non poteva sopportare uno stadio decadente rispetto alla Roma imperiale o peggio ancora che temesse la popolazione di un Rione con idee politiche diverse.
In dieci anni di attività del Campo Testaccio, la Roma vi disputò 161 incontri con 103 vittorie, 32 pareggi e 26 sconfitte. Dopo Roma-Novara 3-1 del 2 giugno 1940, ultima gara di campionato, lo stadio fu demolito il 21 ottobre 1940.