-di Lorenzo Fabiano Della Valdonega
In piedi, prego. E che altro diavolo potremmo mai dire dinanzi a un Dominik Paris che a Bormio ha compiuto un altro capolavoro, e dal valore ancora più aggiunto rispetto a quello già bello ricco di ieri: la discesa sulla Stelvio partiva dal suo cancelletto originale, ed era quindi più lunga; i suoi avversari volevano rifarsi della batosta subita ieri, e infatti hanno fatto un garone; nel tratto finale «Domme» ha piegato anche il vento che ci ha provato a tirargli uno scherzo mancino. «Francamente, me ne infischio» pare aver detto lui, come Clark Gable a Vivien Lee nella celebre sequenza finale di Via Col Vento. Più forte di tutti, e di tutto, il nostro Paris. Un atleta che nel pieno della sua maturità tecnica e psicofisica, non sente pressioni e fila via dritto e tranquillo per la sua strada. Sulla Stelvio, la sua pista prediletta, si è messo alle code il fior fiore del discesismo mondiale; gente come Feuz, Kilde, Mayer, e infine lo svizzero Urs Kryenbuehl, l’ultimo ad arrendersi per l’inezia di soli 8 centesimi. Un capolavoro, perché per vincere questa seconda discesa un capolavoro serviva eccome.
E ora Paris balza al comando sia della classifica generale di coppa del mondo che di quella di discesa libera: un doppio pettorale rosso, degna cornice a un 2019 da sogno. Nessuno nell’anno solare che sta arrivando ai titoli di coda, ha vinto quanto lui: 8 centri, compresa la medaglia d’oro in supergigante ai mondiali di Åre. Era dal 2006 che non vedevamo, allora fu Peter Fill, un italiano al comando della classifica generale di coppa del mondo; più indietro, si torna alla Tombamania, all’epopea dell’Albertone Nazionale. Questo, per dare la misura della portata di quanto questo ragazzo sta facendo. Un ragazzo semplice e di poche parole, che la vita ha messo davanti ai suoi drammi facendolo crescere in fretta; uno che ci piace da morire per quel suo modo un po’ scanzonato e decisamente rock di porsi; uno che non accampa mai scuse quando perde, ma che ha il coraggio e il buongusto di dire «Ho sbagliato io; oggi qualcun altro è stato più bravo di me»; uno che non si dà arie e alza la cresta quando vince, ma i piedi li tiene ben per terra; uno, insomma, di cui il nostro sci, ma lo sport italiano in generale, aveva un gran bisogno. Ed è per questo che tanto piace alla gente.
Grazie ai 100 punti ottenuti nella discesa-bis di Bormio, il rocker Val d’Ultimo ha conquistato la vetta della classifica assoluta di Coppa del mondo a quota 449 punti, con 55 lunghezze di vantaggio sul norvegese Alexander Aamodt Kilde a sua volta seguito dal connazionale Henrik Kristoffersen fermo a 379. Alexis Pinturault, è giù a 301: «Non penso a queste cose, non abbiamo fatto neanche la metà delle gare quindi manca ancora tanto. Spero di portare questa buona sciata e questa buona fluidità anche a gennaio» dice lui facendo spallucce (o meglio, spalloni). E fa benissimo. Tanto, i giochi sono più che mai aperti. Lo scorso anno Bormio fu il trampolino che lo proiettò verso un filotto di vittorie (compresa la terza gemma in discesa a Kitz): dovesse ripetersi nel 2020, un pensierino alla sfera di cristallo più grossa, se proprio non ce lo fa lui, ce lo concederemmo noi: perché sognare è bello e poi il re Marcel Hirscher ha abdicato e un padrone che gli succeda ancora non c’è. Del resto in passato è già accaduto che un velocista puro abbia vinto la coppa del mondo grazie ai successi in libera e supergigante: fu il grande Luc Alphand nel 1997, quando infilò sei centri (4 libere e 2 superG). Non vorremmo dire, ma questo Paris ce lo ricorda parecchio. Sarà molto difficile, ma questo sogno almeno concedetecelo. Poi, sia quel che sia. Più abbordabile l’obiettivo della coppa di specialità in discesa, sfuggitagli la scorsa stagione per appena 20 punti a vantaggio di Beat Feuz. E qui, stavolta si può davvero fare. Buon anno.